Tag: comunicazione

  • Perché Gesù pregava?

    Perché Gesù pregava?

    Se Gesù è il Figlio di Dio e, in quanto Persona della Santissima Trinità, è parte di Dio e Dio stesso, perché deve pregare?

    Il mio in(solito) commento a:
    Comandami di venire verso di te sulle acque (Matteo 14,22-33)

    Ho commentato questo stesso passo di Vangelo pochi giorni fa (https://www.labuonaparola.it/come-vincere-la-paura/) ma, come spesso accade, uno stesso passo può colpire ora per una parola, ora per un’altra parte. Ed oggi sono rimasto a riflettere sul secondo versetto: “Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo” (v. 23). Spesso nei Vangeli incontriamo Gesù nell’atto di pregare. Citerò ad esempio il momento del Battesimo “ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì” (Luca 3,21); dopo aver guarito la suocera di Pietro “Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Marco 1,35); dopo aver parlato alle folle e guarito molte persone “Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Luca 5,16); prima di scegliere i dodici apostoli “In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio” (Luca 6,12); durante la Trasfigurazione “Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” (cfr. Luca 9,31); al ritorno dei settantadue discepoli: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (cfr. Luca 10,21); durante l’Ultima Cena “prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (Marco 14,22); la lunga preghiera riportata dall’evangelista San Giovanni prima della cattura di Gesù: “poi alzò gli occhi al cielo e disse: “Padre, l’ora è venuta; glorifica il Figlio tuo, affinché anche il tuo Figlio glorifichi te…” (cfr. Giovanni 17,1-13); e ancora sulla stessa croce: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34); e ancora: “«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò” (Luca 23,46).

    Ma perché Gesù prega? Non è Lui stesso Dio? Non è Lui stesso una delle tre Persone della Santissima Trinità? Qui entriamo in un mistero sul quale potremmo scrivere biblioteche intere senza riuscire a sviscerarlo completamente. Tre Persone diverse coesistono in un unico Dio trinitario: il Padre Creatore, il Figlio Salvatore, lo Spirito Santo Consolatore. L’evangelista San Matteo, parlando della Parusia scrive: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Matteo 24,36). Nel grande mistero di Dio le tre Persone, pur essendo un solo Dio, conservano ruoli distinti. Ogni volta che provo ad immaginare la Santissima Trinità visualizzo nella mia mente tre sfere luminose che pulsano contornate da un unico grande alone di luce. Il pulsare è il “comunicare”, perché queste tre Persone comunicano costantemente fra di loro: sono costantemente in contatto, come se si fondessero e si dividessero. Ti dirò di più: in ogni istante sono tre Persone distinte e contemporaneamente un unico Dio. Come le sfere, nella mia immaginazione, comunicano, in qualche modo Padre, Figlio e Spirito Santo dialogano costantemente tra di loro. Il Catechismo della Chiesa Cattolica scrive: «Lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre e, per il dono eterno che il Padre ne fa al Figlio, procede dal Padre e dal Figlio in comunione» (N. 264). D’altra parte lo stesso prefazio della Santissima Trinità recita: “Con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo Signore,
    non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza
    “.

    La preghiera è il nostro modo di comunicare con Dio, così come le tre Persone della Santissima Trinità comunicano tra di loro (a questo argomento nel mio ultimo libro “Sorprendersi con Dio” ho dedicato un intero capitolo). Dunque è normale che Gesù, Figlio di Dio, comunichi con il Padre attraverso la preghiera. D’altra parte lo stesso Gesù ci ha insegnato la preghiera che tutti noi utilizziamo quotidianamente: “Voi dunque pregate così: Padre Nostro che sei nei cieli…” (cfr. Matteo 6, 7-15).

    Scrive San Giovanni Crisostomo: “La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno. Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo. La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo” (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466).

    #Santanotte. La preghiera apra per te le porte di quella fede che può diventare così intensa da renderti capace di spostare anche le montagne (o, nel caso del Vangelo di oggi, di camminare sulle acque verso Cristo). Nulla è impossibile a Dio (e a te, attraverso la fede che avrai in Lui).

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Trinità del cielo e Trinità della terra” del pittore Andrés López, XVIII sec., olio su rame, 332x360cm, Museo Nacional de Arte, Città del Messico

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  • La cultura della pace nasce dalla buona comunicazione

    La cultura della pace nasce dalla buona comunicazione

    All’Università Europea di Roma si è concluso il quinto anno di attività del Laboratorio di comunicazione “Non sei un nemico!”, fondato e diretto dal giornalista Carlo Climati.

    L’obiettivo del Laboratorio è quello di sensibilizzare i giovani ad una nuova forma di comunicazione, che non veda nell’altro un nemico e che sia basata sul dialogo e su una serena accoglienza dell’altro.

    Il Laboratorio, teorico e pratico, fa parte delle attività di responsabilità sociale dell’Università Europea di Roma. Esplora le diverse forme di comunicazione del mondo di oggi: dal giornalismo ai social network, dalla musica alla radio, dalla televisione ai fumetti.“Non sei un nemico!” è il motto, l’idea di base del Laboratorio. I giovani sono incoraggiati a vedere gli altri con uno sguardo nuovo, a creare linguaggi che possano rappresentare un ponte verso tutti, contribuendo all’abbattimento di muri, ostacoli, sospetti e diffidenze.

    “Il primo passo verso un’autentica cultura di pace è la buona comunicazione”, ha spiegato Carlo Climati. “Ogni giorno avviciniamo persone nuove, che provengono da mondi diversi. Possiamo cogliere questa bella opportunità cercando di seguire l’invito di Papa Francesco a vivere la cultura dell’incontro e dell’accoglienza”.

    “Un buon uso dei media può contribuire a creare solidarietà, unità, dialogo e reciproco ascolto”, ha concluso Climati. “Questo ci aiuterà a guardare al futuro con fiducia, perché saremo comunicatori di pace e di speranza”.

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  • Strade nuove per dialogare ed accogliere

    Strade nuove per dialogare ed accogliere

    Si è concluso il quarto anno del Laboratorio di Comunicazione “Non sei un nemico!”

    Si è concluso all’Università Europea di Roma il quarto anno di attività del Laboratorio di comunicazione “Non sei un nemico!”, fondato e diretto dal giornalista Carlo Climati.

    “Non sei un nemico!” è il motto, l’idea di base del Laboratorio, che ha l’obiettivo di sensibilizzare i giovani ad una nuova forma di comunicazione, che non veda nell’altro un nemico.

    Gli studenti sono incoraggiati a vedere gli altri con uno sguardo nuovo e a creare linguaggi che possano rappresentare un ponte verso tutti, contribuendo all’accoglienza e all’abbattimento di muri, ostacoli, sospetti e diffidenze.

    “Papa Francesco ci invita a vivere la cultura dell’incontro”, ha detto Carlo Climati. “Questo è un messaggio molto importante, che tutti possiamo mettere in pratica attraverso i piccoli gesti della vita quotidiana. Oggi, purtroppo, è facile cadere in una comunicazione superficiale, alimentata da pregiudizi e luoghi comuni. Il Laboratorio “Non sei un nemico!”, attraverso testimonianze concrete, ha cercato di mostrare ai giovani che esiste un mondo bellissimo, silenzioso, fatto di costruttori di pace e di dialogo, che sembra quasi non fare notizia. Abbiamo bisogno di strade e di percorsi comunicativi nuovi, che possano evidenziare la bellezza dell’amicizia nella diversità e generare solidarietà e fiducia negli altri”.

    Anche quest’anno il Laboratorio ha esplorato le diverse forme di comunicazione del mondo di oggi: dal giornalismo ai social network, dalla musica alla radio, dalla televisione ai fumetti, dalle relazioni virtuali al dialogo nella vita quotidiana.

    Tra gli altri argomenti trattati: Papa Francesco e la cultura dell’incontro, il dialogo interreligioso, l’amicizia nella diversità, l’accoglienza degli immigrati, l’Islam religione di pace, gli invisibili nella società di oggi e il genocidio armeno.

    Le attività del Laboratorio “Non sei un nemico!” riprenderanno ad ottobre 2017, con il nuovo anno accademico dell’Università Europea di Roma.

     

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