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Hai fame di infinito?

La senti la tua sete di infinito?

Abbiamo dentro di noi una fame che… non si spegne mangiando! È un sentimento atavico, qualcosa di potente che ci spinge a cercare, cercare e cercare ancora. Un’inquietudine che non trova riposo se non nell’assoluto: la fame di infinito.

Il mio in(solito) commento a:
Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! (Giovanni 6,24-35)

Hai mai provato la sensazione che ti manchi qualcosa? Apparentemente hai tutto: una bella casa, arredata come vuoi tu, magari perfino un’auto nuova o con pochi chilometri, uno smartphone zeppo di tantissimi contatti (almeno la metà dei quali non sai chi siano) eppure sei insoddisfatto. Ti manca qualcosa e neppure sai identificare che cosa sia. Non è così?

Che cos’è che spinge un astronomo a scrutare lo spazio sterminato? O un fisico ad indagare l’infinitamente piccolo? Lo scienziato che guarda nei telescopi o nei microscopi, in realtà non cerca soltanto informazioni, ma tenta di darsi risposte. Sta provando a spegnere quella fame di infinito che prova dentro.

La fame (e sete) di infinito ci spingono a cercare e cercare ancora. Un’inquietudine che non trova riposo se non nell’assoluto. Dentro di noi arde un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che ci spinge ad inseguire Dio.

La sete di Dio ha spinto i discepoli ad abbandonare ogni cosa senza esitazione per seguire Gesù. Fino a pochi istanti prima era uno sconosciuto per loro. Ma, da quando lo hanno incontrato, essi sentono l’incontenibile desiderio di incamminarsi dietro a Lui, incuranti di percorrere strade polverose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (cfr. Luca 9,58). Non importa. La sete di Gesù è più forte e, dopo aver incrociato il suo cammino, i discepoli non vogliono più staccarsi dal Maestro.

Che cosa accade a te? L’uomo può essere veramente felice soltanto nella serenità e nella pienezza dell’amore di Dio. Ed è lì che può trovare se stesso. Perché noi uomini siamo delle piccole scintille di Dio che anelano di tornare ad unirsi alla fiamma dell’eterno amore.

Questo è quello che i discepoli hanno compreso. Hanno incontrato Gesù ed hanno capito. Ma noi, uomini della strada, persone comuni, qualche volta non riusciamo a sperimentare un incontro completo con Dio. Sempre distratti da mille pensieri e da troppi impegni, non riusciamo a prestare la necessaria attenzione a quella sete che proviamo dentro di noi.

Talvolta l’uomo non capisce e, per istinto, si allontana da ciò che non comprende. Altre volte è la tentazione, il peccato che ci separa da Dio. Ma la vita, senza di Lui, non ha sapore. La vita senza Dio non ha colore. Perché vivere senza Dio è un po’ come spegnere la luce: d’un tratto non si vede più nulla. E camminando al buio c’è il forte rischio di inciampare.

In noi è innata la nostalgia di Dio, tant’è che, anche quando ci allontaniamo da Lui, per qualche tempo il nostro orizzonte sembra ancora illuminato dall’eco della Sua presenza. Noi rinneghiamo Dio, ma la sua luce continua a tenere insieme i fili della nostra esistenza. E finché questa luce remota proietta i suoi raggi sulle nostre giornate, noi possiamo vivere nell’illusione che le cose possano funzionare anche senza di Lui. Ma, ben presto, ci scontriamo con la realtà. Ed allora ci rendiamo conto di quanto, senza Dio, la nostra esistenza sia tormentata: ci sentiamo perennemente insoddisfatti ed alla continua ricerca di qualcosa che ci manca. E così ci rimettiamo in cammino sulle orme di quel Gesù, che non ha neppure un posto dove posare il capo: ecco la fame d’infinito, ecco la necessità di nutrirci di quel Pane Vivo che è Gesù #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Cristo il Salvatore”, di Antonio María Esquivel, 1842, olio su tela, 280×182 cm, Museo del Prado, Madrid

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