Tag: commento al Vangelo

  • Il primo comandamento? Uno solo, anzi due…

    Il primo comandamento? Uno solo, anzi due…

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28-34)

    In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
    Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
    Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
    Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
    E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Proseguono le “sfide” lanciate da scribi e farisei a Gesù dopo la cacciata dei mercanti dal Tempio. Abbiamo visto ieri la risposta di Cristo alla domanda trabocchetto posta dai sadducei. Lo scriba che qui si avvicina a Gesù, però, ha un atteggiamento diverso, non sembra sospettoso come i precedenti, si intravvede quasi un moto di stima.

    Lo scriba ama Dio: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza” (vv. 32-33). A differenza delle precedenti, la domanda di questo scriba, di cui non si conosce il nome, non è “costruita” ad arte; egli desidera davvero conoscere il parere del Maestro.

    Anche Gesù lo riconosce come interlocutore sincero; per la prima ed unica volta nei Vangeli lo vediamo elogiare uno scriba:  “Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal Regno di Dio»” (v. 34).

    Una nota che fa sorridere: avete notato l’altro elogio? Quello che lo scriba (l’allievo in questo caso) rivolge a Gesù chiamandolo Maestro? Eccola la distanza dal Regno di Dio. Questo scriba dovrà ancora rinunciare alla sua arroganza, alla pretesa di poter correggere anche il Figlio di Dio… prima di avere “le carte in regola” per entrare nel Regno.

    Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi” (Dt 6,1) sono le parole di Mosè riportate nel libro del Deuteronomio: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Dt 6,4-7).

    Gesù e lo scriba, su questo punto, sono d’accordo. Il primo e più grande dei comandamenti è amare Dio. Ma vorrei sottolineare un’altra cosa: la domanda dello scriba è: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” (v. 28). A questa domanda Gesù ha fornito due risposte, concatenate: “Il primo è…” (v. 29), poi ha subito aggiunto: “Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi” (v. 31).

    Una domanda, due risposte concatenate. Amare Dio ed amare il prossimo. Due comandamenti concatenati. L’uno (Amare Dio) implica l’altro (amare il prossimo). Gesù unisce in sé stesso, nella sua carne, la divinità e l’umanità, in un unico mistero d’amore. Papa Francesco, meditando questo episodio, ha osservato che Gesù ci permette di scorgere due volti: il volto del Padre e quello del fratello. Non ci consegna due formule o due precetti; ci consegna due volti, anzi un solo volto, quello di Dio che si riflette in tanti volti, perché nel volto di ogni fratello, specialmente il più piccolo, fragile, indifeso e bisognoso, è presente l’immagine stessa di Dio.

    Nella prima lettera di San Giovanni Apostolo troviamo una mirabile sintesi di quanto esposto: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (1Giovanni 4,20-21). Ecco che i due comandamenti di Gesù, sono legati uno all’altro!

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Mostra a tutti noi la strada per entrare nel Regno di Dio!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 :)Il primo comandamento? Uno solo, anzi due...

    Il dipinto di oggi è “La tentazione di Cristo”, opera di Tiziano Vecellio, 1516-1525, olio su pannello, 89 x 69 cm, Minneapolis Institute of Art, USA

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • Lo sai che anche tu risorgerai?

    Lo sai che anche tu risorgerai?

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,18-27)

    In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
    Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Certo che ce la mettevano proprio tutta… scribi, farisei, oggi i sadducei… arrivavano al punto di inventarsi situazioni paradossali, come questa, con il solo scopo di mettere in difficoltà Gesù. Poveri illusi, come potevano anche solo pensare di riuscirci?

    Ma chi erano i sadducei? Due sadducei tra i più influenti dell’epoca erano i sommi sacerdoti Caifa e Anna… sì, furono proprio loro a fare arrestare e condannare a morte Gesù! I sadducei  erano una corrente spirituale, ma anche una fazione politica favorevole al compromesso con i romani. Dal punto di vista spirituale, i sadducei erano piuttosto materialisti: negavano l’immortalità dell’anima e la risurrezione. Per loro premi e punizioni divine si realizzavano già in questo mondo, sulla terra e la morte era la fine di tutto…

    Che triste questa visione dei sadducei!  In netto contrasto con la Parola di Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita” (Gv 11,25) e ancora: “Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,40).

    Gesù annuncia che Abramo, Isacco e Giacobbe vivono in Dio: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per Lui” (Lc 20,34-38).

    Al buon ladrone Gesù promette: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Ma in Paradiso (finalmente!) ci libereremo della zavorra del peccato, della grettezza delle passioni carnali, ci libereremo dai dolori, dalle malattie, dalla soffrenza e dalla fatica che gravano il nostro corpo. Dobbiamo avere fiducia in questo: “Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1Cor 15,22) e ancora: “I morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità” (1Cor 15, 51-53).

    Non più dolore, non più fatica, ma solo amore. Questo è il destino di un buon cristiano. Creature di luce, saremo in pace ed in armonia. Che gioia! Contempleremo il Signore, fino a diventare una cosa sola con Lui. Come disse Gesù:Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi” (Gv 17,11). Saremo una cosa sola con Dio.

    Ma attenzione! NON CI SONO SCORCIATOIE! La strada per la Vita Eterna passa inevitabilmente per la Croce. E’ il peso che ci portiamo dietro a causa del peccato originale: “Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della Croce” (1Pt. 2,24). Non possiamo arrivare a quella beatitudine senza passare attraverso il dolore di questo mondo. Come scrive il Cardinal Ravasi: “il Figlio di Dio, attraverso il dolore e la morte, ha lasciato in essi un seme di divinità, di eternità. L’amore di Dio non ci protegge da ogni sofferenza ma ci sostiene in ogni sofferenza”.

    Così… la Vita Eterna, il Paradiso, attende i giusti: “i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13,43). E chi giusto non è? Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,28-29).

    Cari amici, le domande che vi propongo (e mi propongo) oggi sono: Come sarà la mia risurrezione? Una risurrezione per la gioia e la Vita Eterna, oppure per la condanna? Sono capace di rinunciare alle lusinghe ed alle seduzoni di satana, al male e al peccato su questa terra per poi riunirmi ai miei cari ed a Dio in cielo? E… su questa terra: la mia vita è “viva”, oppure permetto che “muoia” nella tristezza e nella rassegnazione?

    “Vivete, non vivacchiate” era il motto del Beato Pier Giorgio Frassati, e vivere e non vivacchiare è anche la ricetta per iniziare a costruire il corpo di luce  che avremo in Paradiso: “Si semina un corpo corruttibile e sorge incorruttibile; si semina ignobile e sorge glorioso; si semina debole e sorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale” (1Cor 15,42-44).

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Fai che, su questa terra, imparino ad amarsi e rispettarsi, così che, in quel giorno, come “una cosa sola” ci potremo riunire tutti in Te!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Il dipinto di oggi è

    Il dipinto di oggi è “Il trionfo del Cristianesimo sui pagani”, opera del pittore francese Gustave Doré, 1869, olio su tela, 300×201 cm, Art Gallery of Hamilton, Ontario, Canada

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • La pietra scartata è diventata la pietra d’angolo. Ma cosa vuol dire?

    La pietra scartata è diventata la pietra d’angolo. Ma cosa vuol dire?

     + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,1-12)

    In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
    «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
    Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?». E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Piantò… circondò… scavò… costruì… Quanta cura ha usato il Padrone della Vigna (Dio)! Non è un appezzamento qualunque, è un terreno bello, coltivato con amore, ogni particolare è stato preparato con la massima attenzione. Nulla è stato abbandonato al caso.

    Nella Bibbia, Il profeta Isaia, usa più o meno le stesse parole per descrivere la vigna (Israele) che, nonostante le cure del Padre, produce uva selvatica:

    “Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica” (Is 5,2).

    L’evangelista Marco ci dice che, dopo averla coltivata “La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano” (v. 1). Che cosa significa? Che Dio ci ha lasciati soli e se ne è andato? Certo che no! Dio non ci abbandona mai! E’ sempre accanto a noi, pronto a perdonarci, riabbracciarci e riaccoglierci, appena glielo chiediamo. Ma Dio ci ha concesso il libero arbitrio. Per questo ci lascia liberi di decidere se compiere il bene o il male. Senza interferire.

    Ma l’uomo è avido, corrotto, omicida ed ha sempre abusato di questa libertà. Fin dai tempi di Caino e Abele, quando il sangue iniziò a macchiare la nostra storia, la mano dell’uomo si è sostituita a Dio e l’uomo ha preteso di decidere chi potesse continuare a vivere e chi dovesse morire.

    Così i vignaioli perfidi bastonano, maltrattano, lapidano, uccidono i servi del Padrone. Il sangue dei profeti che sono venuti a parlare alla gente, il sangue del Figlio del Padrone, si mischia con il sangue di Abele: Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna” (v. 8).

    I vignaioli sono Israele, in particolare gli scribi ed i farisei: “I sommi sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo, crocifiggilo!” (Gv 19,6). I vignaioli siamo anche tutti noi. L’odio e il rifiuto, la violenza e l’assassinio, sono la moneta con la quale l’uomo ha ripagato il Padre, il Padrone della vigna, del suo amore verso la propria creatura. E’ Gesù stesso, il Figlio del Padrone. Il Padre lo ha mandato nella vigna.  Anche il Figlio, però, viene scacciato e gettato fuori, come una pietra scartata, per essere ucciso.

    Ma come dice il Salmo: “La pietra rifiutata dai costruttori è diventata la pietra principale. Questo è opera del Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi!” (Salmo 118, 22-23). Sta proprio nella Risurrezione di Gesù, dopo la sua morte in Croce, la nostra salvezza! Con la Risurrezione Gesù ha sconfitto la morte. Ha superato il limite più grande dell’uomo, ed ha dimostrato che la morte non è la fine di tutto: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.  Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). GRAZIE GESU’!

    Cari amici, le domande che vi propongo (e mi propongo) oggi sono forse un po’ dure… ma credo che ci farà bene cercare di rispondere: Io, dove mi pongo? Dentro o fuori la vigna? Faccio parte di chi si arroga il diritto di sfruttare il mondo, il lavoro malpagato, le risorse naturali, oppure mi impegno a conservare e custodire il creato e rispetto i miei fratelli? E… se fossi io quel servo che il Padrone invia nella sua vigna… ci andrei? Oppure fuggirei?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Custodiscili nel Tuo Amore, in modo tale che portino molti frutti nella Tua vigna.

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    La pietra scartata è diventata la pietra d'angolo. Ma cosa vuol dire?

    Il dipinto di oggi è “Gesù cade sulla via del Calvario”, opera del pittore italiano Raffaello Sanzio, 1517, olio su tela, 318×229 cm, Museo del Prado di Madrid

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • Vuoi saziarti anche tu, con la Parola di Gesù?

    Vuoi saziarti anche tu, con la Parola di Gesù?

    + Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,11-17)

    In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
    Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
    Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Quanto siamo piccini, amici miei! L’uomo è proprio nulla di fronte a Dio! Anche l’Apostolo che cammina sui passi di Gesù, è sempre troppo “piccolo” rispetto a Lui:

    Le folle hanno seguito Gesù, la gente ha sfidato il caldo e la sete camminando nel deserto pur di ascoltare la Sua Parola (e questo è bene!). Si fa sera e nei discepoli inizia a farsi strada una certa preoccupazione: chiedono a Gesù di congedare la folla perché vada nei paesi vicini a trovare cibo e alloggio (cfr Lc 9,12). Di fronte alla necessità della folla, la soluzione proposta dai discepoli è troppo comoda: “bene, grazie fratelli, è stato bello, ma ora… togliete il disturbo… ciascuno pensi per sè e vada a procurarsi un pezzo di pane nei paesi vicini… andiamo! Via!”. “Buona vita”. “Arrivederci”. Nulla di più lontano dalle idee di Gesù!

    Non è questa la volontà di Dio. Quella folla, senza mezzi e senza cibo, è la sua famiglia. Siamo noi quella folla! Dispersi nelle difficoltà della nostra vita, vaghiamo nei deserti delle nostre città, cercando qualcuno che ci tolga la fame causata dai nostri bisogni, delle nostre preoccupazioni. I nostri affanni quotidiani. E Gesù è qui, in mezzo a noi! Egli stesso ci offre ogni giorno il nutrimento della sua Parola! La Parola che ci rende liberi, la Parola che ci sfama e che ci disseta in eterno: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,37-38). “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51).

    Noi. La famiglia di Dio. E in famiglia cosa si fa? In famiglia si condivide il cibo insieme: “Voi stessi date loro da mangiare” (v. 13).

    I discepoli, però, proprio non sanno come fare: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente” (v. 13). Cinque pani d’orzo e due pesci… basterebbero a malapena per sfamare i dodici… appena appena! “Gesù! Non vorrai mica che ci priviamo di questo poco cibo che abbiamo per noi!”. Non hanno ancora capito.  Però si fidano…

    Ed ecco che, con la fiducia in Gesù, il Miracolo si compie! La condivisione. Il poco che – per mezzo della fede – diventa molto, anzi, sovrabbondante:  Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla” (v.16). Una bellissima anticipazione dell’Eucaristia! Quei cinque pani e quei due pesci, nelle mani di Gesù, bastano per sfamare tutta la folla. Cinquemila persone. Anzi, avanzano: “Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste” (v. 17).

    Sono proprio i discepoli, loro, come noi, piccini e smarriti di fronte all’incapacità ed alla scarsità dei pochi mezzi a disposizione, a far accomodare la gente e a distribuire – fidandosi della Parola di Gesù – i pani e pesci che sfamano la folla.

    Vedete, amici, quando manca Dio, la solidarietà (che pure è buona cosa…), da sola, può fare ben poco… Quante onlus, ong, arrancano e faticano ogni giorno per portare avanti scarsi risultati. Ma quando c’è fede! Oh, quando c’è la fede, anche una piccola cosa, come il sacrificio di cinque pani e due pesci, si può trasformare in una benedizione in grado di sfamare tutti! Bisogna avere fede nella Parola di Gesù.  Dio mai ci lascia soli, ma sempre cammina con noi. E premia i nostri sforzi. Il Signore coglie il nostro impegno, lo trasforma e lo moltiplica, rendendolo sufficiente per tutti. Anzi, sovrabbondante!

    Concludo con le parole di Papa Francesco: “Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, Lui si fa dono. E anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo e la morte. Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla”.

    Cari amici, le domande che vi propongo (e mi propongo) oggi sono: Come mi comporto davanti a un fratello in difficoltà? Lo congedo, affinchè vada presto lontano dalla mia vista, oppure condivido con lui il mio tempo, le mie risorse? E ancora: Credo nei miracoli? Nella necessità mia e dei fratelli mi affido alla Divina Provvidenza, oppure mi dispero e mi sconforto?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Saziali con la Tua Parola e dissetali alla Tua sorgente di Vita che zampilla per l’eternità!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Vuoi saziarti anche tu, con la Parola di Gesù?

    Il dipinto di oggi è “La Moltiplicazione dei pani e dei pesci”, opera del pittore italiano Bartolomeo Litterini,  olio su tela, 1621, Chiesa di San Pietro Martire a Murano, Venezia

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • E tu, cosa risponderesti a Gesù?

    E tu, cosa risponderesti a Gesù?

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 11,27-33)

    In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
    Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
    Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
    E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Giovanni il Battista e Gesù erano più che cugini, perchè accomunati da un legame divino, ancora prima che venissero alla luce, ancora prima del loro concepimento, quando L’Arcangelo Gabriele Annuziò a Zaccaria e alla Beatissima Vergine Maria i due felici eventi. Da sempre, queste nascite, erano nei disegni di Dio. Chissà quali e quante soprendenti meraviglie ha in serbo per noi il Signore, anche in questo momento!

    Giovanni, fu “mandato da Dio per rendere testimonianza alla luce” (cfr Gv 1,6-7).

    Gesù era “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).

    Giovanni era come l’aurora; Gesù come la luce splendente del sole.

    Giovanni era la voce; Gesù la Parola.

    Giovanni era “colui che prepara la via” (cfr Mt 11,9-10); Gesù è “la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14-6).

    Anche gli anziani e gli scribi, che pure vorrebbero, nel loro delirio di onnipotenza, negare la divinità di Cristo, sono titubanti davanti alla figura di San Giovanni Battista:  “Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta” (vv. 31,32).

    Poveri scribi! Poveri anziani! Non riescono ad ascoltare la voce che parla, anche nel loro indurito cuore… no, proprio non ci riescono! Mossi da logiche opportunistiche cercano soltanto i loro interessi. Non riescono a trovare una risposta che soddisfi i loro fini. E allora… scelgono di non scegliere, di non rispondere. La scelta peggiore: Non lo sappiamo” (v. 33).

    Poveri loro: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15-16). Con la loro risposta scribi ed anziani hanno “chiuso la porta” a Cristo. E’ più facile convertire un grande peccatore, piuttosto che un’anima tiepida: costoro conoscono le scritture, sanno che il Messia deve venire, lo hanno davanti, eppure lo negano con forza!

    Essi hanno letto le parole del profeta Malachia, scritte cinque secoli prima: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate” (Malachia 3,1)…

    Hanno mandato a memoria le parole che il profeta Isaia pronunciò sette secoli prima:

    “Una voce grida:
    «Nel deserto preparate
    la via al Signore,
    appianate nella steppa
    la strada per il nostro Dio.
     Ogni valle sia colmata,
    ogni monte e colle siano abbassati;
    il terreno accidentato si trasformi in piano
    e quello scosceso in pianura.
    Allora si rivelerà la gloria del Signore
    e ogni uomo la vedrà,
    poiché la bocca del Signore ha parlato»”.
    (Isaia 40, 3-5)

    …Eppure non riconoscono il Battista. Negano addirittura Gesù! hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Dotti e sapienti non comprendono o non vogliono comprendere, ma il popolo sì: “temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta” (v. 32).

    Scribi e farisei danno più importanza alla “lettera” che alla Parola. Nei secoli hanno trasformato i dieci comandamenti, segno dell’amore di Dio per il suo popolo, in un insieme di centinaia di precetti estremamente difficili da osservare nel loro insieme. Hanno soffocato la Parola scritta, ed ora vorrebbero sopprimere la Parola Vivente.

    Giovanni Battista è quell’Elia: “Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro” (Mt 17,12). I destini di Gesù e Giovanni il Battista sono accomunati… da quel primo sussulto nel grembo fino alla morte per mano dell’uomo: “Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il Regno dei Cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt 11,12).

    Che uomo questo Giovanni! Nei nostri tempi in cui vale la legge del “solo io e niente Dio” ci farà davvero bene pensare alle sue parole: Bisogna che Egli cresca, e che io diminuisca” (Gv 3,30)!

    Cari amici, le domande che vi propongo (e mi propongo) oggi sono: E’ aperta, per Gesù, la porta del mio cuore? Quanto sono disposto a “diminuirmi” per fare spazio a Gesù? E ancora: Quanto c’è del fariseo in me? Mi capita di portare avanti delle discussioni, sapendo di non avere ragione, soltanto per non “perdere la faccia”? 

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Sorprendili sempre con il Tuo amore!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    E tu, cosa risponderesti a Gesù?

    Il dipinto di oggi è “il Battesimo di Cristo”, opera di pittore anonimo tedesco noto come “Maestro dell’Altare di san Bartolomeo”, 1485/1500 circa, olio su pannello, 104.3 × 169.7 cm, National Gallery of Art, Washington

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • Conosci la “buona” rabbia di Gesù?

    Conosci la “buona” rabbia di Gesù?

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 11,11-25)

    [Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
    La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono.
    Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto:
    “La mia casa sarà chiamata
    casa di preghiera per tutte le nazioni”?
    Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
    Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.
    La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Eh sì! Anche Gesù si è arrabbiato! E lo ha fatto… “di brutto” come direbbe un giovane di oggi… Sì, Gesù si è arrabbiato ed indignato, ma non di quella “falsa rabbia” che vediamo spesso sui social network o nei talk show in TV… dove sedicenti opinionisti e politici opportunisti non perdono occasione per insultarsi e scagliarsi l’uno contro l’altro! No amici, la “rabbia” di Gesù era ben altra cosa!

    La “rabbia” di Gesù (che poi vera e propria “rabbia” non era, ma piuttosto “giusta indignazione”) non è mai indirizzata contro una persona, ma contro un atteggiamento, un peccato dettato dal demonio, come l’avidità. Gesù non se la prende direttamente con i mercanti e con i cambiamonete, ma con la consuetudine, la cattiva abitudine, che ha permesso che queste attività venissero esercitate nel Tempio, la casa di Dio.

    Il demonio, sì, proprio lui, ha fatto in modo che il denaro, “lo sterco del diavolo” penetrasse nei luoghi più sacri. “Infatti l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori“. (1 Timoteo 6,10). Sì, non è tanto il denaro di per sè il colpevole. Si condanna il peccato, ma non il peccatore. E’ lecito essere ricchi, purchè le ricchezze vengano bene impiegate. Ma è da condannare severamente qull’atteggiamento egoistico che il demonio ispira un po’ in tutti noi: la smodata avidità, il desiderio di accaparrare continuamente beni e ricchezze. C’è qualcosa nell’atteggiamento di amore verso il denaro (sentimento di idolatria ispirato dal demonio) che ci allontana da Dio.

    L’idolatria per il denaro, i soldi messi al primo posto nella vita, ragionare con le tasche e non con il cuore… sono tutti atteggiamenti che possono condurre pian piano in una spirale di perdizione il cui punto di arrivo è uno solo: l’inferno. Prima sulla terra, e poi quello della dannazione eterna.

    Sulla terra… perchè l’idolatria per il denaro è all’origine di tutti i conflitti che hanno causato morte e distruzione. L’uomo, a causa della cupidigia per le ricchezze, è pronto anche ad uccidere i propri fratelli. Eh sì… il demonio paga con (poco) denaro il prezzo della nostra anima: Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo” (Mt 26,14-16).

    Cari amici, ecco le domande di oggi: E noi? quante volte tradiamo Gesù nel nostro cuore? Ciascuno di noi si interroghi nel più profondo e si chieda: qual’è il prezzo della mia anima?

    Gesù si è “arrabbiato”. Sì, ma si è “arrabbiato” con il demonio, che corrompe le nostre anime, non con noi. Rileggiamo un istante le ultime righe del brano di oggi: “Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe” (v. 25). La “rabbia” di Gesù è rabbia buona, è la giusta severità di un educatore che guida i propri figli sulla via del bene.

    Non c’è bisogno di mercanti dentro al tempio. I mercanti vendevano colombe ed ogni sorta di altro animale da sacrificare al Signore. Ma Dio non ci chiede più sacrifici, anzi: E’ Lui che si sacrifica per noi! Dio non si compra e non si vende. Non c’è bisogno di denaro, non servono i cambiamonete.

    Vorrei lasciarvi con questo pensiero: amici cari, sforziamoci di non ragionare con il portafogli, ma… con il cuore e soprattutto cerchiamo di fare spazio nel nostro cuore buttando fuori tutti quei mercanti e cambiamonete che vi abitano ora e che si agitano per farci scegliere sempre la strada sbagliata, la via dell’avidità, la via dell’avarizia. Purifichiamo il nostro cuore, facciamo spazio a Gesù, facciamo spazio all’amore!

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Conosci la

    Il dipinto di oggi è “Cristo scaccia i mercanti dal tempio”, del pittore italiano Luca Giordano, 1670 circa, olio su tela, 198×261 cm, State Hermitage Museum, San Pietroburgo.

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • Come stanno gli occhi della tua fede?

    Come stanno gli occhi della tua fede?

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,46-52)

    In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
    Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    La guarigione di Bartimeo è l’ultimo dei miracoli che ci presenta l’evangelista Marco prima della Passione di Gesù.  Sulla via che collega Gerico a Gerusalemme, la stessa strada dove è ambientata la parabola del buon samaritano, Gesù incontra il cieco Bartimeo. Un altro incontro famoso è ambientato sempre a Gerico: quello con Zaccheo. Questa è proprio una via di incontri sorprendenti…

    Ieri abbiamo visto la “cecità” di Giacomo e Giovanni, gli Apostoli di Gesù, figli di Zebedèo. I due discepoli sono affetti da una cecità spirituale: Gesù ha predetto loro chiaramente gli eventi della Passione, dalla cattura alla morte in Croce ed anche la successiva Resurrezione. Ma loro, accecati dalla brama di primeggiare, non hanno capito nulla. Sono preoccupati soltanto di riuscire ad ottenere i “posti migliori” uno alla destra e l’altro alla sinistra di Gesù. “Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?” (Mc 8,18).

    Oggi abbiamo davanti un cieco vero:il figlio di Timèo, Bartimèo” (v. 46). In Aramaico, la lingua di Gesù, il prefisso Bar significa “figlio di”, quindi il nome Bar-Timèo significa proprio: figlio di Timèo. L’evangelista  sembra voler attirare la nostra attenzione con questa “ripetizione”. C’è di più: Timèo in greco significa: onore. Dopo l’episodio dei figli di Zebedèo, accecati dallo smisurato desiderio di vani “onori”, il figlio di Timeo, “onore” appunto, si rivolge a Gesù chiamandolo ripetutamente: figlio di Davide. Che dire? La cecità spirituale è contagiosa! Bartimeo sembrerebbe non riconoscere Gesù come figlio di Dio, ma soltanto come figlio di Davide. Il Re dei Cieli è confuso con un re “del mondo”.

    Davide sì, era “quel re” al quale si tributano onori, quello alla cui destra stanno gli ufficiali più alti in grado. E’ un po’ l’idea del re mondano che avevano Giacomo e Giovanni nel brano di ieri. I due episodi sono strettamente collegati. Ricordate la domanda che Gesù rivolse agli Apostoli: “Che cosa volete che io faccia per voi?” (Mc 10,36). Qui abbiamo: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” (v. 51).

    A questo punto accade qualcosa: Bartimèo risponde alla domanda di Gesù chiamandolo Rabbunì, che significa Maestro (Gv 20,16). L’evangelista Matteo ci dice però che il titolo di Rabbunì poteva essere usato solo per Dio (cfr.  Mt 23,1-10). Dunque qui il figlio di Timèo ha già iniziato a vedere qualcosa… se non altro con gli occhi del cuore: “Rabbunì, che io veda di nuovo!” (v. 51) e Gesù rispose: “Va’, la tua fede ti ha salvato” (v.52). Sì la sua fede lo ha salvato.

    Gesù non ha compiuto nessun gesto esteriore particolare. Non ha applicato il fango sugli occhi di Bartimèo (cfr. Gv 9,6). In realtà è la ritrovata fede del figlio di Timèo ad averlo guarito. Gesù gli ha aperto gli occhi della fede e lui ha riconosciuto il Figlio di Dio. Questo lo ha salvato.

    E…sì! Con gli occhi della fede Bartimèo ci vedeva proprio bene! Non ha perso tempo a guardare il mondo, le cose materiali che gli stavano attorno, ma ha deciso di seguire Cristo: “E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” (v. 52). Com’è bello, amici stare con Gesù! Le altre cose non contano più nulla!

    Nada te turbe, nada te espante:
    quien a Dios tiene nada le falta.
    Nada te turbe, nada te espante.
    Solo Dios basta“.

    E’ uno dei canti più belli della comunità ecumenica di Taizé e riprende il pensiero di santa Teresa d’Avila: “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi: a chi ha Dio nulla gli manca. Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Solo Dio basta“. Ed è proprio così! Solo Dio basta!

    Cari amici, ecco le domande di oggi: Come stanno le mie diottrie? Ci vedo bene con gli occhi della fede? Sono capace di non farmi accecare dalle cose materiali e ricercare sempre i beni spirituali (quelli che non si consumano)? Chi è per me Gesù: il figlio di Davide o il figlio di Dio? E… cosa vorrei chiedere io a Gesù se mi dicesse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” ?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Apri a loro gli occhi del cuore!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Come stanno gli occhi della tua fede?

    Il dipinto di oggi è “La guarigione del cieco”, del pittore danese Carl Heinrich Bloch, 1871, olio su rame, 97×86 cm, Frederiksborg Castle, Hillerød, Danimarca

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • Vuoi stare anche tu alla destra di Gesù?

    Vuoi stare anche tu alla destra di Gesù?

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,32-45)

    In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
    Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Essere al primo posto… la brama di primeggiare ha contagiato anche i due figli di Zebedèo:  “Voi non sapete quello che chiedete” (v. 38). Eh, no, non sanno quello che stanno chiedendo!

    Essere alla destra e alla sinistra di Cristo… non vuol forse dire prendere il posto dei due ladroni, accanto a Gesù sulla Croce? Certo, Gesù al suo ingresso in Gerusalemme verrà osannato, accolto come un re, ma il venerdì verrà catturato: “il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà” (vv. 33-34). La volontà di emergere ha accecato gli Apostoli.

    Il Regno di Cristo “non è di questo mondo” (Gv 18,36) i re della terra si “innalzano” con il proprio ego smisurato; Cristo verrà innalzato sulla Croce. I re della terra indossano sontuose corone dorate; il simbolo della regalità di Cristo sarà corona di spine. I re della terra sono circondati da eserciti, carri, cavalli; l’esercito di Cristo è composto dai poveri, dai ciechi che hanno ricuperato la vista, dagli storpi che camminano, dai lebbrosi guariti, dai sordi che hanno riacquistano l’udito… (cfr. Mt 11,5). I re della terra hanno uno stuolo di servitori; Cristo si è inginocchiato e, cinti i fianchi con un asciugamano, ha preso un catino ed ha lavato i piedi ai propri discepoli.

    ll Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (v. 45). Ecco la vera immagine di Dio: no, non è un Dio servito dagli uomini, ma un Dio che si è fatto uomo, per servire gli uomini. Un Dio umile, un Dio che ama e rispetta la sua creatura, fino al punto di farsi deridere, torturare, uccidere per lei. Nulla è più grande dell’Amore di Dio: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

    Certo, anche noi, come Giacomo e Giovanni, siamo tentati talvolta di dire: “Lo possiamo” (v. 39). Ma bere il calice di Gesù… “il calice della sofferenza” è davvero cosa difficile. Lo stesso Gesù, nel Getsemani, sarà tentato di allontanare da sé quel calice: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice!” (Mc 14,36). I due figli di Zebedeo capiranno solo più tardi cosa significa davvero bere questo calice fino in fondo.

    Gesù, con un atto estremo d’amore, salverà il mondo: darà la sua vita per noi, per i nostri peccati, per permetterci di ricongiungerci a Lui, con il Padre. Giacomo e Giovanni credono di meritare “il primo posto” pensano di avere guadagnato il privilegio di stare alla destra ed alla sinistra di Gesù. Si sentono gli anziani della comunità, credono di avere maturato il diritto di essere i primi nel Regno. Probabilmente, anzi, sicuramente ora saranno accanto a Gesù in Paradiso, ma quel venerdì alla destra di Gesù… ci sarà un altro: il buon ladrone. Lui sì, ha compiuto un atto di fede. Il buon ladrone ha chiuso con il passato. Non gli interessa più il denaro. Vuole soltanto entrare nel Regno dei Cieli: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno“. Gesù gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso” (Lc 23,43). Proprio lui, il malfattore pentito, sarà il primo ad entrare in Paradiso con Gesù. Lui non ha chiesto gloria ed onore, ma solo di restare nell’amore di Gesù. Ed è stato premiato.

    Per entrare in Paradiso, amici miei, dobbiamo disfarci dal pesante bagaglio di orgoglio che ci portiamo dietro. Dobbiamo purificarci dalla superbia. Sant’Agostino scrisse: “Ogni fortezza trovasi nell’umiltà, mentre ogni superbia è fragile“. Sì, è fragile la superbia, ce lo ricorda anche San Paolo: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso” (Fil 2,3). Termino proprio con questi versi dell’Apostolo delle genti:

    Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
    egli, pur essendo nella condizione di Dio,
    non ritenne un privilegio
    l’essere come Dio,
    ma svuotò se stesso
    assumendo una condizione di servo,
    diventando simile agli uomini” (Fil 2, 5-7).

    Cari amici, ecco le domande di oggi: Come mi vedo io? Mi pare di essere pronto a bere il calice di Gesù… o forse, riconosco anch’io, come il buon ladrone, di non meritare la salvezza, ma la accetto ugualmente da Gesù, che me la offre?

    Come mi comporto con gli amici ed i colleghi? Cerco sempre “un posto speciale” oppure mi accontento di collaborare con amicizia e spirito di servizio?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Stai sempre, ti prego, al loro fianco con il tuo inifinto amore.

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Il dipinto di oggi è "Cristo trasporta la Croce", del pittore italiano Lorenzo Lotto, 1526, olio su tela, 66×60 cm, Museo del Louvre, Parigi

    Il dipinto di oggi è “Cristo trasporta la Croce”, del pittore italiano Lorenzo Lotto, 1526, olio su tela, 66×60 cm, Museo del Louvre, Parigi

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!

  • Hai paura della tua croce? Ecco come farla diventare più leggera…

    Hai paura della tua croce? Ecco come farla diventare più leggera…

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,28-31)

    In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Che sapore dolce-amaro hanno queste parole di Gesù! Dolce come il premio: chi si abbandona alla sequela di Cristo riceve “già ora, in questo tempo, cento volte tanto…” (v. 30)… amaro come la sofferenza: “insieme a persecuzioni” (v. 30).

    “Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele»” (Ap. 10,9). Sono le parole di San Giovanni Evangelista, riportate nell’Apocalisse. Un libro, la Parola di Dio, che viene mangiato… delizia il palato e scuote le viscere. Un concetto che troviamo anche nel libro del profeta Ezechiele: “Figlio d’uomo, nùtriti il ventre e riempiti le viscere di questo rotolo [il libro] che ti do. Io lo mangiai, e in bocca mi fu dolce come del miele. Va’, recati alla casa d’Israele, e riferisci loro le mie parole” (cfr. Ezechiele 2,8-3,15). Esperienza condivisa anche dal profeta Geremia: “Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, o Signore” (Geremia 15,16).

    Verbum caro factum est. La Parola che si fa carne. Grazie al magnifico sì di Maria, il Verbo si è fatto carne. Gesù, il Figlio di Dio, è venuto in mezzo a noi per donarci, insieme alla sua vita, la salvezza. Allo stesso modo il Signore chiede ai profeti ed all’evangelista Giovanni, di cibarsi della Sua Parola.

    Se vogliamo vivere da veri cristiani, se vogliamo compiere la missione che Dio ci ha affidato: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15) anche noi dobbiamo nutrirci della Parola di Dio. Non basta leggerla, no! Dobbiamo cibarcene, mangiarla, divorarla, farla diventare un pezzo di noi. Farla vivere in noi. Prestare la nostra vita alla Parola. Solo quando la Parola sarà dentro di noi, parte di noi, allora potremo portare a termine il nostro compito. Mangiare la Parola, bere la Parola, respirare la Parola. Come scrive San Paolo: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20).

    L’uomo non può fare a meno del cibo. Senza mangiare diventiamo deboli, ci ammaliamo. Mi piace molto un passo del Libro dei Re, dove troviamo il profeta Elia che si trova nel deserto; affamato, stanco e scoraggiato, si accascia senza forze sotto ad una ginestra e desidera morire. Dio gli manderà un angelo per nutrirlo: “Forza! Alzati e mangia, perché è troppo lungo per te il cammino. Si alzò, mangiò e bevve” (1Re 19,7-8). Con la forza di quel cibo riprese a camminare. Così è anche lo spirito. Il Cristiano deve nutrirsi continuamente della Parola di Dio.

    La Parola di Dio è dolce al palato. E’ bello leggere la Bibbia, il Vangelo, le lettere e gli Atti degli Apostoli. Ci possiamo trovare dentro ogni situazione. E, proprio questa Parola, ci potrà aiutare a venire fuori dalle situazioni più intricate della nostra vita.

    Ma la vita dei cristiani non è sempre facile: ti riempirà di amarezza le viscere…“.  In Medio Oriente e, purtroppo, in molti altri paesi del mondo, professarsi cristiani è un pericolo per la stessa vita. Ma anche qui, nella nostra “civilissima” Europa, il cristiano talvolta diventa vittima di pregiudizi e bersaglio di scherno. In Francia ed in altri paesi del nord ci sono leggi che limitano addirittura il diritto di indossare una croce al collo. Gesù disse ai suoi discepoli: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me […] Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia Parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome…” (cfr Gv 15,18-21 e Gv 16,1-4).

    Cristo in Croce ha dato la vita per noi. Anche a noi, piccoli discepoli di Gesù, qualche volta spetta una piccola croce. Le fatiche e le difficoltà sul lavoro, una malattia, i problemi della famiglia, sono piccole croci che siamo chiamati a portare, con la dignità che ci ha mostrato Gesù, sul nostro Calvario personale. Ma ricordiamo, amici, che se per qualche momento la nostra croce diventerà pesante, per noi ci sarà sempre un “cireneo” pronto ad aiutarci. E questo “cireneo” è proprio Gesù. Quando siamo sconfortati, sfiduciati, ricordiamo che Gesù è qui, con noi. Soffre con noi e ci aiuta a risollevarci. Sempre.

    Cari amici, ecco le domande di oggi: Come vivo la mia Croce? Cerco di evitarla, oppure la porto con dignità? Del Vangelo cerco solo il “miele”, oppure sono pronto anche ad accettare “l’amaro”? E… quando cado sotto il peso della mia croce perdo la speranza… o sono consapevole che dopo la croce arriva la Risurrezione?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Aiutali a portare la loro croce e fa’ che per loro sia sempre dolce la Tua Parola.

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Hai paura della tua croce? Ecco come farla diventare più leggera...

    Il dipinto di oggi è “Gesù e il cireneo”, del pittore italiano Tiziano Vecellio, 1565 circa, olio su tela, 98×116 cm,  Museo del Prado, Madrid

    Alessandro Ginotta

    Sostieni labuonaparola.it


    Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.

    Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!