Oggi ti porterò con me in un viaggio nello spazio e nel tempo, fino a raggiungere una casupola in una città di pescatori. La casa di San Pietro (e di sua suocera).
Il mio in(solito) commento a:
Guarì molti che erano affetti da varie malattie (Mc 1,29-39)
Un venticello leggiadro gioca con le foglie degli arbusti, mentre i raggi del sole tracciano pennellate d’argento tra i petali colorati, là dove la sabbia dorata si bacia con l’azzurro delle onde del Mare. Cafarnao, qui, dove i pescatori lasciarono le reti per seguire il Maestro, abitano Simone, che noi conosceremo come Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni.
D’un tratto le strade si riempiono. Un attimo prima erano deserte e silenziose, ora è tutto un vociare ed uno scalpiccio di sandali. E’ sabato. Ed è appena terminata la funzione in sinagoga. Quella giornata, che sembrava identica a tante altre, si era rivelata davvero speciale quando, invece del solito rabbi, fu proprio Gesù a prendere il rotolo delle Scritture per declamarlo. Le sue parole avevano una forza ed un’incisività così diversa da quelle degli altri sacerdoti che la gente, meravigliata, si interrogava. Poi una voce stentorea raggelò l’assemblea: “«Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell’uomo». E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea” (Marco 1,24-28). Il primo esorcismo raccontato dai Vangeli aveva scosso la sinagoga.
Dalle parole concitate della folla che si disperde, tra le tante vie ed i vicoli della città, arrivano brandelli di conversazione: tutti quanti raccontano e si ripetono l’un l’altro l’accaduto. E, proprio in una di queste strade, sorge l’abitazione di Simone. Vi entriamo, in compagnia di personaggi d’eccezione: con noi ci sono Gesù, Andrea, Giacomo, Giovanni e, naturalmente, Simone, il padrone di casa.
Il calore e la luce del sole contrastano con la penombra ed il fresco che troviamo, attraversata la porta. Subito Simone, ci accompagna, insieme ai suoi illustri ospiti, alla bacinella dove possiamo lavare via la polvere dai nostri piedi. Bastano pochi passi, tra quelle stradine, per riempirsi i sandali di sabbia. E, l’abluzione dei piedi, è un rito che parla di ospitalità ed accoglienza.
Ci accorgiamo subito che manca qualcosa. È mezzogiorno, ma non si sente nessun profumo di cibo. Il focolare è spento e non ci sono pentole a bollire. Che succede? Simone si aspettava che, come al solito, la suocera avrebbe cucinato qualche pietanza speciale per celebrare il sabato. Ma, quel giorno, era proprio differente dagli altri: la donna era rimasta a letto, colpita da una forte febbre.
E così, introducendoci un po’ di soppiatto nell’intimità di questa abitazione, scopriremo anche che Pietro, non era celibe, ma sposato. I Vangeli non ci raccontano molto altro della sua vita privata. Ma noi, questa sera, abbiamo il privilegio di visitare la sua casa. Ecco che Gesù si accorge subito dell’infermità della anziana signora: si avvicina al letto, prende la donna per mano e l’aiuta ad alzarsi: “la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli” (v. 31).
Addentrandoci in questa casa, sbirciando in questa intimità, possiamo assistere ad una guarigione miracolosa, ed abbiamo anche il privilegio di poterci spingere più vicino al cuore di Dio e comprendere meglio perché Gesù compie determinati miracoli. Perché guarisce la suocera di Pietro? Cristo desidera avvicinarla. Entrare in relazione con lei. Parlarle. Vivere accanto a lei. Proprio come vuole incontrare ciascuno di noi. Per condividere le nostre esperienze.
Si avvicina e, senza parlare, senza pronunciare formule magiche o compiere gesti eclatanti, la guarisce. Così, semplicemente, prendendola per mano. Con lo stesso amore con cui si rivolge a ciascuno di noi, Cristo prende nella sua mano quella dell’ammalata e, con sicurezza, ma con tanta tenerezza, l’aiuta ad alzarsi. Ci guarisce così Gesù: i suoi non sono i gesti istrionici di un mago, e neppure quelli professionali di un medico. Gesù ci guarisce con l’amore. Ci prende per mano e ci trasmette la forza di alzarci, di superare la malattia. Di lasciarci alle spalle quelle difficoltà che l’avevano provocata. Così fa con il nostro peccato: si rende prossimo, ci ama e ci aiuta ad accogliere il suo perdono.
Gesù vuole incontrare la suocera di Pietro. Gesù desidera incontrare anche noi. Per questo ci ristabilisce. Perché, liberati dallo stato di prostrazione, senza più dolore e sofferenza, potremo incontrarci con Lui. Ecco perché ci guarisce. Non solo perché non vuole che noi soffriamo. Non solo perché ha compassione di noi. Ma anche, e soprattutto, perché Egli vuole restare insieme a noi. Vuole entrare in relazione con noi. Un po’ come noi siamo entrati in questa casa, tra le strade polverose di un villaggio di pescatori della Galilea.
Gesù, prima ancora del nostro corpo, guarisce la nostra anima. La libera dalle influenze del male e del peccato. La libera per permetterle di guardare in alto. Lassù: “Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6,21). #Santanotte
Alessandro Ginotta
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