Tag: figliol prodigo

  • Ecco la ricetta per la tua risurrezione!

    Ecco la ricetta per la tua risurrezione!

    Dentro di noi c’è una nostalgia radicata, una fame di Dio che non si spegne mai davvero. Anche quando ci allontaniamo da Lui, per un po’ l’eco della Sua presenza rimane. Rinneghiamo Dio, ma è la Sua luce a tenere insieme i pezzi della nostra vita.

    Il mio in(solito) commento a:
    Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita (Lc 15,1-3.11-32)

    Tornare alla vita. Quante volte, nei momenti più bui, abbiamo desiderato avere questo potere? Eppure, sai una cosa? Possiamo davvero risorgere. Non nel senso fisico, certo, perché per quello dovremo attendere il giorno in cui Gesù ci aprirà le braccia. Ma possiamo sperimentare una risurrezione personale, proprio come il figliol prodigo di cui ci parla l’evangelista Luca.

    Possiamo rialzarci dalle nostre cadute, lasciare il passato alle spalle e ricominciare. Possiamo cambiare vita. Possiamo convertirci. E tutto parte da una scintilla, una piccola luce che arde dentro di noi: il desiderio di cambiare, il coraggio di riconoscere i nostri errori. Ma attenzione: quella scintilla non nasce da noi, è un dono. È la fiammella che Dio stesso ha acceso nella nostra anima, quella stessa luce che ci rende simili a Lui.

    Perché sì, dentro di noi – in ciascuno di noi – c’è sempre una fiammella di bontà e amore. Anche nell’anima più dura, anche dietro il muro più spesso di malvagità, odio o invidia, quella luce non si spegne mai. È la stessa fiamma che ha illuminato il cuore del buon ladrone sulla croce, San Disma. In un solo istante, in un solo guizzo di quella scintilla, si è salvato ed è stato il primo santo “canonizzato” da Gesù stesso.

    E allora, non disperiamo mai! Non importa quanto grande sia la nostra colpa, quante volte siamo caduti, quante ferite ci portiamo dentro. Dio è qui. Vicino. Pronto ad accoglierci, pronto ad abbracciarci non appena faremo ritorno a Lui.

    Perché siamo figli. E un Padre non smette mai di amare i suoi figli.

    A volte, per paura o per mancanza di comprensione, ci allontaniamo da Dio. Altre volte è la tentazione a metterci di traverso. Ma vivere senza di Lui? È come vivere in bianco e nero. La vita senza Dio perde colore, perde sapore. È come camminare al buio: prima o poi, inciampi.

    Dentro di noi c’è una nostalgia radicata, una fame di Dio che non si spegne mai davvero. Anche quando ci allontaniamo da Lui, per un po’ l’eco della Sua presenza rimane. Rinneghiamo Dio, ma è la Sua luce a tenere insieme i pezzi della nostra vita. Fino a quando non si spegne del tutto. E allora ci scontriamo con la realtà: la vita, senza di Lui, è un’infinita rincorsa di qualcosa che non sappiamo nemmeno identificare.

    A quel punto, il cuore torna a cercare. Cerchiamo Gesù, quel Gesù che non ha nemmeno un posto dove posare il capo. Ecco la sete di infinito, ecco il bisogno di nutrirci del Pane Vivo che è Lui.

    Allora, che aspetti? Cambia la tua vita, fallo adesso, non rimandare! Credi in un futuro diverso, con Dio al tuo fianco. E vedrai: la vita tornerà a sorriderti #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Il Sacro Cuore di Gesù”, di Carl Dietrich, 1842, olio su tela, 84 x 68.7 cm, Collezione privata

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  • La parabola vista con gli occhi di un papà

    La parabola vista con gli occhi di un papà

    Questo commento, scritto poche ore dopo essere diventato papàdeve aver toccato i cuori di molti, perché è stato pubblicato da un periodico cattolico e molti stralci sono stati ripresi perfino da Avvenire con mia grande gioia e sorpresa. Vediamo di che si tratta: Padre. Per capire davvero che cosa voglia dire per Dio, amarci, ho dovuto sperimentare la paternità. Proverò a raccontarti questa sensazione indescrivibile, la stessa che prova Dio

    Il mio decisamente in(solito) commento a:
    Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita (Luca 15,1-3.11-32)

    La parabola del padre buono. Ti confesso che l’ho capita “veramente” da poco. Un tempo la conoscevo come “del figliol prodigo”, ma l’averla compresa bene non dipende da questo. No. Il fatto è più bello, te lo racconto:

    Rita ha ormai compiuto due anni. Quella notte, in ospedale, scrissi un articolo di cui ti propongo alcuni passaggi per poi calarli “nella parabola”:

    Sono diventato papà. Mentre scrivo queste righe mi trovo in ospedale, seduto su una seggiola accanto al letto di mia moglie. Il mio sguardo indugia sul viso della nostra piccola che riposa facendo piccoli movimenti: ora un braccino, ora una gambetta, ora un vagito e perfino una parvenza di sorriso. Con queste immagini negli occhi non posso non pensare a Dio. Misuro la mia gioia frammista alle mille altre indescrivibili sensazioni che la paternità porta con sé e mi chiedo quali sentimenti possano abitare il cuore di Dio, Padre e Creatore, mentre contempla noi, le sue creature. Si dice spesso che Dio è amore (rif. 1Giovanni 4,8). Sebbene io abbia scritto svariati libri sull’argomento, devo farti una confessione: solo oggi mi sto rendendo conto di non aver mai compreso fino in fondo l’intensità dell’amore che un genitore può provare per la propria figlia od il proprio figlio. Non l’avevo mai neppure immaginata prima di provarla. E allora provo a chiedermi quanto amore possa contenere il cuore del Padre onnipotente. Quanto ne possa traboccare fino a giungere, come una balsamica carezza, su ciascun essere umano. Quanto intenso ed incondizionato sia questo trasporto, capace di amare a prescindere, per il solo fatto che noi esistiamo e siamo figli suoi. Non mi stupisco più che Dio sia disposto a perdonare perfino i nostri peggiori peccati, che Egli sappia dimenticare le nostre colpe come se non fossero mai esistite. Cosa non si perdonerebbe ad una creatura così piccola come la bimba che vedo davanti a me ora? Che cosa non sarei disposto a fare per lei? Tutto questo, cara lettrice, caro lettore, Dio lo fa per te. Per tutti noi. (Tratto da “Sorprendersi con Dio. Oggi ho assistito al miracolo della vita“, Alessandro Ginotta, Il Corriere della Valle, 23 febbraio 2023. Ripreso da Avvenire, il 15 marzo 2023 nell’articolo “La bontà del Padre compresa alla luce della propria paternità” di Guido Mocellin che, ancora commosso e sorpreso, ringrazio).

    Come non capire il cuore del padre della parabola che attende per giorni, settimane, forse mesi, il ritorno del proprio figlio? Come non farci coinvolgere nello slancio di quelle braccia che volano al collo del ragazzo che rientra a casa? Anche se ha sperperato tutte le sue risorse, anche se avesse compiuto il peggiore degli errori, un figlio è sempre un figlio, amato e desiderato. Non può, questo padre, comportarsi in altro modo, così come non può, Dio, rinunciare a perdonare perfino il più grave dei nostri peccati. Perché Egli ci ama. E l’amore di un padre (o una madre) per il proprio figlio (o la propria figlia) è il più intenso, il più autentico, il più viscerale, il più vicino a Dio dei sentimenti che un essere umano possa mai sperimentarePerché solo amare (come fa Dio) ci permette di comprendere davvero!

    Amati dal Signore non cadiamo nell’errore di questo fratello, ma amiamo a nostra volta chi ci sta accanto. Comprendiamo e perdoniamo, perché verremo a nostra volta perdonati da chi legge dentro al nostro cuore #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “San Giuseppe con il Bambino Gesù”, di Guido Reni, anni ’20 del XVII sec, olio su tela, 126×101 cm, Hermitage, San Pietroburgo

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  • La parabola del padre buono

    La parabola del padre buono

    Questo commento, scritto poche ore dopo essere diventato papà, deve aver toccato i cuori di molti, perché è stato pubblicato da un periodico cattolico e molti stralci sono stati ripresi perfino da Avvenire con mia grande gioia e sorpresa. Vediamo di che si tratta: Padre. Per capire davvero che cosa voglia dire per Dio, amarci, ho dovuto sperimentare la paternità. Proverò a raccontarti questa sensazione indescrivibile, la stessa che prova Dio

    Il mio decisamente in(solito) commento a:
    Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita (Luca 15,1-3.11-32)

    La parabola del padre buono. Ti confesso che l’ho capita “veramente” da poco. Un tempo la conoscevo come “del figliol prodigo”, ma l’averla compresa bene non dipende da questo. No. Il fatto è più bello, te lo racconto:

    Rita ha ormai compiuto due anni. Quella notte, in ospedale, scrissi un articolo di cui ti propongo alcuni passaggi per poi calarli “nella parabola”:

    Sono diventato papà. Mentre scrivo queste righe mi trovo in ospedale, seduto su una seggiola accanto al letto di mia moglie. Il mio sguardo indugia sul viso della nostra piccola che riposa facendo piccoli movimenti: ora un braccino, ora una gambetta, ora un vagito e perfino una parvenza di sorriso. Con queste immagini negli occhi non posso non pensare a Dio. Misuro la mia gioia frammista alle mille altre indescrivibili sensazioni che la paternità porta con sé e mi chiedo quali sentimenti possano abitare il cuore di Dio, Padre e Creatore, mentre contempla noi, le sue creature. Si dice spesso che Dio è amore (rif. 1Giovanni 4,8). Sebbene io abbia scritto svariati libri sull’argomento, devo farti una confessione: solo oggi mi sto rendendo conto di non aver mai compreso fino in fondo l’intensità dell’amore che un genitore può provare per la propria figlia od il proprio figlio. Non l’avevo mai neppure immaginata prima di provarla. E allora provo a chiedermi quanto amore possa contenere il cuore del Padre onnipotente. Quanto ne possa traboccare fino a giungere, come una balsamica carezza, su ciascun essere umano. Quanto intenso ed incondizionato sia questo trasporto, capace di amare a prescindere, per il solo fatto che noi esistiamo e siamo figli suoi. Non mi stupisco più che Dio sia disposto a perdonare perfino i nostri peggiori peccati, che Egli sappia dimenticare le nostre colpe come se non fossero mai esistite. Cosa non si perdonerebbe ad una creatura così piccola come la bimba che vedo davanti a me ora? Che cosa non sarei disposto a fare per lei? Tutto questo, cara lettrice, caro lettore, Dio lo fa per te. Per tutti noi. (Tratto da “Sorprendersi con Dio. Oggi ho assistito al miracolo della vita“, Alessandro Ginotta, Il Corriere della Valle, 23 febbraio 2023. Ripreso da Avvenire, il 15 marzo 2023 nell’articolo “La bontà del Padre compresa alla luce della propria paternità” di Guido Mocellin che, ancora commosso e sorpreso, ringrazio).

    Come non capire il cuore del padre della parabola che attende per giorni, settimane, forse mesi, il ritorno del proprio figlio? Come non farci coinvolgere nello slancio di quelle braccia che volano al collo del ragazzo che rientra a casa? Anche se ha sperperato tutte le sue risorse, anche se avesse compiuto il peggiore degli errori, un figlio è sempre un figlio, amato e desiderato. Non può, questo padre, comportarsi in altro modo, così come non può, Dio, rinunciare a perdonare perfino il più grave dei nostri peccati. Perché Egli ci ama. E l’amore di un padre (o una madre) per il proprio figlio (o la propria figlia) è il più intenso, il più autentico, il più viscerale, il più vicino a Dio dei sentimenti che un essere umano possa mai sperimentare. Perché solo amare (come fa Dio) ci permette di comprendere davvero!

    #Santanotte. Amati dal Signore non cadiamo nell’errore di questo fratello, ma amiamo a nostra volta chi ci sta accanto. Comprendiamo e perdoniamo, perché verremo a nostra volta perdonati da chi legge dentro al nostro cuore.

    Alessandro Ginotta

    Cosa racconta la parabola del padre buono?
    Il dipinto di oggi è: “Cristo Consolatore”, capolavoro del pittore danese Carl Heinrich Bloch, olio su tela, 1890, Cappella Frederiksborg Palace, Copenhagen

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  • La parabola dei due figli

    La parabola dei due figli

    La parabola narrata da Gesù è piuttosto chiara, anzi, talmente chiara che “graffia” la nostra coscienza con una domanda che ci interroga nel profondo. Quale volontà sto seguendo: quella del Padre o quella del mondo?

    Il mio in(solito) commento a:
    Pentitosi andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio (Matteo 21,28-32)

    «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio (vv. 28-31).

    Quante volte capita anche a noi? Ci viene chiesto di fare qualcosa. Lì per lì rispondiamo di sì (e forse in cuor nostro pensiamo davvero di tenere fede alla promessa), ma poi la nostra volontà vacilla al primo alito di vento e ce ne dimentichiamo. O, nei casi peggiori, ce ne ricordiamo, ma liquidiamo ogni senso di colpa con una scrollata di spalle. Io spero che questa condizione si verifichi il più raramente possibile, ma… è una reazione congeniale al nostro essere fragili. E umani. Le mille preoccupazioni, gli impegni sempre più pressanti, fanno sì che la nostra scala delle priorità non sempre rispetti i nostri buoni propositi.

    Così, tra i due fratelli, il “migliore” diventa quello che inizialmente sembrava essersi comportato peggio.

    Come sempre il Vangelo ci parla a più livelli e, anche di questa parabola possiamo fare più letture, a seconda della profondità che vogliamo raggiungere. Ad essere superficiali potremmo accontentarci di considerare questi versetti come uno sprono ad essere diligenti, a portare avanti i compiti che ci vengono affidati con rapidità ed efficienza. E già questo sarebbe un bel risultato.

    Ma, a ben guardare, questa parabola ci dice anche altro. Ci insegna che non è ancora troppo tardi per convertirci. Non è ancora scaduto il tempo per cambiare vita e migliorarci. Come i lavoratori dell’ultima ora anche noi possiamo ancora entrare nella vigna del Signore e contribuire al raccolto. Perché Dio è misericordioso e paziente.

    Ricordiamo sempre che Lui è lì in attesa di un guizzo della nostra anima: Dio aspetta pazientemente, come il padre del figliol prodigo, il nostro ritorno. Immaginiamo Zaccheo: furbastro e disonesto, aveva truffato molto nella vita, eppure una scintilla nella sua anima ha brillato al momento giusto e ha indotto in lui il desiderio di salire su un albero per vedere Gesù. Ma certo la sua non era solo curiosità, perché il solo fatto di volerci avvicinare significa che, in fondo, desideriamo tornare a Lui. Anche se abbiamo preso un’altra strada, come il figliol prodigo. Anche se abbiamo inizialmente rifiutato di svolgere un compito che ci è stato richiesto.

    L’uomo ha sete di Dio. Ha sete di infinito. Ed è attraverso questa sete che ci spinge a cercare Dio che ci riconciliamo con Lui! #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Il Sacro Cuore di Gesù”, di Carl Dietrich, 1842, olio su tela, 84 x 68.7 cm, Collezione privata

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  • Qual è la pecora smarrita?

    Qual è la pecora smarrita?

    Una pecora, una moneta, un figlio. Le tre parabole dei perduti ritrovati ci interrogano nel profondo e ci insegnano che…

    Il mio in(solito) commento a:
    Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte (Luca 15,1-32)

    Smarriti e ritrovati. Una sola pecora ritrovata scatena in cielo una gioia incontenibile. La stessa che devono aver provato, in cuor loro, il padre del “figliol prodigo” ed il suo figlio fuggitivo, quando si sono ritrovati in un abbraccio, con i cuori che palpitavano all’unisono.

    Chissà quante volte, nella vita, ci sarà capitato di perdere qualcosa a cui teniamo molto. Non è forse vero che in quel momento non pensiamo ad altro se non a cercare l’oggetto scomparso? Mettiamo sotto sopra tutta la casa, spostiamo divani e poltrone, esploriamo cassetti e ripostigli… e quale gioia quando lo recuperiamo!

    Ecco, anche per Dio è così: oh, Lui non “perde” nulla, certo che no… ma qualche volta a “perderci” siamo noi, perchè ci allontaniamo troppo dalla sua Parola, perchè non la mettiamo in pratica, o perchè, come fece il “figliol prodigo” (cfr. Lc 15,11-32), decidiamo di “prenderci una vacanza” dal Vangelo e… magari vivere un po’ la nostra vita materiale, finchè essa non divora tutte le nostre sostanze e si mostra quale essa davvero è quando viene vissuta “senza Dio”: gretta, vuota, priva di significato, arida ed ingrata.

    Ma Dio, proprio come il padre buono della parabola, scruta l’orizzonte ed appena ci vede imboccare il suo sentiero esce di casa e ci corre incontroallarga le braccia e ci stringe forte forte: “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20). Noi iniziamo a chiedergli perdono e Lui… non ci lascia neppure finire di parlare, ci riaccoglie, ci riveste, ci mette l’anello al dito, i calzari ai piedi scalzi, e prepara un gran banchetto: “Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,23-24).

    E, se questa parabola non bastasse, nella piccolezza del nostro animo, forse potremo comprendere meglio la parabola della moneta perduta (la dramma): quanto fatica la donna, per trovare una sola monetina smarrita: la storia ha del paradossale e indica il mistero di Dio che si interessa anche di uno solo perduto, insignificante, privo di valore, da cui non c’è niente di buono da ricavare. L’uomo.

    #Santanotte amici. Riflettiamo sul valore della nostra vita: ciascuno di noi, anche il più piccolo, è un tesoro immenso per Dio. E dovrebbe esserlo anche per noi: ogni uomo, donna, bambino in ogni fase e condizione della propria vita ha una sua dignità assoluta! Benediciamo il Signore per il dono della vita!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo il Buon Pastore”, di José Vergara, XVIII sec., olio su tavola, 60x80cm, Museo di Ciudad Real, Spagna

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  • L’ufficio “oggetti smarriti di Gesù” nel Vangelo di domenica 11 settembre

    L’ufficio “oggetti smarriti di Gesù” nel Vangelo di domenica 11 settembre

    + Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15, 1-32)

    In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
    Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
    Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Lost and found. L’ufficio oggetti smarriti di Gesù: chissà quante volte, nella vita, ci sarà capitato di perdere qualcosa a cui teniamo molto. Non è forse vero che in quel momento non pensiamo ad altro se non a cercare l’oggetto scomparso? Mettiamo sotto sopra tutta la casa, spostiamo divani e poltrone, esploriamo cassetti e ripostigli… e quale gioia quando lo recuperiamo!

    Ecco, anche per Dio è così: oh, Lui non “perde” nulla, certo che no… ma qualche volta a “perderci” siamo noi, perchè ci allontaniamo troppo dalla sua Parola, perchè non la mettiamo in pratica, o perchè, come fece il “figliol prodigo” (cfr. Lc 15,11-32), decidiamo di “prenderci una vacanza” dal Vangelo e… magari vivere un po’ la nostra vita materiale, finchè essa non divora tutte le nostre sostanze e si mostra quale essa davvero è quando viene vissuta “senza Dio”: gretta, vuota, priva di significato, arida ed ingrata.

    Ma Dio, proprio come il padre buono della parabola, scruta l’orizzonte ed appena ci vede imboccare il suo sentiero esce di casa e ci corre incontro, allarga le braccia e ci stringe forte forte: “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20). Noi iniziamo a chiedergli perdono e Lui… non ci lascia neppure finire di parlare, ci riaccoglie, ci riveste, ci mette l’anello al dito, i calzari ai piedi scalzi, e prepara un gran banchetto: “Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,23-24).

    Vedete? L’amore di Dio è più forte del nostro peccato; è luce che va oltre le tenebre; è bene che vince anche il peggiore dei mali e lo cancella; è musica celestiale che avvolge, accarezza e consola; è tenerezza che accoglie e perdona; è grazia che si irradia sul nostro cuore stanco e lo rinfranca, lo apre, lo spalanca all’amore verso gli altri. Ecco: quando nel nostro cuore lasciamo spazio all’amore di Dio, anche noi diventiamo più simili a Lui.

    Sì, perchè l’uomo è stato creato ad “immagine e somiglianza di Dio” (cfr. Genesi 1,26-27) ed è quel riflesso di Dio che c’è in ciascuno di noi che ci permette di sperare, sperare che il male non vinca, sperare che l’uomo si ravveda:

    “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi: tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna,  gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari. O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!” (Salmo 8, 4-10).

    Ebbene, questo Dio al quale noi assomigliamo, un po’ (lo scrivo con tutta umiltà) ci assomiglia… ed ecco che come la donna che ritrova la moneta: “chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto»” (v. 9) così “vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte” (v. 10). Dio è felice quando un peccatore si converte. Dio è contento quando ci riavviciniamo a Lui. Vogliamo rendere lieto Dio? Convertiamoci e chiediamogli perdono!

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Com’è il mio rapporto con Dio? Lo sento vicino nel mio cuore, come un padre amorevole, oppure lo percepisco come un giudice severo? Sono pronto a “restituire” l’amore che Dio riversa nel mio cuore, donandolo a mia volta al mio prossimo?

    Questa notte, Gesù, Ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco. Fa’, ti prego, che i semi d’amore che Tu poni nei nostri cuori possano germogliare e crescere rigogliosi. Accoglici fra le Tue braccia e stringici forte! Ti vogliamo bene Gesù!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    L'ufficio
    L’affresco ritrae Gesù nell’atto di salvare Adamo ed Eva dagli inferi, affresco dell’”Anastasis”, XIV secolo, chiesa di San Salvatore in Chora, Istanbul

    Alessandro Ginotta

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