Tag: amore

  • Dio vuole parlare con noi?

    Dio vuole parlare con noi?

    Dio vuole avere un rapporto con te, vuole parlarti. E forse lo sta facendo proprio adesso.

    Il mio in(solito) commento a:
    Quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno (Mt 9,14-15)

    Noi non siamo soli, ma abbiamo sempre accanto a noi Gesù! E’ bello sentire Gesù nella preghiera. Chi non ne ha mai fatto esperienza? Quante volte, mentre siamo davvero concentrati e con il cuore contrito rivolgiamo le nostre più accorate preghiere a Dio, riusciamo a percepire una risposta? Un’idea che, tutto d’un tratto, dopo una intensa preghiera, si fa strada nella nostra mente. Un’intuizione che ci permette di risolvere un problema che ci impensieriva. Ecco uno dei tanti modi in cui Dio ci parla. 

    Qualche volta ci parla a parole, ma, molto più spesso, Dio ci parla attraverso le sensazioni. Come quando ci approcciamo alla preghiera in preda alla disperazione e percepiamo, pian piano, la forte consolazione della presenza di Gesù. D’un tratto il nodo che chiude il nostro stomaco si scioglie e noi, attraverso la preghiera, troviamo proprio quelle forze che ci servivano per affrontare la difficoltà. Dio ci parla. 

    Dio è con noi. Solo che, tante volte, in mezzo al rumore di un mondo sempre più votato all’egoismo ed all’individualismo, sempre più preda dello spasmodico desiderio di primeggiare ad ogni costo, non ci è facile udirlo. Leggiamo nel libro di Giobbe: “Dio infatti parla in un modo o nell’altro, ma l’uomo non ci bada” (Giobbe 33,14). 

    Sì, Dio ci parla, ma noi, troppe volte, non lo ascoltiamo. Nel cuore di Dio arde il desiderio di parlare con noi, di mettersi in contatto con le sue creature. Cara amica, caro amico, Dio vuole avere un rapporto con te, vuole parlarti. E forse lo sta facendo proprio adesso, attraverso queste righe. O lo sta facendo attraverso la lettura di un brano di quella Bibbia che hai appena posato sul tuo comodino. O tramite le parole del sacerdote che ha celebrato la Santa Messa. Oppure ancora per mezzo delle parole dei più saggi tra i tuoi amici e conoscenti. 

    Ce lo ha promesso: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Lui cammina con noi e noi camminiamo insieme a Lui. E, per quanto le difficoltà ci possano far sentire come naufraghi su di una zattera che si perde tra i flutti del mare in tempesta, Dio è in mezzo a noi. Anche allora. Anche nel pericolo. Anche nella disperazione. Basta saperlo ascoltare.

    #Santanotte amici. Possiate sempre sentire l’amore di Dio nel vostro cuore. La sua voce parli alla vostra anima e la sua presenza vi accompagni sempre. Dio vi benedica amici cari! 🙂 🙂 🙂

    Alessandro Ginotta

    Dio vuole parlare con noi?
    Il dipinto di oggi è: “Cristo benedicente” di Alvise Vivarini, 1498, olio su tavola, cm 52 x 37, Pinacoteca di Brera, Milano

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  • Chi sei tu per Gesù?

    Chi sei tu per Gesù?

    Chi sono io per Gesù? Siamo sempre abituati a leggere il Vangelo cercando risposte su Dio, ma Lui che immagine ha di noi?

    Il mio decisamente in(solito) commento a:

    Dopo di me verrà uno che è prima di me (Giovanni 1,19-28)

    Ve l’ho già confessato qualche volta in passato: ogni tanto la Parola mi parla con una parola nuova. Perdonatemi il gioco di… parole… Intendevo dire che, di tanto in tanto, vengo colpito da un singolo termine contenuto in un brano di Vangelo. Una singola parola, con la “p” minuscola, sollecita improvvisamente ed inaspettatamente, delle riflessioni che cambiano la luce sotto la quale l’intero brano di Vangelo, Parola con la “P” maiuscola, era apparso alla mia mente. Accade anche a voi? Credo di sì (se volete mi potete raccontare nei commenti qualcosa di voi, che vi accade quando leggete un brano di Vangelo?).

    Il Vangelo ci parla. E la Parola è così forte che porta con sé tanti messaggi. Il Vangelo, in verità, non cambia mai. Immutabile, conserva tutta la sua ricchezza. Siamo noi che, di volta in volta,  cogliamo aspetti diversi che prima avevamo ignorato. Perché la Parola parla alla nostra anima offrendo le ricchezze che in quel momento ci servono. Così, quelle che sono e restano parole sempre uguali, sollecitano in noi pensieri diversi, in base al nostro stato d’animo. In realtà, tutto quello che noi “leggiamo” nel Vangelo è stato scritto quasi duemila anni fa. Ma quelle lettere, vergate con un inchiostro benedetto, da mani mosse dallo Spirito Santo, conservano dentro di sé un tesoro denso di significati.

    E così, il Vangelo che la Liturgia ci propone ogni giorno, a me può dire una cosa, mentre ad un’altra persona può suscitare un pensiero, che non si contraddice mai, ma lo completa, aprendo ad una nuova chiave di lettura. 

    Ma sapete chi è, amici cari, ad aiutarci a “leggere” pienamente la Parola? E’ proprio lo Spirito Santo. Lo stesso che ha mosso la mano che ha scritto quelle parole, ci aiuta a tradurle in significato. Per il momento, ci dice Gesù, non siamo capaci di portare il peso di tutto quello che ci vorrebbe dire. Non siamo capaci di leggere “in completezza” il contenuto del Vangelo, ma la nostra anima può “respirare” il soffio vitale dello Spirito Santo, che porta con sé, nel linguaggio dell’amore, tutto il significato che ci serve.

    Ad una prima veloce lettura avevo immaginato di intitolare il commento di oggi: “Una luce che si confonde con un’altra luce“. Intendevo sottolineare la confusione che serpeggiava tra la popolazione che, prima di riconoscere Gesù tra la folla, sospettava che il Messia potesse essere Giovanni il Battista, il Precursore. Ecco che una luce minore: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (vv. 26-27), può venire scambiata per la “Vera Luce che illumina ogni uomo” (cfr. Giovanni 1,9).

    “Venne un uomo mandato da Dio
    e il suo nome era Giovanni.
    Egli venne come testimone
    per rendere testimonianza alla luce,
    perché tutti credessero per mezzo di lui.
    Egli non era la luce,
    ma doveva render testimonianza alla luce”
    (Giovanni 1,6-8)-

    Nella sua grande umiltà, degna di un uomo che vestiva con logore pelli di cammello e si cibava di quel poco miele selvatico che trovava nel deserto (Cfr. Marco 1,6), Giovanni si affretterà a chiarire l’equivoco: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Giovanni 1,29) disse indicando Gesù, il vero Messia.

    E così la piccola luce si fa da parte, mentre la Vera luce inizia a brillare. Uno sfavillio di luci inonda le tenebre del mondo.

    Stavo meditando su questi fatti quando mi colpì una parola, anzi, mi colpirono due piccole parole… (con la “p” minuscola) e, di colpo, cambiò la luce sotto la quale vedevo la Parola (con la “P” maiuscola): “chi sei?”. «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?» (vv. 20-22). Sono le domande che leviti e sacerdoti, inviati dai Giudei, rivolsero a San Giovanni il Battista per interrogarlo.

    “Chi sei?” una domanda che ha catturato i miei occhi questa sera ed ha scatenato una serie di riflessioni: “Chi sono io per Gesù?”. “Come mi vede Dio?”. “Rispecchio l’immagine che Lui ha di me?”.

    Noi, amici cari, siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Genesi 1,27). Siamo le sue creature preferite (cfr. Genesi 1,28-31). Siamo quelle pecorelle smarrite che spingono Dio ad inoltrarsi nel deserto per non lasciarne neppure una fuori dalla sicurezza dell’ovile. Siamo quelle creature per le quali Dio ha scelto di lasciare la comodità dei cieli per scendere sulla terra e sperimentare stanchezza, fatica, sudore, polvere e sete. Per noi si è incarnato in un Bambino senza neppure un tetto sotto il quale nascere. Sempre per noi, ancora in fasce, ha sperimentato l’esilio come un migrante, povero di tutto fuorché di fame. Ci ha guariti, ha scacciato i demoni che abitavano dentro qualcuno di noi, ha perfino risuscitato qualcuno di noi. Infine, schernito, rinnegato e tradito, è morto in croce per noi. Per noi.

    E noi che cosa siamo per Lui? Certamente persone per cui valga la pena fare tutto ciò. Per cui valga la pena morire di una morte così atroce.

    Noi siamo l’oggetto del suo amore, anche quando sbagliamo. Anche quando pecchiamo. Ecco chi siamo: anime che vengono perdonate anche quando commettono il peggiore degli errori, come il rinnegarlo e respingere il suo amore (cfr. Giovanni 13,37-50 e Giovanni 18,15-18.25-27). Veniamo perdonati perfino quando commettiamo il peggiore dei crimini: assassinare Dio: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34).

    Perché Dio è così: Egli non sa stare lontano da noi. E, quando siamo noi ad allontanarci, perché non lo riconosciamo, o perché desideriamo la libertà di sbagliare con le nostre stesse mani, allora Gesù si fa ancora più vicino. Ci tende la mano. Ci cinge con il suo braccio. Ci risolleva e ci conforta. Perché Dio camminerà sempre con noi, anche – e soprattutto – nei momenti più dolorosi, anche – e soprattutto – nei momenti più brutti, anche quando nella nostra gola assaporiamo il sapore amaro della sconfitta. E’ lì che il Signore ci sta più vicino! 

    No Dio non è un vendicatore od un giustiziere, come ci sarebbe più facile vederlo. Dio non viene a giudicare, ma per amare. E quando si fa buio nel nostro cuore, pensiamo a Gesù. Perché Lui è qui, a soffrire con noi. A sostenerci con le sue braccia forti. Perché é proprio nei momenti bui che Egli si fa luce!

    Chi sono io per Gesù? Una persona da amare, con i propri difetti e nonostante i propri errori. Una persona per cui piangere. Una persona per cui sudare perfino sangue. Una persona per cui vale la pena dare tutto, anche la vita.

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “San Francesco abbraccia il Crocifisso” di Bartolomé Esteban Murillo, 1668, olio su tela, 283 × 188cm, Museo delle belle Arti di Siviglia

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  • Il senso di vuoto? Si riempie con Dio!

    Il senso di vuoto? Si riempie con Dio!

    Ecco una donna che respira Dio e si nutre di Dio: l’altra faccia dell’umanità. Quella di chi riempie ogni vuoto che abbiamo dentro con il suo amore.

    Il mio in(solito) commento a:

    Anna parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione (Lc 2,36-40)

    Gesù passa dalle mani di Simeone a quelle di Anna. Il tempio era frequentato da personaggi decisamente insoliti: il vecchio Simeone, fiducioso e ubbidiente, uomo “giusto e timorato di Dio” e Anna, profetessa ultraottuagenaria che, rimasta vedova dopo appena sette anni di matrimonio, fece la scelta di dedicare la propria vita a Dio.

    Due personaggi “strani” nella loro “normalità”. Eh sì, perché Gesù, nei Vangeli, incontrerà scribi, farisei, dottori della legge, rappresentanti di quella classe sacerdotale ancorata alla tradizione e ben poco disposta a lasciarsi illuminare dal soffio fantasioso dello Spirito Santo. In questa occasione invece, in cui ci aspetteremmo tutta “l’ufficialità” dei sacerdoti, a presidiare il tempio troviamo due anziani. Un uomo ed una donna “normali”. Rappresentanti di quella parte di Israele che non appartiene ad una casta privilegiata. Due persone ripiene di Spirito Santo.

    Lo Spirito Santo ha spinto Simeone a raggiungere il tempio, proprio nel momento in cui sarebbe giunto Gesù. Come una sentinella attende l’alba, così Simeone ha aspettato il Messia per tutta la vita. Ed ora, quello stesso Spirito Santo che lo ha animato negli anni, ha mosso le sue gambe ed ha messo nel suo cuore la certezza di aver incontrato il Cristo tanto atteso.

    Ma veniamo ad Anna, la vera protagonista del brano che leggiamo oggi. La sua vita è tanto diversa da quella che conduciamo un po’ tutti ai nostri giorni! Ogni singolo istante della sua esistenza è dedicato a Dio. Anna non ha altro scopo nella propria vita che quello di attendere l’evento messianico “servendo a Dio notte e giorno”. Sì, perché Dio riempie ogni momento della sua vita. Mentre noi, amici cari, talvolta facciamo di tutto per sfuggire a Dio, allontanarci da Lui e provare la falsa ebbrezza del “fare le cose a modo nostro”, convinti di saper scegliere meglio di Lui.

    Lo stesso Dio che non ha esitato a lasciare la sicurezza dei cieli lontani per scendere a camminare in mezzo agli uomini che ama  (cfr. Mt 1,23; cfr Is 7,14), lo stesso Dio che non ha battuto ciglio davanti alla peggiore giustizia degli uomini (cfr Mt 27, 1-2), lo stesso Dio che con un semplice schiocco di dita si sarebbe potuto liberare dalla croce (cfr. Mt 27,40), lo stesso Dio che ha rinunciato anche alla sua stessa vita per donare a noi la Vita, quella eterna (cfr. 1Pt 2, 24; Is 53,5), proprio quello stesso Dio, pur avendo tutti i diritti e le possibilità di evitarlo, ha deciso di spezzarsi per noi e farsi pane (cfr Mc 14,22).

    Perché Dio, cari amici, è rispettoso delle decisioni dell’uomo. Non interferisce con la nostra volontà. Fin dalle prime righe del Libro per eccellenza, che narra l’incredibile storia d’amore tra Dio e le proprie creature, il Signore ci ha messi di fronte ad una scelta, libera e consapevole:  il consumare il frutto dell’albero del bene e del male (cfr. Genesi 2,16). Non avrebbe forse potuto impedire che Adamo ed Eva assaggiassero il frutto proibito? E così via, pagina dopo pagina, leggiamo la storia di un popolo di dura cervice (cfr. Esodo 32,7) che si intestardisce nella disobbedienza, sotto l’occhio amorevole ed indulgente di un Dio che, semplicemente, ama troppo la sue creature per poter togliere loro la libertà di decidere.

    Dio ci ha creati amandoci per primo, ed ha sempre sperato, e spera ancora ora, che in qualche modo noi saremo in grado di amarlo a nostra volta. Ma, rendendoci liberi, Egli ha limitato la sua stessa libertà. Ecco che Dio che ci ha dotati di libero arbitrio, non interferisce nelle nostre decisioni. Ecco il grande amore di Dio, un amore che arriva fino a permettere quello che noi non comprendiamo, quello che contrasta con il suo disegno iniziale: il male. Dio ci concede perfino di scegliere la strada sbagliata. Perché ci vuole liberi. Perché ci ama.

    Amici, non è incredibile che, proprio noi, gli andiamo spesso a rimproverare quello che è un enorme atto d’amore? L’aver permesso il male. Ma il male è un effetto della nostra libertà. Di una libertà usata male. E proprio l’esistenza del male che tanto ci scandalizza, è la prova dell’infinito amore con il quale il Signore ci ama.

    L’uomo è libero di decidere il proprio futuro, ed il destino del mondo. L’uomo è libero di autodistruggersi o di redimersi. Vi dirò di più: l’uomo è libero di condannarsi da solo all’inferno della lontananza da Dio. Di separarsi da quell’amore così grande, che gli ha concesso anche questa libertà. Ecco perché il male esiste. Perché l’uomo sbaglia. E perché Dio ci ama.

    Anna qui ci fa vedere l’altra faccia dell’umanità: quella di chi riempie ogni vuoto che abbiamo dentro di noi con l’amore di Dio. Anna respira Dio. Anna si nutre di Dio. Fino a partecipare della sua stessa gioia sperimentando un’unione quasi perfetta con Lui. “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (v. 30).

    Il mondo sarà migliore se riusciremo a portare un po’ di Gesù in ogni cuore. L’uomo è smarrito. Non è “cattivo”, ma è… disorientato: l’uomo sta perdendo Dio. E senza Dio non c’è un punto fermo, un orizzonte, un luogo verso cui tendere. Senza Dio l’uomo vaga nel deserto della desolazione, in preda all’ansia ed alla paura.

    Questa pagina di Vangelo, cari amici, parla a tutti noi, e ci invita a riportare Dio all’uomo. A rimettere l’umanità sulla via della pace, della fraternità, dell’amore: sulla Via del Signore.

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Presentazione al tempio di Gesù”, di Francesco Raibolini detto “il Francia”, 1515, olio su tela, 201 x 145cm, Pinacoteca Comunale di Cesena.

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  • L’ufficio “oggetti smarriti di Gesù” nel Vangelo di domenica 11 settembre

    L’ufficio “oggetti smarriti di Gesù” nel Vangelo di domenica 11 settembre

    + Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15, 1-32)

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
    Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
    Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Lost and found. L’ufficio oggetti smarriti di Gesù: chissà quante volte, nella vita, ci sarà capitato di perdere qualcosa a cui teniamo molto. Non è forse vero che in quel momento non pensiamo ad altro se non a cercare l’oggetto scomparso? Mettiamo sotto sopra tutta la casa, spostiamo divani e poltrone, esploriamo cassetti e ripostigli… e quale gioia quando lo recuperiamo!

    Ecco, anche per Dio è così: oh, Lui non “perde” nulla, certo che no… ma qualche volta a “perderci” siamo noi, perchè ci allontaniamo troppo dalla sua Parola, perchè non la mettiamo in pratica, o perchè, come fece il “figliol prodigo” (cfr. Lc 15,11-32), decidiamo di “prenderci una vacanza” dal Vangelo e… magari vivere un po’ la nostra vita materiale, finchè essa non divora tutte le nostre sostanze e si mostra quale essa davvero è quando viene vissuta “senza Dio”: gretta, vuota, priva di significato, arida ed ingrata.

    Ma Dio, proprio come il padre buono della parabola, scruta l’orizzonte ed appena ci vede imboccare il suo sentiero esce di casa e ci corre incontro, allarga le braccia e ci stringe forte forte: “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20). Noi iniziamo a chiedergli perdono e Lui… non ci lascia neppure finire di parlare, ci riaccoglie, ci riveste, ci mette l’anello al dito, i calzari ai piedi scalzi, e prepara un gran banchetto: “Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,23-24).

    Vedete? L’amore di Dio è più forte del nostro peccato; è luce che va oltre le tenebre; è bene che vince anche il peggiore dei mali e lo cancella; è musica celestiale che avvolge, accarezza e consola; è tenerezza che accoglie e perdona; è grazia che si irradia sul nostro cuore stanco e lo rinfranca, lo apre, lo spalanca all’amore verso gli altri. Ecco: quando nel nostro cuore lasciamo spazio all’amore di Dio, anche noi diventiamo più simili a Lui.

    Sì, perchè l’uomo è stato creato ad “immagine e somiglianza di Dio” (cfr. Genesi 1,26-27) ed è quel riflesso di Dio che c’è in ciascuno di noi che ci permette di sperare, sperare che il male non vinca, sperare che l’uomo si ravveda:

    “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi: tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna,  gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari. O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!” (Salmo 8, 4-10).

    Ebbene, questo Dio al quale noi assomigliamo, un po’ (lo scrivo con tutta umiltà) ci assomiglia… ed ecco che come la donna che ritrova la moneta: “chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto»” (v. 9) così “vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte” (v. 10). Dio è felice quando un peccatore si converte. Dio è contento quando ci riavviciniamo a Lui. Vogliamo rendere lieto Dio? Convertiamoci e chiediamogli perdono!

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Com’è il mio rapporto con Dio? Lo sento vicino nel mio cuore, come un padre amorevole, oppure lo percepisco come un giudice severo? Sono pronto a “restituire” l’amore che Dio riversa nel mio cuore, donandolo a mia volta al mio prossimo?

    Questa notte, Gesù, Ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco. Fa’, ti prego, che i semi d’amore che Tu poni nei nostri cuori possano germogliare e crescere rigogliosi. Accoglici fra le Tue braccia e stringici forte! Ti vogliamo bene Gesù!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    L'ufficio
    L’affresco ritrae Gesù nell’atto di salvare Adamo ed Eva dagli inferi, affresco dell’”Anastasis”, XIV secolo, chiesa di San Salvatore in Chora, Istanbul

    Alessandro Ginotta

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  • Sai che Dio vive in te? Vorresti sapere come cercarlo?

    Sai che Dio vive in te? Vorresti sapere come cercarlo?

    + Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,1-8)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
    Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
    Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Noi siamo i tralci: Io sono la vite, voi i tralci” (v. 5). Vedete, amici, il percorso dell’amore? Parte da Dio, il Padre Creatore che ama il proprio Figlio e tutte le sue creature. Attraverso lo Spirito Santo questo amore si riversa sulla terra ed arriva a Gesù: vero Dio e vero uomo (CCC 464).

    Gesù è Dio, perchè è amore: “Dio è amore” (1Giovanni 4,8). Ma Gesù è anche uomo, e come Adamo è “tratto dalla terra” (abbiamo visto adamah, in ebraico vuol dire “terra”, “suolo”), la vite-Gesù nasce dalla terra: il suo amore passa attraverso le radici, la linfa lo fa risalire attraverso il tronco, fino ai tralci. Ed ecco qui: l’uomo. I tralci, irrorati dall’amore di Dio attraverso la linfa di Gesù, crescono, germogliano, fioriscono e producono frutto. “Rimanete in me e io in voi” (v. 4).

    Una sola pianta: Gesù è la vite, noi i tralci. La radice assorbe l’amore di Dio. E’ l’Amore di Dio che nutre le nostre foglie. E’ l’Amore di Dio che si trasforma nel nostro amore. Noi ci nutriamo di Dio: in Lui siamo, ci muoviamo e respiriamo” (Atti 17,28).

    Dio è in noi: “Rimanete in me e io in voi” (v. 4). E’ in noi Gesù! Lo sentiamo? Sentiamo il suo calore? I sentimenti buoni che ci ispira? La sua mitezza? La sua generosità? Il suo amore? Sì? Allora i nostri tralci sono bene collegati alla vite: Rimanete in me e io in voi!

    Attenzione che non si venga mai ad interrompere questo collegamento: se vogliamo fiorire, essere rigogliosi, dobbiamo restare con Gesù, nutrirci della Sua Parola, perchè “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (v. 5). Invece: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca” (v. 6). Un fiore reciso, per quanto possa essere bello e colorato, perde presto vigore e rinsecchisce. Senza Gesù ci viene a mancare la linfa vitale che scorre dalla vite al tralcio. Senza Gesù non siamo nulla. Se nel nostro cuore non c’è Gesù, se nelle nostre orecchie non risuona la Sua Parola… siamo come ramoscelli seccati dal sole e portati via dal vento. “Poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano” (v. 6).

    Madre Teresa di Calcutta diceva: “Se trascuriamo la preghiera e se il tralcio non resta unito alla vite, seccherà. Questa unione del tralcio con la vite è la preghiera. Se quest’aggancio c’è, allora c’è amore, e gioia; allora soltanto saremo l’irradiazione dell’Amore di Dio, la speranza dell’eterna felicità, la fiamma di amore ardente. Perché? Perché siamo una cosa sola con Gesù. Se tu vuoi sinceramente imparare a pregare osserva il silenzio” (La mia regola, Piemme, 1995).

    Se uno è intimamente unito a Gesù, gode dei doni dello Spirito Santo, che – come ci dice san Paolo – sono “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Galati 5,22).  Da questi atteggiamenti si riconosce se uno è un vero cristiano, come dai frutti si riconosce l’albero. I frutti di questa unione profonda con Gesù sono meravigliosi: tutta la nostra persona viene trasformata dalla grazia dello Spirito: anima, intelligenza, volontà, affetti, e anche il corpo, perché noi siamo unità di spirito e corpo. Riceviamo un nuovo modo di essere, la vita di Cristo diventa nostra: possiamo pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù. Di conseguenza, possiamo amare i nostri fratelli, a partire dai più poveri e sofferenti, come ha fatto Lui, e amarli con il suo cuore e portare così nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace (Papa Francesco, Regina Coeli 3 maggio 2015).

    Tutto inizia nel cuore di Dio, sorgente di questo infinito amore che tramite Gesù ci nutre e ci mantiene vivi: “Il cuore di Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20), scrive l’evangelista Giovanni, colui che ha appoggiato il suo orecchio al petto di Gesù, colui che ha udito il pulsare del cuore di Dio. Entriamo anche noi, attraverso la Parola di oggi, nel cuore di Dio, facciamo scorrere la linfa del suo amore nelle nostre vene: “affinché tutti siano una cosa sola come tu, Padre, sei in me ed io in te, affinché anch’essi siano una cosa sola in noi” (Gv 17, 21). Una cosa sola con Dio, Padre agricoltore, Figlio vite, uomo tralci. Restiamo in Lui.

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Com’è collegato il mio tralcio alla vite: è ben saldo, unito dalla preghiera, dalla contemplazione, oppure… è un po’… staccato? E quale frutto traggo da questa unione: riesco a mia volta a distribuire agli altri l’amore che Dio mette in me attraverso Gesù? E ancora: sento il cuore di Gesù battere dentro al mio: i suoi sentimenti sono davvero anche i miei, o ne ho altri che mi “distraggono”?

    Questa notte, Gesù, Ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Fa’ che siano tutti strettamente legati a Te; nutrili con la Tua linfa, fai scorrere il Tuo amore nelle loro vene, così che siano una cosa sola con Te. Una cosa sola con Dio.

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Il dipinto di oggi è “L'adorazione della Trinità”, del pittore tedesco Albrecht Dürer, 1511, olio su tavola, 135x123 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna
    Il dipinto di oggi è “L’adorazione della Trinità”, del pittore tedesco Albrecht Dürer, 1511, olio su tavola, 135×123 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna

    Alessandro Ginotta

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  • Vuoi essere felice, o preferisci avere sempre ragione?

    Vuoi essere felice, o preferisci avere sempre ragione?

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 12,1-8)

    In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
    Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Ecco l’uomo saccente che vuole addirittura insegnare a Dio come rispettare la Legge. Sono 10 i Comandamenti che Dio consegnò a Mosè sul Monte Sinai, ma, con il tempo, scribi e farisei hanno aggiunto precetti nel tentativo di codificare ogni cosa, ogni comportamento, ogni occasione. Così, ai tempi di Cristo, la Legge era diventata un labirinto di codici, difficili da rispettare tutti insieme: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci” (Mt 23,13). Sulla Legge, tra Gesù e farisei c’è scontro aperto.

    Tuttavia Gesù ha anche detto: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17). Ma allora questa Legge vale o non vale? Il sabato si possono raccogliere le spighe per mangiarle? Si può guarire un paralitico il sabato? 

    San Paolo scrive: “In lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio […] Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e […], perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla Croce” (cfr. Colossesi 2,12-15). E ancora: “Ora però siamo stati liberati dalla legge” (Romani 7,6). “Non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia” (Romani 6,14).

    Gesù è venuto per portare a compimenoto la legge: il verbo greco che troviamo in questo passo è: “pleròo” che possiamo rendere anche come “valorizzare”. E questo ha fatto Gesù! Ha valorizzato la Legge Mosaica traducendo le centinaia di precetti nell’essenziale, il comandamento nuovo, più importante di tutti, quello che tutti li riassume: il comandamento dell’amore!

    Al dottore della legge che gli chiese quale fosse il più grande comandamento Gesù rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,36-40). Rispettare tutti i precetti è difficile? Eccolo il comandamento che “porta a compimento” la Legge: l’amore!

    L’amore è più forte della Legge. Il perdono è più forte dell’odio. La vita è più forte della morte.

    Misericordia io voglio e non sacrifici” (v. 7). Dobbiamo pensare alla nostra trave e non cercare la pagliuzza nell’occhio del vicino. Dobbiamo perdonare i nostri nemici e non accusarli. Dobbiamo aprire le porte del Regno dei Cieli e non richiuderle davanti agli uomini. “Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato” (v. 8).

    Concludo con le parole di Papa Francesco: “Misericordia io voglio”, cioè la lealtà di un cuore che riconosce i propri peccati, che si ravvede e torna ad essere fedele all’alleanza con Dio. “E non sacrificio”: senza un cuore pentito ogni azione religiosa è inefficace! Gesù applica questa frase profetica anche alle relazioni umane: quei farisei erano molto religiosi nella forma, ma non erano disposti a condividere la tavola con i pubblicani e i peccatori; non riconoscevano la possibilità di un ravvedimento e perciò di una guarigione; non mettevano al primo posto la misericordia: pur essendo fedeli custodi della Legge, dimostravano di non conoscere il cuore di Dio! È come se a te regalassero un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardi soltanto la carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, la forma, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato! (Papa Francesco, Udienza Generale 13 aprile 2016).

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Come mi comporto: guardo anch’io solo la forma, oppure ci metto dentro il cuore? Ho sempre ragione io… (e basta) oppure sono disposto ad ascoltare, capire e perdonare? E ancora (questa è di attualità “pungente”): Sono forse anch’io un po’ fariseo? Mi interessa di più da che parte dell’Altare si celebra la Messa, oppure lodare e dimostrare il mio amore a Dio?

    Questa notte, Gesù, Ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco!  Non permettere che si paralizzino di fronte a norme e consuetudini senza senso… Fa’ che il loro cuore sia sempre aperto e che siano sempre in grado di compiere scelte di misericordia e di amore!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    L'immagine di oggi è “La Trasfigurazione”, affresco di Beato Angelico, 1440 circa, 189×159 cm, Museo nazionale di San Marco, Firenze
    L’immagine di oggi è “La Trasfigurazione”, affresco di Beato Angelico, 1440 circa, 189×159 cm, Museo nazionale di San Marco, Firenze

    Alessandro Ginotta

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  • Perchè là dove c’è il tuo tesoro, ci sarà anche il tuo cuore

    Perchè là dove c’è il tuo tesoro, ci sarà anche il tuo cuore

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,19-23)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
    La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Ah! Se potessimo vedere l’estratto conto della nostra anima! Io credo che molti di noi cambieremmo vita. Trascorriamo giorni, mesi, anni a rincorrere una fortuna… che non c’è. Quando riusciamo a guadagnarlo… accumuliamo denaro. Lo depositiamo in banca, cerchiamo l’interesse migliore, ci disperiamo quando dobbiamo pagare le tasse… e poi?

    Non me ne vogliate… devo scrivere una cosa “antipatica”, ma che servirà per il bene delle nostre anime: Tutti noi abbiamo un appuntamento, un appuntamento al quale non potremo proprio mancare. Un giorno, mi auguro per tutti il più lontano possibile, anche il nostro cuore batterà l’ultimo colpo, anche i nostri polmoni si riempiranno per l’ultima volta e poi?

    E poi ci verrà presentato l’estratto conto della nostra anima. Scopriremo così quante volte per accumulare qualche centesimo in più abbiamo dimenticato di voler bene ai nostri cari. Abbiamo negato una carezza ai nostri figli. Un sorriso ai nostri genitori anziani.

    Scopriremo quante volte per pensare soltanto a noi stessi abbiamo trascurato il prossimo, i bisognosi che incontriamo per la strada (e dai quali talvota fuggiamo…) così come quella vecchina che, tutta curva, trascinava a fatica il suo carrellino della spesa. Quanto ci sarebbe costato… o meglio quanto avrebbe fruttato (!) sull’estratto conto dell’anima fermarci un istante, regalarle un sorriso e offrirci di portare noi il suo carrellino per qualche metro. Forse lei ci avrebbe arricchito di più! Oh, sì! Quella ricchezza che arriva dal calore del cuore, la ricchezza dei ricordi che ci avrebbe raccontato con gioia, la ricchezza del grazie che ci avrebbe detto con riconoscenza. E forse, osservando bene i suoi occhi, vi avremmo potuto scorgere dentro finanche Gesù!

    Oh, ma noi siamo impegnati! Non è vero? Abbiamo “lavoro da fare”, commissioni “da sbrigare”, non abbiamo tempo di perderci in “queste sciocchezze”.

    E così, quando arriveremo a quel fatidico ultimo giorno, e ci presenteremo davanti a Gesù, porteremo la mano là, dove di solito teniamo il portafogli e cercheremo la nostra carta di credito per pagare l’ingresso al Paradiso… ma non la troveremo! Allora cercheremo il libretto degli assegni… poi tenteremo inutilmente di trovare almeno una piccola insignificante monetina. Allora scopriremo, amici, che: “il sudario non ha tasche!“, come ha ricordato Papa Francesco. Le nostre ricchezze, piccole o grandi che siano, resteranno sulla terra, non le porteremo con noi…

    Oh, sì! Perchè ben altra moneta è quella che ci richiede Gesù: “Non accumulate per voi tesori sulla terra […], accumulate invece per voi tesori in cielo. […]  Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore(vv. 19-21). E dove c’è il nostro cuore c’è l’amore. L’amore che abbiamo ricevuto, l’amore che abbiamo dato, ed anche quello che non siamo stati capaci di dare. Questo è l’estratto conto dell’anima! Questa è la moneta in circolazione nel Regno di Dio!

    Perchè: “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (S. Giovanni della Croce).

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Come sarà l’estratto conto della mia anima? Sono stato capace di dare amore? E… la lampada del mio corpo è luminosa o tenebrosa? Guardando nel mio occhio si riesce a scorgere il riflesso di Gesù?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Perchè la dove c'è il tuo tesoro, ci sarà anche il tuo cuore
    Il dipinto di oggi è “La moneta del tributo”, attribuito al pittore fiammingo Peter Paul Rubens,  1612 circa, olio su tela, 144 x 190 cm, Museo delle Belle Arti di San Francisco, USA.

    Alessandro Ginotta

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  • Cosa scegli tu? “Occhio per occhio”, o mitezza e perdono?

    Cosa scegli tu? “Occhio per occhio”, o mitezza e perdono?

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,38-42)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    No, questa “giustizia” non piace a Gesù: “Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro” (Levitico 24,19-20) è la legge più antica, quella del taglione, che deriva dal vecchio codice del re babilonese Hammurabi. Oggi la troviamo estremamente crudele e contraria alla morale: occorre correggere, ma non fare del male. Oltre 4000 anni fa, quando probabilmente fu scritta per la prima volta, era invece considerata una legge giusta e misericordiosa: serviva per evitare un “eccesso di vendetta”. Lamech, un discendente di Caino, prometteva: “Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette” (Gn 4,23-24). Settantasette morti per vendicarne uno. Una sanguinosa spirale di vendetta. La legge del taglione stabiliva invece la proporzionalità: un occhio per un occhio, un dente per un dente”… chi veniva danneggiato poteva danneggiare l’altro, ma solo nella stessa misura del danno subito.

    La giustizia di Hammurabi non risolve però le contese e non placa gli animi. Il fuoco del rancore continua a covare nei cuori delle vittime (e dei colpevoli). Lungi dal ricomporre, il taglione genera solo altro risentimento: La vendetta chiama altra vendetta. Il sangue chiama altro sangue.

    Ricordate cosa abbiamo visto alcuni giorni fa? Gesù, parlando della Legge di Mosè, ha detto: “non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17). Egli non cancella i vecchi precetti, ma li “sublima”: i vecchi precetti non vengono abrogati, ma perfezionati con una lettura più alta, più completa, più… divina, come solo il Figlio di Dio poteva fare: Dio, che è Amore (cfr. 1Gv 4,8), ama le sue creature, che devono amare Lui e amarsi a vicenda. Così tutti i comandamenti e tutti i precetti, possono essere ricondotti ad uno solo, l’amore: Ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso. Il primo di tutti i comandamenti.

    E cosa fanno due persone che si amano? Si perdonano! Si capiscono, riconoscono i propri errori e sono pronti a ricominciare. Senza sangue, senza violenza, senza vendetta. Ecco cosa ci chiede Gesù: “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra“. Il perdono è la rivoluzione di Gesù! La mitezza e l’amore sono le sue armi più potenti.

    Beati i miti, perché erediteranno la terra” (Mt 5,5): Gesù fu percosso, flagellato, deriso. Ha consegnato se stesso ai propri carnefici per essere crocifisso, e poi trafitto con una lancia. Senza ribellarsi, senza vendicarsi. Quale lezione ci ha dato il Cristo! Egli per primo ha messo in pratica  quanto ci ha insegnato.

    Badate bene: La mitezza di Gesù è forza, non è debolezza! Le armi di Gesù sono le più potenti e si chiamano: amore, perdono e misericordia. La miccia dell’amore di Gesù si è incendiata sulla Croce ed è esplosa dentro al Sepolcro, dove è avvenuta la Risurrezione. Eccola la vittoria della vita sulla morte, la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria della misericordia sulla vendetta.  Il trionfo di Gesù:  “Cristo ha vinto la morte!” (cfr. 2Timoteo 1,10).

    Cari amici le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Come mi comporto quando sono vittima di un torto? Reagisco? Mi arrabbio? Ricorro alla violenza per difendere le mie ragioni? Oppure riesco a perdonare il mio interlocutore e riappacificarmi con lui? Sono più incline all’odio oppure all’amore?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Fai che siano sempre miti e perdonino con amore.

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Cosa scegli tu?

    Il dipinto di oggi è “Ingresso in Gerusalemme”, del pittore spagnolo Pedro de Orrente, 1620 circa, olio su tela, 112 x 127 cm, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo.

    Alessandro Ginotta

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  • Che c’entra il dono con il perdono?

    Che c’entra il dono con il perdono?

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,20-26)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
    Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
    Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
    Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Ieri abbiamo visto Gesù tradurre nel “linguaggio di Dio” (che è l’amore) le centinaia di precetti che i farisei avevano codificato cercando di interpretare la Parola di Dio (ed abbiamo constatato che ci sono riusciti particolarmente male…).

    Il discorso prosegue oggi e Gesù ci fa questo esempio:

    Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio” (v. 21). Eh sì! cosa dice il comandamento dell’amore? : “Ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso“. Se amo perdono e non mi adiro con il mio fratello. Se non mi adiro non offendo. Se non offendo non odio (e lui non mi odierà). Senza odio non c’è neppure la violenza. Se non c’è violenza non c’è l’assasinio. Se amo non uccido.

    Dunque è davvero così: il comandamento dell’amore è superiore a tutti gli altri. E’ la sintesi perfetta. E’ l’amore, quello vero, puro e disinteressato, che può rendere la nostra giustizia superiore a quella dei farisei (cfr. v. 20).

    Ma attenzione: “La lingua uccide più della spada”. Spesso usiamo questo detto senza ricordare che lo troviamo proprio nella Bibbia. Il libro del Siracide riporta: “La spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada. Fortunato chi è al riparo dei suoi colpi e chi non ha provato il suo furore, chi non ha dovuto portare il giogo della lingua e non è mai stato legato con le sue catene” (Sir 28, 18-19).

    Oggi Gesù ci mette in guardia dalle ferite che può provocare la nostra lingua: “Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna” (v. 22). Il giudizio avventato, la critica malvagia, il pettegolezzo velenoso, l’indifferenza… ci sono mille modi per “uccidere”. Le ferite dell’anima sono le peggiori da rimarginare e, se trascurate, possono trasformarsi in lacerazioni profonde.

    E come possiamo fare per non trascurare queste ferite? Ci viene in soccorso il perdono!

    Il perdono è il maggiore dei doni. La stessa parola perdono deriva dal latino: “per-“, che è una particella “intensiva” che indica compimento; e “dono”, che è appunto il “dono”. Quindi il perdono è un dono completo. Perdonare significa letteralmente: “donare completamente“. Donarsi completamente agli altri, donare il proprio cuore. C’è bisogno di amore per questo! Devo proprio amare per per-donare.

    Chi non sa perdonare non ha ancora conosciuto la pienezza dell’amore“, ha detto Papa Francesco aprendo la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore: la forza del perdono è il vero antidoto alla tristezza provocata dal rancore e dalla vendetta. Il perdono apre alla gioia e alla serenità perché libera l’anima dai pensieri di morte, mentre il rancore e la vendetta sobillano la mente e lacerano il cuore togliendogli il riposo e la pace.

    Dunque l’amore verso Dio e verso il prossimo è il più grande di tutti i comandamenti. Dobbiamo amare Dio ed amarlo pienamente, ma… non lo possiamo amare pienamente se il nostro cuore non sarà libero dal rancore. Ecco che, se ci stiamo avvicinando all’altare, ma il nostro cuore è pesante… Gesù ci dice: “lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (v. 24). Siamo chiamati prima a riconciliarci con i nostri fratelli che ci hanno offeso o che sono stati offesi da noi, perchè: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello” (Mt 18,35).

    Chissà quante volte, magari un po’ distrattamente, abbiamo recitato queste parole: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12). Dio ci perdonerà solo se noi, a nostra volta, avremo perdonato i nostri debitori.

    Eccola, la legge dell’amore: se avremo perdonato, il nostro cuore sarà leggero e libero di accogliere quell’intenso, sconfinato, sublime, incommensurabile, indescrivibile Amore che il nostro Dio riverserà in noi. E sarà gioia piena.

    Cari amici le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Sono capace di perdonare mio fratello? E se il male l’ho commesso io, sono capace di chiedergli perdono? Quanto veramente sono consapevole dell’amore che Dio prova per me? Anche quando sbaglio Dio mi ama, mi perdona, mi accoglie; lo ringrazio per questo?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Aiutali a fare spazio nel loro cuore, liberarlo dal rancore, ed accogliere il tuo infinito Amore!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Che c'entra il dono con il perdono?
    Il dipinto di oggi è “La visione di San Francesco alla Porziuncola – il Perdono” del pittore spagnolo Bartolome Esteban Murillo, 1667, olio su tela, 206 x 146 cm, Museo del Prado, Madrid, Spagna

    Alessandro Ginotta

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