Tag: egosimo

  • Lascia entrare Gesù nel tuo cuore

    Lascia entrare Gesù nel tuo cuore

    La vedi quella vigna? Vieni con me, voglio presentarti il suo proprietario. È un uomo anziano, con le mani segnate dalla fatica e il cuore colmo d’amore per ogni pietra, ogni filo d’erba, ogni tralcio che cresce lì dentro

    Il mio in(solito) commento a:
    Costui è l’erede. Su, uccidiamolo! (Matteo 21,33-43.45)

    Ogni germoglio ha la sua storia, e lui le conosce tutte, perché ha lavorato senza sosta per preparare il terreno, nutrirlo, irrigarlo, piantare ogni vite. Poi ha acquistato un torchio, deciso a ricavarne il miglior vino. E per proteggere la sua vigna, ha costruito un muro e una torre di pietra. Era il suo tesoro. Eppure, quando dovette partire per un lungo viaggio, decise di affidarla ad alcuni contadini. Si fidava di loro. Gli stava lasciando qualcosa di immensamente prezioso.

    Il tempo passò, la vendemmia arrivò. Il padrone mandò i suoi servi a raccogliere la parte di uva che gli spettava. Ma qualcosa era cambiato nel cuore di quei contadini. L’avidità? Il desiderio di possesso? Qualunque cosa fosse, li aveva accecati.

    Quando i servi arrivarono, li accolsero con bastonate. Il padrone ne mandò altri, ma il risultato fu ancora più tragico: alcuni vennero uccisi.

    Eppure lui non voleva arrendersi. Continuava a sperare. Forse un errore, un malinteso… Così inviò suo figlio. “Lo rispetteranno” – pensava. Ma i contadini, vedendolo, si scambiarono uno sguardo complice: “Ecco l’erede! Uccidiamolo e la vigna sarà nostra!” Lo catturarono, lo trascinarono fuori e lo assassinarono.

    Fa male, vero? Fidarsi e venire traditi. Consegnare qualcosa di prezioso nelle mani sbagliate. Eppure, lascia che ti dica qualcosa che non ti aspetti, qualcosa che forse ti sconvolgerà: quei vignaioli siamo noi!

    Sì, perché anche noi, ogni giorno, uccidiamo il Figlio di Dio: lo uccidiamo quando lo dimentichiamo. Lo assassiniamo quando scegliamo il male invece del bene. Lo ammazziamo quando lasciamo che la nostra indifferenza spenga il nostro amore. E così la storia si ripete. Gesù è lì, davanti alla folla. Pilato prova a difenderlo: “Non trovo in lui nessuna colpa”. Ma la folla urla: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!” (Giovanni 19,4-7)

    Di nuovo, quella folla non è solo un gruppo di persone di duemila anni fa: siamo noi! Siamo noi ogni volta che scegliamo di voltargli le spalle. Siamo noi quando rinneghiamo la nostra fede per paura del giudizio altrui. Siamo noi quando chiudiamo gli occhi di fronte alla sofferenza. Siamo noi a mettere la croce sulle sue spalle. Siamo noi che, per trenta monete d’argento – che oggi si chiamano egoismo, superficialità, indifferenza – lo tradiamo, lo vendiamo, lo condanniamo. E poi? Poi facciamo rotolare un masso sulla sua tomba, convinti che tutto sia finito. Ma ecco la verità: non finisce così! Perché un masso, anche il più pesante, non potrà fermare Dio.

    Dio lo sa: anche nel cuore più duro una scintilla di luce riesce sempre a entrare. Anche chi ha sbagliato mille volte può rialzarsi. Anche chi si sente perso può tornare a casa. Lui non si stanca mai di tenderci la mano. Sì, perché Gesù risorge, perfino dentro di noi. Anche nel buio del nostro egoismo, nel freddo della nostra indifferenza, Gesù si alza da quel letto di pietra, depone il suo sudario e compie un miracolo nella sua luce sfolgorante: rischiara e riscalda il nostro cuore. Perché la storia, questa volta, può davvero cambiare.

    Fede, pace, amore, equità, perdono, possono davvero trasformare il mondo. Basta che lo vogliamo #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo porta la croce”, di Sebastiano dal Piombo, 1535-40, olio su tela, 157×118 cm, Museo delle Belle Arti di Budapest

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  • Come ci si libera dal male?

    Come ci si libera dal male?

    Sì, perché quando nel nostro cuore non c’è Dio, è allora che vi si può annidare il male. E… una volta che sarà entrato in noi non sarà facile sbarazzarcene. Come liberarsi dal male? Leggi fino in fondo e troverai alcuni rimedi efficaci!

    Il mio in(solito) commento a:
    Esci, spirito impuro, da quest’uomo (Marco 5,1-20)

    Ecco la storia di un uomo, di catene spezzate e di una mandria di porci… ah, sì… e anche di una legione di demoni:

    Nel suo viaggio lungo le sponde del Mare della Galilea, Gesù approda sull’altro lato del mare, in terra straniera. Gesù, L’Emmanuele, il Dio-con-noi, non può restare lontano dall’uomo. Così, scorgendo in lontananza una città, si incammina verso di essa. Ed ecco che, ai margini del centro abitato, attraversa un cimitero. E’ tra le lapidi che incontrerà il primo abitante del luogo: un pazzo.

    Immagina quest’uomo dalle vesti stracciate, capelli e barba incolti, devastato nel corpo e nello spirito, che si dimenava e gridava giorno e notte, distruggendo i sepolcri e percuotendosi con delle grosse pietre. Un vero pericolo per se stesso e per gli altri. Tant’è che, gli abitanti della città, per proteggersi, tenteranno di incatenarlo ad una pietra tombale. Ma lui riuscirà a spezzare le catene. E sarà così che lo vedrà Gesù, quando gli andrà incontro.

    Basterà un istante a Gesù per capire la situazione: quell’uomo non è pazzo, ma indemoniato. Scopriremo così che, a tormentare il malcapitato, non c’era un demone soltanto, ma una intera legione! Demoni un po’ sciocchi però, visto che saranno loro stessi a chiedere a Gesù di potersi rifugiare in una mandria di porci che stava pascolando nei paraggi. “Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare” (v. 13).

    Lieto fine? Non proprio… almeno, non ancora.

    La nostra fantasia resta così imbrigliata nell’avventura di quest’uomo che spezza lacci e catene in preda ad una follia devastante, e della legione di demoni che Gesù fa uscire dal suo corpo, che spesso ci fermiamo alla prima parte del racconto e perdiamo di vista la sciagurata decisione degli abitanti di questa città…

    Indemoniato o pazzo che fosse, quest’uomo era un membro della loro comunità. Una comunità che, alle prime avvisaglie del “disturbo” che lo affliggeva, decise di liberarsi del problema anziché affrontarlo: “prendiamo l’uomo, scortiamolo fuori dalla città ed incateniamolo abbastanza lontano, dove non possa disturbarci con le sue urla o farci del male”.

    Il problema non lo si risolve incatenando le persone, ma aiutandole. Questa gente ha rifiutato di soccorrere un proprio fratello, ha ignorato i suoi problemi e lo ha deportato in un luogo desolato, tra le tombe, tra i morti. E proprio là, dove pascolavano i porci. Animali che certo, all’epoca, non godevano di grande favore. Anzi, erano considerati impuri dagli abitanti di Israele e, come tali, non potevano restare nei villaggi, ma ne erano relegati ai margini.

    Quel poveretto lo consideravano così: indegno di abitare tra gli uomini, un problema da eliminare. Quella di incatenarlo in un cimitero, è una scelta che parla da sé: lo volevano sopprimere. Volevano sbarazzarsi del problema. E questo non è certo giusto. Ma non sarà l’unico errore che questa gente commetterà:

    Liberato dalla legione di demoni, quell’uomo tornerà “normale”. Ma, i suoi concittadini: “Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura” (v. 15). E “si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio” (v. 17).

    Ecco il secondo, tragico errore. Non solo non avranno amato il prossimo, allontanandolo dalla città, ma non ameranno neppure Dio. Perché ne avranno paura. E cacceranno perfino Lui.

    Hai riconosciuto il comandamento dell’amore? Hai notato come, gli abitanti di Gerasa, lo abbiano violato in entrambi gli enunciati? «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (cfr. Matteo 22,37-40).

    L’indemoniato se ne andrà, pieno di gratitudine e con Gesù nel cuore: “Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati” (v. 20). Diventerà addirittura un evangelizzatore.

    Gli abitanti di Gerasa, invece, rimarranno chiusi tra le mura di egoismo e di indifferenza della loro città, senza poter gioire per la presenza di Dio. Prima allontanarono il loro concittadino, poi il Dio che lo liberò.

    Sì, perché quando nel nostro cuore non c’è Dio, è allora che vi si può annidare il male. E… una volta che sarà entrato in noi non sarà facile sbarazzarcene. Come liberarsi dal male? Anzitutto aprendo il cuore a Dio con la preghiera. Il Santo Curato d’Ars era solito dire che: “una sola Ave Maria, ben detta, può far tremare l’inferno”. Ed è così, te lo assicuro. Poi potrai recitare la preghiera a San Michele Arcangelo. È molto efficace, te lo garantisco: “San Michele Arcangelo, difendici nella lotta; sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio. Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, supplichevoli ti preghiamo: tu, che sei il Principe della milizia celeste, con la forza divina rinchiudi nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che girano il mondo per portare le anime alla dannazione. Amen“.

    Vuoi essere ancora più sicuro? Fa’ più volte il segno della croce con l’acqua benedetta. Ripeteva Santa Teresa d’Avila: “Da nulla fuggono i demoni, e per non far ritorno, più che dell’acqua benedetta” #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “San Michele Arcangelo sconfigge il demonio” di Luca Giordano, 1663, olio su tavola, 198×147 cm, Gemäldegalerie, Berlin

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