Tag: Male

  • La dannazione? È un cuore senza più amore!

    La dannazione? È un cuore senza più amore!

    Il male, in fondo, non è altro che assenza di bene. Dove manca l’amore, avanza l’oscurità. È successo a Satana: il suo cuore si è riempito di orgoglio e invidia, fino a svuotarsi completamente di Dio. Ed è questa la vera dannazione: non il fuoco, non le fiamme, ma un cuore senza più amore.

    Il mio in(solito) commento a:
    Chi non è con me è contro di me (Luca 11,14-23)

    La battaglia tra il bene e il male non è iniziata con l’uomo. No, c’era già prima. Perché se la Genesi ci racconta del peccato originale, a tentare Adamo ed Eva fu il serpente. E in lui il male era già presente. Anzi, era lui il Male.

    Ma chi è il Male? Strano a dirsi, ma alla nascita era un angelo. Un angelo splendente… che ha fatto la scelta sbagliata.

    Gli angeli, fin dal primo giorno della Creazione, partecipano alla gloria di Dio. La Bibbia ne parla spesso: «Benedite il Signore, voi tutti, suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi» (Salmo 102). E ancora: «Egli ha dato ordine ai suoi angeli… di portarti sulle loro mani» (Salmo 90). Persino San Paolo scrive: «Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero?» (Ebrei 1,14).

    Gli angeli, proprio come noi, sono stati creati liberi. Liberi di scegliere. Liberi di sbagliare. Ma con una differenza: loro, che vivevano alla presenza di Dio, avevano una conoscenza molto più profonda del mistero divino. E per questo, quando alcuni di loro hanno scelto il male, lo hanno fatto con piena consapevolezza.

    E Dio? Dio è misericordioso, sì, ma proprio come un maestro non perdona l’allievo capace che non studia la lezione, mentre è indulgente con chi davvero non riesce a capire… così non ha risparmiato quegli angeli ribelli. «Dio non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò in abissi tenebrosi» (2 Pietro 2,4). E così, da creature luminose, divennero tenebre. Separati da Dio per sempre.

    Ma noi siamo diversi. Noi, spesso, sbagliamo senza renderci conto delle conseguenze. Cadiamo nei tranelli del male, inciampiamo nelle nostre fragilità. E Dio lo sa. Per questo ci tende sempre la mano. Per questo il Suo perdono è sempre pronto per chi lo accoglie.

    Il male, in fondo, non è altro che assenza di bene. Dove manca l’amore, avanza l’oscurità. È successo a Satana: il suo cuore si è riempito di orgoglio e invidia, fino a svuotarsi completamente di Dio. Ed è questa la vera dannazione: non il fuoco, non le fiamme, ma un cuore senza più amore.

    Eppure Dio non si rassegna. Quando ci allontaniamo, Lui ci insegue. Ci cerca. Ci aspetta. Perché il Suo sogno è salvarci tutti. È portarci con Sé. Lo ha detto chiaramente Gesù: «Quand’ero con loro, io conservavo coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto» (Giovanni 17,12). E allora non abbiate paura. Non importa quante volte cadiamo. L’importante è rialzarci e tornare a Lui. Perché le porte degli inferi non prevarranno! (Matteo 16,18). È la Sua promessa. E le promesse di Dio non falliscono mai #Santanotte!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La tentazione sulla montagna”, di Duccio di Buoninsegna, 1308, tempera e oro su tavola, 214 x 412 cm Museo dell’Opera del Duomo, Siena

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  • L’origine del male

    L’origine del male

    Oggi voglio invitarti a uno sguardo insolito, a una prospettiva che lascia senza fiato: dall’alto della croce. Da lassù, tutto si ridimensiona, e forse possiamo rispondere alla domanda più difficile di sempre: perché Dio permette il male?

    Il mio (in)solito commento a:

    “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Luca 13,1-9)

    Alcuni, quel giorno, raccontano a Gesù di certi Galilei, il cui sangue Pilato ha mescolato a quello dei loro sacrifici. Ed ecco Gesù che risponde: «Pensate che quei Galilei fossero più peccatori degli altri, per aver subìto una tale sorte? No! Ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. E quelle diciotto persone, su cui è crollata la torre di Sìloe, credete che fossero più colpevoli? No, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

    Una torre che crolla, uomini innocenti massacrati… Gesù prende due tragedie e ce le mette davanti, come uno specchio. Perché il mondo è colpito da un male così subdolo? Perché crollano i ponti, perché i terremoti devastano tutto?

    Perché esiste il male?

    È la domanda che si è posto anche Giobbe, al culmine della disperazione. Ma che cos’è il male, e perché Dio lo permette? Fermiamoci un istante: può Dio, che ci ha creati a sua immagine, che ci ama al punto di donare Suo Figlio per noi, volere il male per le sue creature?

    No, non può. Ma allora, perché il male esiste? C’è un male che deriva da noi, dalla nostra cattiveria, dal nostro egoismo, dalla voglia di possedere e dominare. È un “male che fa male”, perché si potrebbe evitare, se solo ci fosse più amore e meno invidia. È il male di Pilato, di ogni assassino, di chiunque scelga deliberatamente di nuocere al prossimo.

    E poi ci sono le tragedie. La torre di Siloe, le pandemie, i disastri naturali… Un male che nasce da una scelta all’origine dei tempi: quella del demonio. Sotto le sembianze del serpente, il Male in persona ingannò Eva, spingendo l’umanità verso il peccato. Così si è creata una frattura tra materia e spirito, una ferita che ancora sanguina. L’universo intero vibra come una corda spezzata da quell’azione scellerata.

    Il male è assenza di bene. Dove non c’è amore, c’è il male. Anche Satana, un tempo angelo, ha scelto orgoglio e invidia, allontanandosi dall’amore. La libertà che Dio ci dà implica la possibilità di allontanarsi da Lui, e, purtroppo, alcune anime lo fanno.

    Ma Dio non ci ha lasciati soli. Ha mandato Suo Figlio per salvarci e dare un senso anche al dolore. Gesù stesso ha vissuto il dolore, l’ingiustizia, la persecuzione e la morte. Dio ha tanto amato il mondo da donare Suo Figlio affinché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

    La sofferenza ci spezza, ma non siamo soli: Dio soffre accanto a noi. Quando la nostra mente non riesce a comprendere, possiamo solo contemplare questo mistero.

    Saliamo anche noi su quella croce, accanto a Gesù. Dall’alto, vediamo il male che causiamo con le nostre azioni, o persino con la nostra indifferenza. E invochiamo il perdono, come fece il buon ladrone: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.” E sentiremo la dolce risposta di Gesù: “Oggi sarai con me in Paradiso.”

    Da lassù, comprenderemo che ciascuno di noi è amato, profondamente, fino alla fine #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Crocifisso in un cimitero ebraico”, di Giovanni Bellini, 1501-1503, 81×49 cm, olio su tavola, Prato – Galleria di Palazzo Alberti

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  • Perché accadono (anche) le brutte cose?

    Perché accadono (anche) le brutte cose?

    Hai notato che il mondo sembra aver smarrito la bussola? Divisioni politiche, conflitti sempre più frequenti e cruenti, distorsioni della realtà per giustificare atti di atroce violenza, calamità… Il Male (sì, con la “M” maiuscola) continua a farsi sentire, e noi, smarriti, ci chiediamo: Perché, Signore? Provo a darti una risposta nel mio in(solito) commento a:

    Chi non è contro di noi è per noi (Mc 9,38-40)

    Perché esiste il male? È la domanda che ha tormentato Giobbe, il giusto, nel suo dolore più profondo. È la domanda che si insinua nel cuore quando il male ci travolge, inaspettato e ingiusto.

    Ma fermiamoci un istante. Dio, che ci ha creati a Sua immagine, che ci ha amati fino a mandarci Suo Figlio, che si è fatto Pane per la nostra salvezza… può davvero volere il male per noi? No! E allora perché il male esiste?

    Qui dobbiamo distinguere: c’è un male che dipende da noi. È quello generato dall’egoismo, dall’avidità, dalla sete di potere. È il male di chi schiaccia gli altri per innalzarsi, di chi semina odio e divisione. Questo male si potrebbe evitare, se solo il nostro cuore fosse più aperto all’amore. Se solo scegliessimo di amare invece di sopraffare. È il male di Pilato, di Hitler, di troppi leader di ieri e di oggi.

    E poi c’è il male che non riusciamo a spiegare: tragedie, catastrofi, sofferenze che non sembrano avere un perché. Ma anche qui, se scaviamo fino alla radice, troviamo una scelta: quella di Satana. Il primo a ribellarsi a Dio, il primo a seminare divisione. Il suo peccato ha spalancato una ferita nel mondo, un’ombra che ancora oggi avvolge l’umanità. Il creato intero ne porta i segni, come un violino con una corda spezzata.

    Il male è assenza di bene. È il vuoto lasciato dall’amore quando si spegne. È l’ombra di un cuore che ha rifiutato la luce. E così come gli angeli caduti hanno scelto di allontanarsi da Dio, anche oggi, all’inferno non ci si va per caso: ci si va per scelta. Perché si è deciso di chiudere la porta al Suo perdono.

    E qui arriva la chiave del Vangelo di oggi: Dio unisce, il diavolo divide. Diavolo viene dal greco diábolos, che significa proprio questo: colui che divide. Ogni frattura, ogni lite, ogni guerra nasce da questa sottile opera di separazione. Il Nemico si insinua nei nostri pensieri con il dubbio, con il sospetto, con quella vocina che ci spinge a dire: “Lui non è dei nostri”. E così, senza accorgercene, cadiamo nella trappola. Creiamo muri, schieramenti, “noi contro di loro”.

    Ma Gesù ci chiama a un’altra logica: quella dell’incontro. Non a chiuderci nei nostri cenacoli di “perfetti”, ma ad aprire le braccia a chiunque operi il bene. Perché il bene non ha etichette. Il bene è di Dio. E chi lo compie, anche se fuori dai nostri schemi, è già sulla strada giusta.

    Quando la rabbia ci tenta, quando il mondo sembra spingerci alla divisione, ricordiamo l’arma più potente di Gesù: l’amore. Lui non ha mai risposto al male con altro male. Ha sempre spezzato la catena dell’odio con l’amore.

    E allora, oggi, facciamo lo stesso. Preghiamo per l’unità, per la riconciliazione, per la pace. Nel nostro cuore, nelle nostre famiglie, nel mondo intero: “Gloriosissimo Principe delle celesti milizie, Arcangelo San Michele, diféndici nella battaglia e nel combattimento contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre e contro gli spiriti maligni delle zone celesti. Vieni in aiuto degli uomini, da Dio creati per l’immortalità e fatti a sua immagine e somiglianza e riscattati a caro prezzo dalla tirannia del diavolo”. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “San Michele Arcangelo sconfigge il diavolo”, Antonio Maria Viani, 1630, olio su tela, chiesa abbaziale della Sacra di San Michele

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  • Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

    Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

    I cuori chiusi, di pietra, che non vogliono aprirsi né sentire, restano muti, sordi e ciechi, imbruttiti ed impoveriti, perché non permettono all’amore che Dio riversa su tutti noi ed anche anche su di loro, di far breccia in quella cortina impermeabile che li isola e li spinge inesorabilmente verso l’oscurità

    Il mio in(solito) commento a:
    Satana è finito (Marco 3,22-30)

    Non c’è peggior sordo di chi proprio non vuole sentire. E di sordi (in questo modo) ce n’erano tanti al tempo di Gesù… ed anche qualcuno ora.

    Gesù opera miracoli, guarisce gli ammalati e scaccia i demoni. Perciò, pensano i farisei, deve essere lui stesso un demonio. Ma quanto è cieco l’uomo che non vuole vedere! Quanto è sordo! Quando è paralizzato il cuore di chi non vuol credere neppure dopo aver visto con i propri occhi un miracolo accadere!

    I cuori chiusi, di pietra, che non vogliono aprirsi né sentire, restano muti, sordi e ciechi, imbruttiti ed impoveriti, perché non permettono all’amore che Dio riversa su tutti noi ed anche anche su di loro, di far breccia in quella cortina impermeabile che li isola e li spinge inesorabilmente verso l’oscurità. La principale malattia, è proprio questa: l’incapacità non solo di provare amore, ma anche di permettere all’amore degli altri di penetrarvi. Peggio ancora, questa coltre di fuliggine scura non permette neppure alla fiammella, che Dio ha posto nel cuore di ciascuno di noi, di brillare e fare luce sull’anima cupa. Restano in preda alle tenebre, incapaci di aprirsi al bello, alla luce vera, al calore della vita.

    Scribi e farisei sono persuasi che il Figlio di Dio sia un demonio e, come tale, lo considerano senza ammettere prove d’appello. Neppure il miracolo più eclatante può far cambiare loro opinione. Questa cecità, questa sordità a tutto, anche all’amore, è il peccato peggiore che un uomo possa compiere: il peccato contro lo Spirito Santo (v. 29).

    Il rifiuto del divino, il negarne l’esistenza in modo caparbio, chiudendosi in una tanto cinica quanto aprioristica opposizione, il sostenere sempre il contrario di ciò che si vede, perfino con i propri occhi… questo è il peccato che più ci allontana da Dio. Questa è la bestemmia che ci può davvero costare la dannazione eterna. Perché non c’è peggior male di quello che non si riconosce di aver compiuto. Non è un male che non si vede, che si tiene nascosto. No! Peggio ancora! E’ un male di cui noi stessi, che lo operiamo, non vogliamo neppure prendere coscienza.

    Dio è pronto a perdonare tutto, purché noi ammettiamo l’errore. Ma, la supponenza che ci spinge a ritenerci perfetti, l’arroganza che ci convince di non avere colpe né parti di noi stessi da migliorare, sono le principali cause che ci impediscono di accogliere il perdono del Signore. E così, un pregiudizio ci condanna a vagare nelle tenebre del male, lontani da Dio.

    Ma tutto ciò accadeva solo nel passato, oppure anche ai nostri giorni? Chi, fra noi, oggi proprio non vuol vedere e non vuol sentire, pronto a negare anche l’evidenza ed a scagliarsi contro chiunque abbia un pensiero differente? Meditiamo e preghiamo.

    Proprio tu, che stai leggendo queste righe oggi, sei chiamato ad essere ricettivo nei confronti di questo amore. La messe è abbondante, ma gli operai sono pochi: servono testimoni e messaggeri della Parola di Dio, capaci di offrire a chi ci sta accanto, e resta lontano da Dio, una prospettiva di luce. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    L’immagine di oggi è: “La tentazione di Cristo”, mosaico, duomo di Monreale (PA), XII sec.

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  • Perché proprio a me?

    Perché proprio a me?

    Questa pagina è difficile, ma offre una risposta ad un importante interrogativo. Ti è mai capitato di ammalarti e pregare con tutto il cuore per guarire… ma niente? E allora ti assalgono mille dubbi. Perché Dio non ascolta? Perché proprio a me? La risposta… è più coraggiosa di quanto immagini.

    Il mio commento (in)solito a:
    “Guarì molti che erano affetti da varie malattie” (Marco 1,29-39)

    Sai qual è l’errore più comune? Pensare a Gesù come a un guaritore, un santone capace di far sparire i nostri problemi con una parola magica. Un po’ come facevano gli abitanti di Cafarnao: “Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati… Guarì molti” (vv. 32-34). Gli correvano dietro, si aggrappavano al suo mantello, arrivavano perfino a sfondare i tetti pur di avvicinargli un malato.

    E noi? Non siamo poi così diversi. Ti ricordi quelle vecchie macchinette che distribuivano palline con le sorprese? Bastava inserire la monetina e girare la manopola. Ecco, a volte trattiamo Gesù proprio così: mettiamo la “monetina” della preghiera e ci aspettiamo il miracolo. Subito. Ma non funziona così.

    Gesù non è un distributore automatico di grazie. Lui ci ama troppo per accontentarci con un gesto superficiale. Non aspetta che lo cerchiamo, perché è già lì, accanto a noi. Scende in strada, entra nelle nostre vite, si sporca le mani per guarirci davvero. Non solo nel corpo, ma nel cuore.

    E allora, perché non sempre ci guarisce?

    Perché Dio ascolta SEMPRE, ma non come vogliamo noi. A volte la guarigione non è la cosa migliore. Strano, vero? Ma San Paolo lo aveva capito bene: “Per tre volte ho pregato il Signore che allontanasse da me questa spina nella carne… Ed Egli mi ha risposto: Ti basta la mia grazia; la mia forza si manifesta pienamente nella debolezza” (2Corinzi 12,7-9).

    Questo significa che Dio non ci guarisce? No! Dio è Amore. Un amore infinito, capace di scendere in mezzo a noi e portare sulle spalle la nostra croce. Anche quando non capiamo, anche quando soffriamo, la Sua volontà è sempre per il nostro bene. Anche se questo bene passa per la sofferenza.

    Un esempio lampante lo troviamo nella vita di Sant’Ignazio da Loyola. Correva l’anno 1521 ed Ignazio era un uomo d’armi, coraggioso, ma piuttosto irruento al punto che finì perfino sotto processo. Ignazio si trovò con un manipolo di pochi uomini a difendere la città di Pamplona stretta d’assedio. Un colpo d’artiglieria lo colpì alla gamba frantumandogli l’osso in più parti. Rimase gravemente ferito e più volte rischiò di morire. Puoi immaginare le sofferenze a cui fu sottoposto. Eppure la ferita gli salvò l’anima, perché durante la malattia fu costretto a letto, con la sola compagnia di due libri: vita di Gesù del certosino Landolfo di Sassonia e le vite dei santi del domenicano Jacopo da Varazze. Queste vite pian piano penetrarono nella sua. Ignazio imparò cosa voleva dire amare e si convertì, depose le armi e divenne uno dei massimi santi che la Chiesa abbia mai avuto. Ecco come perfino un male, qualche volta, può far bene a una persona.

    Gesù stesso, nel Getsemani, ha pregato: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Luca 22,42). Non la mia. La TUA. La nostra volontà può essere di guarigione, ma quella di Dio può essere orientata ad un bene maggiore per noi. Ecco che la sua risposta alla nostra preghiera può essere diversa da quanto ci aspettiamo, ma qualunque essa sia si tradurrà in un bene per noi.

    Hai bisogno di Gesù? Chiedigli aiuto! A volte ti guarirà. Altre volte ti darà la forza di affrontare il dolore. Ma una cosa è certa: non ti lascerà mai solo. Lui sa quello che noi non possiamo capire.

    E allora affidati a Lui. Perché Gesù ha già vinto la morte. E con Lui, vincerai anche tu.

    #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Ecce Homo”, di Juan de Juanes, 1570, olio su tavola, 83×62 cm, Museo del Prado, Madrid

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  • Il male esiste, ma il bene trionferà sempre

    Il male esiste, ma il bene trionferà sempre

    Fin dall’inizio dei tempi, da quel peccato originale che ha cambiato tutto, il maligno ci tormenta. Ci ostacola, ci sussurra dubbi e paure. Sai perché? Perché Dio ci ama, profondamente. E questo, il male, non lo sopporta.

    Il mio in(solito) commento a:
    Gesù insegnava come uno che ha autorità (Marco 1,21-28)

    Un tempo Lucifero era un angelo, splendente di luce. Ma l’orgoglio lo ha corrotto. Ha sfidato Dio, scegliendo liberamente di staccarsi da Lui. E quella scelta, consapevole e definitiva, non ha più rimedio.

    Ma tu ti sei mai chiesto perché Dio non ha perdonato gli angeli ribelli, mentre con noi è così paziente e misericordioso? La risposta è semplice e sconvolgente: loro sapevano. Conoscevano bene la differenza tra il bene e il male. E hanno scelto il male, senza esitazioni. Noi, invece, inciampiamo, sbagliamo, spesso senza piena consapevolezza. Perché il nostro cuore non riesce a cogliere tutta la grandezza di Dio. Ma Lui, nella sua infinita bontà, ci tende sempre la mano. Ci rialza. Ci perdona.

    E il Vangelo di oggi ci racconta qualcosa di straordinario: Gesù compie il primo esorcismo. Non ci sono racconti simili nell’Antico Testamento, se non quello di Tobia, dove è l’Arcangelo Raffaele a scacciare un demone. Ma con Gesù tutto cambia. Lui comanda agli spiriti impuri, e questi obbediscono. Non serve altro. Solo la sua Parola.

    I demoni conoscono bene chi è Gesù. Lo riconoscono prima di chiunque altro. Eppure non riescono ad amarlo. A loro manca proprio quello che ci rende più vicini a Dio: la carità, l’amore. Quel comandamento che ci invita ad amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come noi stessi, i demoni lo rifiutano. Ecco perché, agli occhi di Dio, noi siamo più preziosi.

    Dio non smetterà mai di cercarci. Anche quando ci allontaniamo, Lui ci insegue. Come un pastore che lascia tutto per ritrovare la pecora smarrita. Come un innamorato che non si arrende. E Gesù prega per noi: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me” (Giovanni 17,24).

    Ti sarà utile, nei momenti difficili, recitare questa preghiera che la Chiesa raccomanda ad uso privato dei fedeli che si trovano a dover lottare contro il potere delle tenebre:

    Tu hai voluto, o Dio,
    rendermi figlio [figlia] della luce con l’adozione per grazia;
    non permettere al Maligno di avvolgermi con le sue tenebre,
    ma fa’ che io possa sempre rimanere
    nello splendido fulgore della libertà
    di cui mi hai fatto dono.
    Per Cristo nostro Signore.
    Amen.

    E ricorda, che le tenebre non prevarranno! (cfr Matteo 16, 18).

    Sant’Agostino diceva: “Tra l’ultimo nostro respiro e l’inferno, c’è lo smisurato oceano della Misericordia di Dio”. Un oceano in cui possiamo sempre tuffarci. E tu, sei pronto a lasciarti avvolgere da questo amore infinito?

    #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La tentazione di Cristo sul monte”. di Duccio di Buoninsegna, 1308, tempera su legno, 43×46 cm, Museo dell’Opera del Duomo, Siena

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  • Si prepara una guerra tra luce e tenebre

    Si prepara una guerra tra luce e tenebre

    Sei pronto a scoprire l’Apocalisse come non l’hai mai immaginata?
    Il mio in(solito) commento a:
    Il Figlio dell’uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti (Marco 13,24-32)

    Non spaventarti: non parliamo di catastrofi e distruzioni, ma di una rivelazione. Sì, perché è questo il vero significato del termine “apocalisse”: svelare un segreto, farci intravedere il disegno meraviglioso che ci attende.

    Pensaci: mentre ci prepariamo all’Avvento e al Natale, la Liturgia ci invita a riflettere su un’altra grande attesa, quella della fine dei tempi. Ma attenzione, qui non si tratta di temere la fine, bensì di guardare oltre, di intravedere un nuovo inizio. Perché anche nel dolore e nella distruzione si nasconde una promessa: come il travaglio di una madre che culmina in una nuova vita, così la fine non sarà altro che una trasformazione.

    E allora, cosa ci aspetta? Una vita in mezzo a Dio. Una vita illuminata dal Suo amore, senza notte, senza lacrime, senza morte. È una certezza che non deve farci paura, ma infonderci coraggio. Come dice l’Apocalisse: “Il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5).

    E se ci fosse una connessione profonda tra l’attesa dell’Avvento e quella della Seconda Venuta?
    Dio che si è fatto carne duemila anni fa per abitare in mezzo a noi, tornerà per portarci a vivere in mezzo a Lui. Non è straordinario? Anche San Paolo lo spiegava ai primi cristiani, spaventati e confusi: “Non lasciatevi allarmare, il giorno del Signore verrà, ma nessuno sa quando” (2Ts 2,1-2).

    E qui sta il punto: non dobbiamo vivere con la paura nel cuore, ma con la speranza che ogni difficoltà è solo un passaggio. Il male che oggi ci circonda, i momenti bui che attraversiamo, sono un percorso. Ma un giorno saranno spazzati via. Saremo finalmente liberi dalle catene del peccato e ci innalzeremo fino al cuore di Dio, dove l’amore è puro e la gioia eterna.

    Fino ad allora?
    Continuiamo a camminare con Dio, a cercarlo nelle pieghe della nostra quotidianità. Anche se il peccato originale talvolta ci appesantisce, anche se il demonio ci insidia, abbiamo una certezza incrollabile: la nostra tristezza si trasformerà in gioia. E quella gioia, un giorno, sarà perfetta, perché “Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi” (Ap 21,4).

    Prepariamoci al momento in cui il Dio-con-noi tornerà per portarci con Sé. Non moriremo, vivremo. Perché Dio è il Dio dei viventi, ed Egli sarà la nostra luce. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    GuidoReni_MichaelDefeatsSatan
    Il dipinto di oggi è: “San Michele Arcangelo sconfigge il demonio”, di Guido Reni, 1630, olio su tela, 293×202 cm, Santa Maria della Concezione, Roma

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  • Cosa significa: rimetti a noi i nostri debiti?

    Cosa significa: rimetti a noi i nostri debiti?

    Il perdono. Questo sconosciuto… Ma perché mai dovremmo perdonare chi ci ha ferito? Vieni, ti porto in un viaggio dentro questa parola misteriosa e potente.

    In(solito) commento a:
    “Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai” (Lc 17,1-6)

    Ogni giorno, noi cristiani recitiamo una preghiera straordinaria: il Padre nostro. «…rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori…» (Mt 6,12). Ma se siamo sinceri, quanti di noi ci pensano davvero? Perdonare chi ci ha fatto del male… perché dovremmo farlo?

    Davanti a un’offesa, restano solo due strade: vendicarsi o perdonare. La vendetta promette sollievo, ma in realtà ci fa entrare in un circolo vizioso, moltiplicando il dolore: «Occhio per occhio. Se fosse applicata questa legge il mondo sarebbe cieco» (Kahlil Gibran). Ecco perché la via del perdono non è solo l’alternativa, ma l’unica vera cura.

    Perché il perdono ci spinge avanti, verso il domani, mentre il rancore ci inchioda a ieri, a quel dolore che ci ha segnati. Chi sceglie l’odio o la vendetta pensa di guarire colpendo, ma non fa che riaprire ferite, rendendosi prigioniero di chi quel dolore gliel’ha inferto. Il perdono, invece, ci libera. Ogni volta che perdoniamo, alleggeriamo il nostro cuore, ci riavviciniamo a Dio e ritroviamo pace.

    Non è mia abitudine usare parole in greco o latino, ma questa volta è importante: il termine greco “aphíemi” usato per “perdonare” significa proprio “lasciare andare”, “liberare”. Ecco cos’è il perdono: un gesto che ci sgancia dal passato, dai tentacoli del risentimento. Perdono è rinascita, è pace con Dio e con la nostra coscienza.

    Certo, lo so, perdonare chi ci ha ferito è una sfida. A volte sembra impossibile amare chi si comporta come un nemico. Eppure, quando ci riusciamo, sperimentiamo qualcosa di simile alla grazia, un dono che il Signore stesso ci concede. Lui sa dove noi fatichiamo ad arrivare. Anche Gesù, dall’alto della croce, ha perdonato: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Il suo amore ha superato la logica della vendetta e del risentimento.

    Ma per noi, esseri umani, com’è possibile non solo non condannare, ma persino offrire qualcosa a chi ci ha fatto del male? Qui sta la forza dell’amore di Dio, il “prototipo” di quel sentimento che Lui ci invita a provare: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).

    Questo è il vero volto dell’amore di Dio. Un amore che non si concede come un premio, ma come un dono: “Poiché Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Gv 3,16). Un amore che arriva a dare tutto: “Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici” (Gv 15,13).

    Dio ci chiama a scrivere una storia di bene nella vita degli altri, anche di chi ha sbagliato con noi. Basta una parola, un sorriso, un abbraccio per trasmettere agli altri la cosa più preziosa che abbiamo ricevuto: il perdono. Non dimentichiamo mai le parole di Gesù: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).

    Questo è il cuore di Dio! Un cuore di Padre, che vuole il bene per ciascuno dei suoi figli, perché vivano nella gioia e nella pienezza. Un cuore che ci apre le porte della sua misericordia, oltre il nostro piccolo concetto di giustizia, e non ci ripaga secondo le nostre colpe. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Ecce Homo”, di Juan de Juanes, 1570, olio su pannello, 83×62 cm, Museo del Prado, Madrid

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  • Perché Gesù loda l’amministratore disonesto?

    Perché Gesù loda l’amministratore disonesto?

    Vieni con me, perché oggi voglio parlarti di una parabola che lascia un po’ spiazzati: quella dell’amministratore disonesto. È un brano che ci sfida a guardare la vita e il prossimo da una prospettiva sorprendente, una di quelle storie di Gesù che non possiamo spiegare con una semplice morale. Vuoi un primo assaggio? Te lo do qui, ma se vuoi andare oltre, scopri la seconda parte sul mio blog https://www.labuonaparola.it/lamministratore-disonesto-una-spiegazione/

    Il mio in(solito) commento a:
    I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce (Luca 16,1-9)

    Eh sì, qualche volta Gesù ci mette davanti ad una parabola difficile. Ci sconcerta che questo amministratore disonesto venga lodato. Proprio non capiamo. Ha sperperato i beni del suo padrone e, anche dopo essere stato colto sul fatto, ha continuato a truffarlo, falsificando i conteggi, per ingraziarsi i debitori, nella speranza di trovare un lavoro presso di loro. Proprio un tipaccio.

    Eppure, ti confesso che provo empatia per questo amministratore scaltro e senza scrupoli. San Luca riesce a dipingerlo così bene che è impossibile non immaginarsi nella sua stessa situazione, sentire le sue stesse ansie. Riesci a immaginarlo anche tu? Il gelo che lo pervade quando capisce di essere stato scoperto, l’angoscia, quel misto di vergogna e determinazione che lo spinge a escogitare un piano. “Non ho la forza di zappare, e mendicare mi vergogno… so io cosa farò!”, pensa tra sé e sé (vv. 3-4). Un uomo in trappola, combattuto, aggrappato a una speranza che cerca disperatamente di non perdere.

    Qui c’è qualcosa di universale, non trovi? La lotta tra il bene e il male, il richiamo di una caduta lontana, quella di Adamo ed Eva. Forse, ci riconosciamo in lui perché, in fondo, è uno di noi. Per quanto abbia sbagliato, quest’uomo è umano. E c’è qualcosa in lui che risuona in ognuno di noi, qualcosa che ci porta a provare una sorta di simpatia, quasi fossimo lì a “tifare” per lui, a volerlo salvare.

    E qui arriva il punto: se noi riusciamo a provare compassione, affetto, quasi una solidarietà verso di lui… pensa quanto Gesù ami ciascuno di noi, anche chi sbaglia! Se noi possiamo guardare con indulgenza questo uomo astuto e imperfetto, quanto più Dio, che ci conosce profondamente, sarà capace di amarci nonostante i nostri errori, di guardare oltre, di cercare quel piccolo seme divino nascosto nel fondo della nostra anima.

    Amica, amico, c’è una certezza che non ci abbandona mai: non importa quanti errori commettiamo, possiamo sempre contare sull’amore senza condizioni di Dio. Sì, anche dentro chi ci è più distante, anche dentro chi sbaglia ogni giorno, perfino in chi ha compiuto le azioni peggiori, Dio continua a seminare la speranza.

    Ecco il nostro Dio, un Dio misterioso e straordinario, che ci invita a essere misericordiosi con gli altri, anche con chi non lo meriterebbe secondo il nostro giudizio. E a essere misericordiosi con noi stessi, anche quando pensiamo di non meritare più nulla. Perché Dio ci ama, ci abita e non smetterà mai di cercare quel seme di bene che sopravvive in ciascuno di noi #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Vuoi altre risposte sull’argomento? Le trovi qui: https://www.labuonaparola.it/lamministratore-disonesto-una-spiegazione/

    Il dipinto di oggi è: “Cristo Crocifisso con Maria Maddalena che piange”, di Francesco Hayez, 1827, olio su tela, 103.7 x 220 cm, Museo Diocesano Carlo Maria Martini, Milano

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