Tag: Avvento

  • La vostra liberazione è vicina

    La vostra liberazione è vicina

    Hai letto bene? “La vostra liberazione è vicina”. Sì, proprio mentre parliamo di guerre, catastrofi, carestie, e di un mondo che sembra correre a perdifiato verso la sua fine. È questo il paradosso del Vangelo: dove gli altri vedono solo buio, noi siamo chiamati a vedere la luce.

    Il mio in(solito) commento a:
    “La vostra liberazione è vicina” (Luca 21,25-28.34-36)

    Molte cose stanno arrivando: forse una guerra, come quelle che da tanto tempo l’Europa (almeno quella occidentale) aveva dimenticato. 56 conflitti armati, 96 Paesi belligeranti. Mai, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la Terra aveva registrato un numero così alto di conflitti. Gli animi, in più parti del mondo si scaldano e, se il rischio di una degenerazione verso un conflitto nucleare è ancora contenuto, armi sempre più nuove e distruttive vengono messe in campo. Guerra generalizzata, escalation nucleare non sono le uniche possibili “fini del mondo”. Assistiamo a un nuovo proliferare di tutte le catastrofi planetarie immaginabili. Clima, ecologia, pandemie da virus sconosciuti, fine ingloriosa delle nostre democrazie e, naturalmente, le carestie che sono collegate a ciascuno degli eventi sopra descritti. A voler leggere l’Apocalisse sembrerebbe quasi che i primi tre cavalieri siano già passati… C’è un’altra cosa che mi colpisce osservando il mondo di oggi: l’indifferenza. Sembra quasi che la violenza non faccia più notizia, che il dolore sia diventato una normalità. Viviamo vite anestetizzate alla ricerca del benessere personale dimenticando che il mondo intero sta attraversando un malessere generalizzato senza precedenti: “Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Matteo 24, 37-42). Non ci curiamo di quel che ci accade attorno, perseveriamo nelle nostre vite mondane, come fu ai tempi di Noè. Eppure: “Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori” (Matteo 24,6-8). Potrebbe essere questione di ore: “Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo – chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello” (Matteo 24,15-18). Oppure di decenni, secoli o forse addirittura millenni, perché: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Matteo 24,36). Di certo, prima o dopo, avverrà quel che ci preannuncia anche San Luca nel Vangelo di oggi: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Attenzione: hai letto bene? “La vostra liberazione è vicina”. Stiamo parlando di disgrazie, di fine del mondo, di apocalisse, eppure: “La vostra liberazione è vicina”.

    Io non so se tutto quanto scritto qui sopra sia reale o soltanto un espediente letterario. Quel che è certo è che, se siamo veramente cristiani, dobbiamo ricordare che la nostra vita non è la manciata di anni che trascorriamo su questa terra, ma l’eternità. Sì, siamo esseri eterni. Troppo spesso rischiamo di dimenticarlo. Siamo fatti di corpo e anima: abbiamo un piede poggiato nell’immanente che ci circonda, ma il secondo piede appoggia saldamente nel trascendente che ci supera e ci contiene. La nostra anima non muore oggi, non morirà con la fine del mondo, ma vivrà per sempre. E il “per sempre” che vivremo dipende soltanto da noi. Anche tu, come ogni altro essere umano, sei destinato all’eternità. La tua vita, quella che stai vivendo ora, non è che una piccola parentesi nel cammino della tua esistenza. Una parentesi capace di condizionare la tua eternità. Sì, perché una vita di luce e di fede, all’insegna del Vangelo, si tradurrà in un’eternità di luce e di gioia; al contrario una vita terrena trascorsa con il cuore rivolto alle tenebre, rifiutando l’attenzione ed il perdono di Dio, non potrà che tradursi in un’eternità di lacrime e stridor di denti, quindi dell’inferno dell’allontanamento eterno da Dio.

    Ma c’è una buona notizia: non è mai troppo tardi per ricominciare. Non importa quanto lontano siamo andati, quanto abbiamo sbagliato. Dio è lì, pronto a riabbracciarci. Lo ha fatto con il buon ladrone, lo ha fatto con Paolo, lo ha fatto con Maria Maddalena. Perché Dio non si arrende mai.

    E allora, alziamo il capo, come dice Gesù. Ricominciamo oggi, ora. C’è ancora tempo per fare il bene, per lasciare un’impronta di amore in questo mondo ferito. E quando arriverà il momento, quando risorgeremo, troveremo Gesù lì, con un posto preparato per ciascuno di noi.

    E non importa quanto buio ci sia stato, perché la luce di Dio è più forte. Sempre. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Vergine dell’Apocalisse” di Miguel Cabrera, 1760, olio su tela, 352x340cm, Museo Nacional de Arte, Città del Messico

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  • Ci sono collegamenti tra Avvento e Apocalisse?

    Ci sono collegamenti tra Avvento e Apocalisse?

    È quando il libro si chiude che la prima pagina si avvicina all’ultima. Un’immagine potente, no? In questi giorni che ci separano dal Natale, prendiamoci un momento per riflettere: la creatura che incontra di nuovo il suo Creatore. È un pensiero che scalda il cuore, vero? Ecco il mio (in)solito commento al passo del Vangelo:

    “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti” (Luca 21,20-28).

    Un’altra pagina complessa, lo ammetto. Ma anche di quelle che ti scuotono e ti fanno pensare. L’Avvento è ormai vicino e ci invita a prepararci. Sai cosa significa “Avvento”? Deriva dal latino adventus, “arrivo”. È il momento in cui ci disponiamo a celebrare il Natale, la venuta di Gesù tra noi. Ma spesso capita che un’attesa si confonda con un’altra. E la Liturgia, in queste settimane, sembra quasi sfidarci: ci propone brani del Vangelo che parlano non solo della nascita di Cristo, ma della sua seconda venuta, quella che segnerà la fine del mondo così come lo conosciamo. La Parusia, l’incontro definitivo dell’uomo con il suo Dio.

    Leggendo questi testi, ammettiamolo, ci tremano un po’ le gambe:

    “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura” (vv. 25-26).

    Un’immagine apocalittica, quasi soffocante. Ma aspetta, non fermiamoci qui! Perché proprio alla fine arriva la svolta, la chiave di lettura:

    Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (vv. 27-28).

    Ecco il cuore di tutto. Non dobbiamo vivere questi eventi con paura, ma con fiducia e speranza. Il cristianesimo non è una religione di terrore, ma di gioia. Il futuro che ci aspetta non è devastazione, ma trasformazione. Quella che sembra la fine, è in realtà un inizio: la Risurrezione.

    “Non ci sarà più notte alcuna, non avranno bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà, ed essi regneranno nei secoli dei secoli” (Apocalisse 22,5).

    Una città senza porte da chiudere, perché non ci saranno più pericoli. Una città inondata dalla luce di Dio. Questo è ciò che ci attende. È il futuro che possiamo accogliere non con timore, ma con la serenità di chi sa di essere amato.

    In questo tempo di attesa, allora, facciamo nostra l’antica invocazione: Maranathà! Vieni, Signore Gesù. È la stessa preghiera che chiude la Bibbia, nelle ultime righe dell’Apocalisse:

    “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni! Sì, verrò presto” (Apocalisse 22,20).

    Un Dio che si fa vicino, che non lascia mai sole le sue creature. Un Dio che cammina accanto a noi, non per distruggere, ma per costruire. Quando tutto sembra perduto, quando il buio sembra avere la meglio, ricordiamoci di questo: Dio sta preparando qualcosa di nuovo. Un regno di pace, di luce, di amore.

    Non abbassiamo lo sguardo, non lasciamoci vincere dalla paura. Solleviamoci e alziamo il capo, perché la nostra liberazione è vicina. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo porta la croce”, opera di pittore della scuola di Antonello da Messina, 1475, olio su tela, 39x35cm, Londra, collezione privata

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  • Cosa significa Avvento?

    Cosa significa Avvento?

    Oggi ti propongo un esame della vista particolare: che cosa vedi con gli occhi della tua anima? Osservando le pagine di Vangelo che abbiamo letto nei giorni che precedono immediatamente l’Avvento, che cosa vedi? Scorgi solo il buio di morte e distruzione che accompagnerà la fine del mondo o riesci a scorgere la luce che nasce da Dio stesso, sorgente di speranza e di pace in una vita rinnovata?

    Il mio in(solito) commento a:
    Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà (Marco 13,33-37)

    Avvento. Da “adventus“, arrivare, sopraggiungere. Un bel verbo dinamico che indica un cammino, un progredire, un avanzare verso qualcosa di completamente nuovo, qualcosa che ci sconvolge (in positivo), qualcosa che cambierà per sempre la vita e la storia. Anzi: la farà ripartire in un modo nuovo.

    Non per niente la nascita di Cristo, la prima “Venuta”, ha segnato e segna tuttora, un nuovo modo di conteggiare il tempo: tutta la storia si divide in avanti Cristo e dopo Cristo. E la seconda Venuta? Quella riavvolgerà del tutto il rullo della storia, mettendo – sì, questo è vero – la parola “fine” alla vita come la conosciamo ora, ma non sarà la fine di tutto. Al contrario sarà un nuovo inizio, perché inaugurerà una nuova era ed un nuovo modo di stare insieme a Dio.

    Fin dalle primissime pagine della Genesi incontriamo Dio che cammina con noi. Dapprima “passeggia” nel giardino: “Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno” (cfr. Genesi 3,8), poi “marcia” insieme al popolo di Israele in fuga dalla schiavitù dell’Egitto: “Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte” (Esodo 13,21), quindi rinuncia alle comodità del cielo per “camminare” insieme agli uomini: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi” (Matteo 1,23).

    Il Dio-con-noi ha rovesciato le prospettive: ha dichiarato beati gli ultimi, i poveri, i perseguitati (cfr. Matteo 5,1-10), “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (cfr. Luca 1, 51-53), ha trasformato quello che tutti ritenevano una sconfitta, la morte in croce, nel più grande e sorprendente dei trionfi: la Risurrezione. Perché lì dove s’infrange la speranza umana, il momento nel quale tutto sembra perduto, il tempo del dolore nel quale tante persone sentono come il bisogno scendere dalla croce, è proprio il momento più vicino alla Resurrezione! Questa fu la grande rivoluzione di duemila anni fa, quando i calendari si fermarono per ripartire con una pagina nuova.

    Ti propongo ora di soffermarti a riflettere: quale sarà la rivoluzione che ci attende quando le lancette degli orologi si fermeranno di nuovo? Che cosa accadrà dopo?

    Il destino, in qualche modo, lo abbiamo già visto: è quello che ci ha raccontato il Vangelo nelle settimane che precedono l’Avvento. Pagine complesse che talvolta ci hanno spaventato, ma solo perché dobbiamo imparare a leggerle con il cuore e non con la mente. Per capirle, invece, ci viene richiesto quello sguardo di speranza che sa andare oltre, oltre il nostro timore, oltre la nostra convinzione che la croce sia solo morte e che la morte sia solo la fine di tutto. Perché così non sarà!

    Sì, perché se alcuni in quelle pagine vedono solo l’approssimarsi della fine del mondo, altri riescono a percepire l’arrivo della pienezza di un nuovo mondo. Un mondo in cui vivremo di nuovo insieme a Dio. Perché il Dio-con-noi camminerà di nuovo insieme a noi! Perché quando tutto sembra finito, è lì che inizia!

    «Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
    Egli dimorerà tra di loro
    ed essi saranno suo popolo
    ed egli sarà il “Dio-con-loro”

    (Apocalisse 21,3).

    Gesù, il Dio-con-noi, non ha mai smesso di camminare insieme a noi, di manifestarci la sua vicinanza, di essere pronto a sorreggerci non appena vacilliamo. Anche se la nostra imperfezione, per ora, ci impedisce di esserne pienamente consapevoli:

    E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
    non ci sarà più la morte,
    né lutto, né lamento, né affanno,
    perché le cose di prima sono passate»

    (Apocalisse 21,4).

    #Santanotte. Non dimentichiamo che prepararsi al Natale è un’occasione stupenda per riscoprire il senso dell’attesa, il senso del dono, lo stare insieme nell’amore. Proprio come Dio vuole. Buon Avvento con Gesù nel cuore!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo Consolatore”, capolavoro del pittore danese Carl Heinrich Bloch, olio su tela, 1890, Cappella Frederiksborg Palace, Copenhagen

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  • Le pagine scomode del Vangelo…

    Le pagine scomode del Vangelo…

    Quando Dio è nel nostro cuore, quando noi lo lasciamo entrare nella nostra vita, tutto si trasforma. Ed anche le pagine più buie dei nostri giorni, si tingono di speranza.

    Il mio in(solito) commento a:
    Vegliate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere (Luca 21,34-36)

    Amici, potete fare un bel respiro! Quella che abbiamo davanti è l’ultima delle pagine “scomode” che, da qualche giorno, ci stanno chiedendo di spingere lo sguardo su quell’oltre che, a prima vista un po’ ci spaventa. Tra poche ore entreremo in Avvento e, la luce della prima candela che scandirà l’attesa del Natale, dissiperà la coltre di oscurità che ha avvolto queste sere. Una Luce che squarcia le tenebre: “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Giovanni 12,46). E’ questo l’effetto che ci fa Gesù. Quando Lui è nel nostro cuore, quando noi lo lasciamo entrare nella nostra vita, tutto si trasforma. Ed anche le pagine più buie dei nostri giorni, si tingono di speranza.

    Sapete, amici, perfino il libro dell’Apocalisse, letto con Gesù nel cuore, diventa luce e speranza. La liturgia di offre questo scampolo di tempo prima dell’Avvento per riflettere sulle ultime pagine della Bibbia. Pagine che spesso restano chiuse perché temiamo di avvicinarci a questo testo che disorienta il lettore inesperto, ma che può rivelarsi un’autentica miniera di tesori per chi si interroga sul grande mistero di Dio.

    Tempi, giorni, attese. Avete mai pensato a quanto può essere diversa la percezione dello scorrere del tempo? Ciascuno di noi lo percepisce in maniera diversa in base all’età, allo stato d’animo, alle aspettative. Per un bambino un’ora è un tempo interminabile, proprio difficile da riempire. Un anziano potrebbe veder correre davanti a sé i giorni, uno dopo l’altro, rammaricandosi di non poterli rallentare. Ma, amici cari, oggi vorrei farvi meditare su un altro aspetto: che cosa pensa un ateo che invecchia? Da giovane, amici, è facile fingere di non preoccuparsi dell’avanzare del tempo. Si ha tutta la vita davanti. Ci si sente pieni di idee e di energie. Ma poi, che cosa pensa questo stesso ateo, quando raggiungerà i cinquant’anni, e poi i sessanta? E così via? Ogni giorno sul calendario sarà per lui un’opportunità in meno, un avvicinarsi alla fine di tutto, un approssimarsi di quel brutto momento in cui i suoi occhi si apriranno per l’ultima volta. Poi, solo il buio.

    Tristissimo. Bene, ora immaginiamo un uomo di profonda fede che si pone gli stessi interrogativi: apprezzate la differenza di prospettiva? Chi ha veramente fede non teme la morte, perché sa che non sarà la fine di tutto, ma solo un nuovo inizio. Solo un passaggio tra la materialità ed un nuovo modo di vivere. Chi ha fede vive con la speranza nel cuore. L’ateo, al contrario, affronterà gli ultimi anni della propria vita tra paura e rassegnazione.

    Già intravvediamo la luce della prima candela dell’Avvento e, a quel chiarore , i pensieri oscuri non ci fanno più paura. Senza quella fiammella a noi non piace pensare alla fine, al momento in cui ciascuno di noi incontrerà il Signore. Senza quel lume, non avremo neppure il coraggio di sfogliare le pagine dell’Apocalisse. Ci sono delle tragedie, anche nella nostra vita, ma davanti a queste, non dobbiamo rinunciare a guardare l’orizzonte, perché siamo stati redenti e il Signore verrà a salvarci. E questo ci insegna a vivere le prove del mondo, non in un patto con la mondanità o con la paganità che ci porta alla distruzione, ma in speranza, distaccandoci da questa seduzione mondana e pagana, e guardando l’orizzonte, sperando Cristo, il Signore. E’ attraverso questi occhi di speranza che noi possiamo vedere oltre la coltre nera della morte, morte che è impenetrabile per chi non ha Dio dentro di sé, terrificante e temibile. Ma noi, amici, che abbiamo fede, possiamo sollevare quel lembo nero e guardare di là, dove intravvediamo quella luce.

    Possiamo ammirare la Gerusalemme celeste, dove brilla indiscussa la luce di Dio e dove le persone non hanno bisogno di lampada, perché non ci sarà più notte. Dove non ci sarà più male. Dove non si saprà neppure più che cosa significhi la parola cattiveria. Quanto è diverso lo sguardo di chi ha veramente fede! E allora, con questa serenità, leggiamo e riflettiamo, per un’ultima volta, queste pagine “scomode” in attesa che la luce di Dio riempia la nostra vita di gioia.

    #Santanotte amici. Noi siamo stati invitati alla festa di nozze del Figlio di Dio. Quindi apriamo il cuore alla speranza ed allontaniamo ogni paura. Perché il futuro è di Dio, e degli uomini che credono in Lui. Dio vi benedica!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo l’Uomo dei dolori” di Quentin Metsys, 1525, olio su tavola, 49.5×37 cm, Getty Museum, Los Angeles

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  • Come rispondere alla chiamata di Gesù?

    Come rispondere alla chiamata di Gesù?

    Dio ha sete della nostra sete di Lui. Due seti che si fondono in una ricerca che finisce solo là, dove inizia l’infinito

    Il mio in(solito) commento a:
    Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, li mandò (Matteo 9,36-10,8)

    Ricordo ancora la prima volta che, nell’infanzia, mi confrontai con questo brano di Vangelo. Tenevo il mio libricino in mano e mi meravigliavo della forza di persuasione di Gesù: bastava un suo sguardo, una parola e, persone che avevano una loro vita, erano pronte a lasciare tutto dietro le loro spalle per seguirlo. Eppure seguire Gesù non è certo una passeggiata e, se lo vogliamo fare davvero, siamo chiamati a riorganizzare la nostra vita. Perché l’amore che ci spinge a scegliere Dio mette in discussione tutto il resto. Così, quando camminiamo sulle orme di Gesù, non possiamo voltarci indietro: «Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio» (cfr. Lc 9,62). Quella di seguire Gesù è una scelta definitiva, che ci cambia dentro.

    Quando decidiamo di metterci alla sequela di Gesù è un po’ come se, dentro di noi, avvenisse una rivoluzione copernicana: improvvisamente ci rendiamo conto che la mentalità mondana che pone il nostro “io” ed i nostri interessi al centro dell’universo è fondamentalmente sbagliata. E non è il resto del mondo che ruota attorno a noi, ma siamo noi, insieme a tutto il mondo, a ruotare attorno a Dio. Il centro è Lui: l’origine di ogni cosa. Il Creatore che ci ha dato la vita.

    Questi versetti ci parlano della sete di Dio, che spinge i discepoli a seguire Gesù senza esitazione. Fino a pochi istanti prima Lui era uno sconosciuto per loro. Ma, da quando lo hanno incontrato, essi sentono l’incontenibile desiderio di incamminarsi dietro a lui, incuranti di percorrere strade polverose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (cfr. Luca 9,58). Non importa. La sete di Gesù è più forte e, dopo aver incrociato il suo cammino, i discepoli non vogliono più staccarsi dal Maestro.

    E’ una sensazione che proviamo noi, uomini della strada, persone comuni, anche se, qualche volta, non riusciamo a sperimentare un incontro completo con Dio. Sempre distratti da mille pensieri e da troppi impegni, rischiamo di non accorgerci quando Gesù passa accanto a noi.

    Qualche volta a renderci miopi è la paura. Abbiamo il timore di non essere all’altezza del compito che Dio ha per noi. E, per questo, rischiamo di decidere di tirarci indietro. Non ci sentiamo pronti di tenere saldamente l’aratro tra le nostre mani, così ci rifugiamo nella “normalità” della nostra esistenza. Torniamo ad essere quelli di prima, dimenticandoci, o meglio, fingendo di dimenticarci, dell’incontro con Gesù.

    Ma Dio passa e ripassa più volte nella nostra vita, anche se noi fingiamo di non riconoscerlo. Egli cerca di attirare la nostra attenzione. Non si può mai sapere dove si manifesterà o che aspetto avrà. Sì, amici cari, perché Dio si può nascondere in un passante, in un mendicante, in un amico che ci parla, in un libro. Persone, oggetti, eventi con i quali interagiamo ogni giorno. Maria Maddalena scambiò Gesù risorto per un giardiniere (cfr. Marco 6,3-11). I discepoli di Emmaus lo confonderanno con un viandante (cfr. Luca 24,13-35). E noi? Quando abbiamo visto Gesù l’ultima volta?

    “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva»” (Giovanni 4,10). Quello che più importa è non perdere mai la sete di Dio. Leggiamo nel Catechismo della Chiesa cattolica: “Cristo viene ad incontrare ogni essere umano; egli ci cerca per primo ed è lui che ci chiede da bere. Gesù ha sete; la sua domanda sale dalle profondità di Dio che ci desidera. Che lo sappiamo o non lo sappiamo, la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui” (CCC 2560). Dio ha sete della nostra sete di Lui. Due seti che si fondono in una ricerca che finisce solo là, dove inizia l’infinito #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo benedicente”, di autore sconosciuto del XVII secolo, olio su tela, collezione privata

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  • Novena di Natale, nono giorno: La Natività di Gesù

    Novena di Natale, nono giorno: La Natività di Gesù

    In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. (Lc. 2,1-20)

    In questa santa notte, mentre contempliamo il Bambino Gesù appena nato e deposto in una mangiatoia, siamo invitati a riflettere. Come accogliamo la tenerezza di Dio? Mi lascio raggiungere da Lui, mi lascio abbracciare, oppure gli impedisco di avvicinarsi? “Ma io cerco il Signore” – potremmo ribattere. Tuttavia, la cosa più importante non è cercarlo, bensì lasciare che sia Lui a cercarmi, a trovarmi e ad accarezzarmi con amorevolezza. Questa è la domanda che il Bambino ci pone con la sua sola presenza: permetto a Dio di volermi bene?

    E ancora: abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo! Pazienza di Dio, vicinanza di Dio, tenerezza di Dio.

    La risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla nostra piccolezza. La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine. Quando ci rendiamo conto che Dio è innamorato della nostra piccolezza, che Egli stesso si fa piccolo per incontrarci meglio, non possiamo non aprirgli il nostro cuore, e supplicarlo: “Signore, aiutami ad essere come te, donami la grazia della tenerezza nelle circostanze più dure della vita, donami la grazia della prossimità di fronte ad ogni necessità, della mitezza in qualsiasi conflitto”.

    Gloria a te, o Padre,
    che manifesti la tua grandezza
    in un piccolo Bambino
    e inviti gli umili e i poveri
    a vedere e udire le cose meravigliose
    che tu compi nel silenzio della notte,
    lontano dal tumulto dei superbi
    e dalle loro opere.
    Gloria a te, o Padre,
    che per nutrire di vera manna
    gli affamati
    poni il Figlio tuo, l’Unigenito,
    come fieno in una mangiatoia
    e lo doni quale cibo di vita eterna:
    Sacramento di salvezza e di pace. Amen.

    O Bambino Gesù, degnati di accogliere la preghiera di quanti credono e sperano in Te; vieni presto a liberarci da questo nostro esilio, e riuniscici nel tuo regno glorioso, dove Tu vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.

    Novena di Natale, nono giorno: La Natività di Gesù
    Il dipinto di oggi è: “Adorazione dei pastori”, opera del pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo, 1650 circa, olio su tela, 187 x 228 cm, Museo del Prado, Madrid

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  • Novena di Natale, ottavo giorno: Figlio di Maria e Giuseppe

    Novena di Natale, ottavo giorno: Figlio di Maria e Giuseppe

    I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo l’usanza; ma, trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo rimase a Gerusalemme senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Non avendolo trovato tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua Madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo angosciati”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua Madre custodiva tutti questi fatti nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. (Lc. 2,41-52)

    Gesù tornò a Nazareth ed era sottomesso ai suoi genitori (cfr Lc 2,51). Anche questa immagine contiene un bell’insegnamento per le nostre famiglie. Il pellegrinaggio, infatti, non finisce quando si è raggiunta la meta del santuario, ma quando si torna a casa e si riprende la vita di tutti i giorni, mettendo in atto i frutti spirituali dell’esperienza vissuta. Conosciamo che cosa Gesù aveva fatto quella volta. Invece di tornare a casa con i suoi, si era fermato a Gerusalemme nel Tempio, provocando una grande pena a Maria e Giuseppe che non lo trovavano più. Per questa sua “scappatella”, probabilmente anche Gesù dovette chiedere scusa ai suoi genitori. Il Vangelo non lo dice, ma credo che possiamo supporlo. La domanda di Maria, d’altronde, manifesta un certo rimprovero, rendendo evidente la preoccupazione e l’angoscia sua e di Giuseppe. Tornando a casa, Gesù si è stretto certamente a loro, per dimostrare tutto il suo affetto e la sua obbedienza. Fanno parte del pellegrinaggio della famiglia anche questi momenti che con il Signore si trasformano in opportunità di crescita, in occasione di chiedere perdono e di riceverlo, di dimostrare l’amore e l’obbedienza.

    Vergine e Madre Maria,
    tu che, mossa dallo Spirito,
    hai accolto il Verbo della vita
    nella profondità della tua umile fede,
    totalmente donata all’Eterno,
    aiutaci a dire il nostro “sì”
    nell’urgenza, più imperiosa che mai,
    di far risuonare la Buona Notizia di Gesù.

    Tu, ricolma della presenza di Cristo,
    hai portato la gioia a Giovanni il Battista,
    facendolo esultare nel seno di sua madre.
    Tu, trasalendo di giubilo,
    hai cantato le meraviglie del Signore.
    Tu, che rimanesti ferma davanti alla Croce
    con una fede incrollabile,
    e ricevesti la gioiosa consolazione della risurrezione,
    hai radunato i discepoli nell’attesa dello Spirito
    perché nascesse la Chiesa evangelizzatrice.

    Ottienici ora un nuovo ardore di risorti
    per portare a tutti il Vangelo della vita
    che vince la morte.
    Dacci la santa audacia di cercare nuove strade
    perché giunga a tutti
    il dono della bellezza che non si spegne.

    Tu, Vergine dell’ascolto e della contemplazione,
    madre dell’amore, sposa delle nozze eterne,
    intercedi per la Chiesa, della quale sei l’icona purissima,
    perché mai si rinchiuda e mai si fermi
    nella sua passione per instaurare il Regno.

    Stella della nuova evangelizzazione,
    aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione,
    del servizio, della fede ardente e generosa,
    della giustizia e dell’amore verso i poveri,
    perché la gioia del Vangelo
    giunga sino ai confini della terra
    e nessuna periferia sia priva della sua luce.

    Madre del Vangelo vivente,
    sorgente di gioia per i piccoli,
    prega per noi. Amen.

    O Bambino Gesù, degnati di accogliere la preghiera di quanti credono e sperano in Te; vieni presto a liberarci da questo nostro esilio, e riuniscici nel tuo regno glorioso, dove Tu vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.

    Novena di Natale, ottavo giorno: Gesù Bambino
    Il dipinto di oggi è: “Adorazione dei pastori”, opera del pittore olandese Pieter Fransz. de Grebber, 1633, olio su pannello, 154 x 153 cm, Museo Catharijneconvent, Utrecht

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  • Novena di Natale, settimo giorno: Gesù Salvatore

    Novena di Natale, settimo giorno: Gesù Salvatore

    Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: «Chi sono io secondo la gente?». Essi risposero: «Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò: «Ma voi chi dite che io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio». Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. «Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». (Lc. 9,18-22)

    Gesù, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, è nato per noi. E’ nato a Betlemme da una vergine, realizzando le antiche profezie. La vergine si chiama Maria, il suo sposo Giuseppe.

    Sono le persone umili, piene di speranza nella bontà di Dio, che accolgono Gesù e lo riconoscono. Così lo Spirito Santo ha illuminato i pastori di Betlemme, che sono accorsi alla grotta e hanno adorato il Bambino. E poi lo Spirito ha guidato gli anziani Simeone e Anna, umili, nel tempio di Gerusalemme, e loro hanno riconosciuto in Gesù il Messia. «I miei occhi hanno visto la tua salvezza» – esclama Simeone – «salvezza preparata da [Dio] davanti a tutti i popoli» (Lc 2,30).

    Sì, Gesù è la salvezza per ogni persona e per ogni popolo!

    Noi Ti invochiamo, o Bambino Gesù.

    Tu sei il Cristo, il mio padre santo, il mio Dio misericordioso, il mio grande re.
    Sei il mio buon pastore, il mio unico maestro, il mio migliore aiuto.
    Sei il mio amore bellissimo, il mio pane vivo, il mio sacerdote per sempre.
    Sei la mia guida alla patria, la mia luce vera, la mia dolcezza santa.
    Sei la mia strada diritta, la mia fulgida sapienza, la mia limpida semplicità.
    Sei la mia concordia pacifica, la mia sicura protezione, la mia preziosa eredità, la mia salvezza eterna…
    Cristo Gesù, amabile Signore!
    Perché ho amato, perché ho bramato in tutta la mia vita altra cosa fuori di te, Gesù mio Dio?
    Dov’ero quando non pensavo a te? O voi tutti miei desideri, da questo momento ardete e confluite nel Signore Gesù. Correte, già troppo indugiaste!
    Affrettatevi verso il traguardo cui tendete, cercate davvero colui che cercate!
    O Gesù! Chi non ti ama sia anàtema!
    Chi non ti ama sia saziato di amarezze… Gesù dolce, ogni cuore buono e incline alle tue lodi ti ami, in te si diletti, di te si stupisca!
    Dio del mio cuore e mia eredità, Cristo Gesù!
    Venga meno il mio cuore dentro di me e sii tu a vivere in me.
    Si accenda nel mio spirito la brace viva del tuo amore, e divampi in un incendio!
    Arda sempre sull’altare del mio cuore, bruci nel mio intimo, avvampi le fibre più nascoste della mia anima.
    Nel giorno della mia morte sia trovato consumato dall’amore presso di te.Amen.

    O Bambino Gesù, degnati di accogliere la preghiera di quanti credono e sperano in Te; vieni presto a liberarci da questo nostro esilio, e riuniscici nel tuo regno glorioso, dove Tu vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.

    Novena di Natale, settimo giorno: Gesù Salvatore
    Il dipinto di oggi è: “Natività Mistica”, opera del pittore italiano Sandro Botticelli, 1500 circa, olio su tela, 108 x 75 cm, National Gallery, Londra

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  • Novena di Natale, sesto giorno: Gesù Redentore

    Novena di Natale, sesto giorno: Gesù Redentore

    Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima». (Lc. 2,33-35)

    Gesù è il “giorno” luminoso che è sorto all’orizzonte dell’umanità. Giorno di misericordia, nel quale Dio Padre ha rivelato all’umanità la sua immensa tenerezza. Giorno di luce che disperde le tenebre della paura e dell’angoscia. Giorno di pace, in cui diventa possibile incontrarsi, dialogare, e soprattutto riconciliarsi. Giorno di gioia: una «gioia grande» per i piccoli e gli umili, e per tutto il popolo (cfr Lc 2,10).

    Noi Ti invochiamo, o Bambino Gesù.

    Signore Gesù, siamo qui raccolti davanti a te:
    il successore del tuo apostolo Pietro e la Chiesa
    Tu sei il Figlio di Dio fatto uomo,
    da noi crocifisso e dal Padre risuscitato.
    Tu, il vivente, realmente presente in mezzo a noi.
    Tu, la via, la verità e la vita.
    Tu, che solo hai parole di vita eterna.
    Tu, l’unico fondamento della nostra salvezza
    e l’unico nome da invocare per avere speranza.
    Tu, l’immagine del Padre e il donatore dello Spirito.
    Tu, l’amore: l’amore non amato!
    Signore Gesù, noi crediamo in te,
    ti adoriamo, ti amiamo con tutto il nostro cuore,
    e proclamiamo il tuo nome al di sopra di ogni altro nome.
    Signore Gesù, donaci la pace,
    tu che sei la pace
    e nella tua croce hai vinto ogni divisione.
    E fa’ di noi veri operatori di pace e di giustizia:
    uomini e donne che si impegnano a costruire
    un mondo più giusto, più solidale e più fraterno.
    Signore Gesù, ritorna in mezzo a noi
    e rendici vigilanti nell’attesa della tua venuta. Amen.

    O Bambino Gesù, degnati di accogliere la preghiera di quanti credono e sperano in Te; vieni presto a liberarci da questo nostro esilio, e riuniscici nel tuo regno glorioso, dove Tu vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.

    Novena di Natale, sesto giorno: Gesù Redentore
    Il dipinto di oggi è: “L’Adorazione dei Pastori”, opera del pittore italiano Agnolo Bronzino, 1540 circa, olio su pannello di pioppo, 65.3 x 46.7 cm, Museo delle Belle Arti di Budapest

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