Tag: miracoli

  • Come affidarsi alla Provvidenza?

    Come affidarsi alla Provvidenza?

    Sapevi che più Dio ti ispira a fare una cosa che da solo non potresti fare, più ci mette mano Lui?

    Il mio (in)solito commento a:
    Tutti mangiarono a sazietà (Luca 9,11-17)

    Il nostro limite più grande, quello che ci paralizza e non ci permette di agire, è la mancanza di fiducia in Dio. Gli crediamo. Pensiamo che esista. Ricorriamo a Lui nelle preghiere. Ma poi, quando davvero serve affidarsi ad un miracolo, non riusciamo a lasciarci andare. Non riusciamo a liberare la nostra anima dai lacci che la legano a questo mondo materiale, incapace di librarsi verso quell’infinito che ci promette Dio. Così restiamo limitati, fermi, bloccati, tristi e delusi.

    Oh, se solo avessimo fede, potremmo spostare perfino le montagne! “Allora Gesù, rispondendo, disse loro: «Abbiate la fede di Dio! Perché in verità vi dico che se alcuno dirà a questo monte: ‘Spostati e gettati nel mare’, e non dubiterà in cuor suo, ma crederà che quanto dice avverrà, qualunque cosa dirà, gli sarà concesso. Perciò vi dico: Tutte le cose che domandate pregando, credete di riceverle e le otterrete” (Mc 11,22-24).

    Ma quando riusciamo ad affidarci completamente a Dio, quando siamo capaci di abbandonarci a Lui, è lì che avvengono veramente i miracoli! Sì, perché quando la nostra fede non è limitata dalla paura, allora Dio agisce attraverso di noi, permettendoci di realizzare anche l’impossibile.

    Non c’è limite alla Provvidenza. E’ una frase fatta, ma è anche una realtà. Non c’è limite perché la Provvidenza opera nella sproporzione. Più qualcosa è difficile da ottenere, più Dio interviene per aiutarci a realizzarla. Non meravigliarti, no, non meravigliarti affatto se con cinque pani e due pesci si potranno sfamare cinquemila persone e ricavare ceste di avanzi. Perché è così che agisce Dio.

    Perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. E’ una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza.

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Sì, Lui non si ferma a pensare se pochi pani e pochi pesci potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno. Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili.

    A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole” (cfr. Giovanni 3,8).

    E tu, hai fiducia nella Divina Provvidenza?

    #Santanotte. La nostra fede sia, prima di tutto, fantasia e coraggio. E, se avremo Dio nel cuore, nessun ostacolo ci fermerà!

    Alessandro Ginotta

    Ferdinando Palmerio – Guardiagrele (1824-1916) 1872. Olio su tela, cm. 250 x 145

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  • Credere nei miracoli

    Credere nei miracoli

    Quando tutto attorno a noi va al contrario e non riusciamo a trovare una via d’uscita, siamo ancora disposti a credere in un miracolo?

    Il mio in(solito) commento a:
    Cercavano di arrestare Gesù, ma non era ancora giunta la sua ora (Giovanni 7,1-2.10.25-30)

    Capitano nella vita terribili momenti, in cui dolore e sofferenza ci piombano addosso. Sono periodi tristissimi, pervasi dalla sensazione che l’intero mondo stia crollando su di noi, ferendoci e schiacciandoci con il suo peso.

    Quando proprio non si può più far nulla, quando il mondo ci presenta un destino che appare implacabile ed ineludibile, invitandoci a rinunciare ad ogni speranza, siamo ancora disposti a credere nel miracolo? Accettiamo l’idea che Dio, oltre ad esistere come entità astratta, sia davvero un Padre buono che sta sempre accanto a noi, pronto ad aiutarci e a risollevarci ad ogni inciampo? Gli diamo la possibilità di intervenire nella nostra vita rinunciando al contagio della cinica diffidenza che dilaga in questi tempi attorno a noi?

    Tante volte le persone soffrono perché sono scoraggiate: pensano che nulla possa cambiare la loro situazione. Sono convinte che niente potrà mai restituire loro la serenità. Eppure il Vangelo ci insegna a sperare sempre, anche contro ogni speranza (cfr Rm 4,16-25). Perché: «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37).

    Sì, il Dio che ci ha creati dal nulla, per farci simili a Lui. Il Dio che ha lasciato le comodità dei cieli per incarnarsi e venire a camminare in mezzo a noi, su questa terra malata. Il Dio che, per noi, ha addirittura versato la sua vita, donandoci pure l’impossibile. Il Dio che ha risuscitato Lazzaro ed il figlio della vedova di Nain. Il Dio che ha sfamato una moltitudine di cinquemila uomini spezzando cinque pani e due pesci. Il Dio che ha ridato la parola ai muti, l’udito ai sordi e la vista ai ciechi. Il Dio che ha vinto la Croce… Questo Dio può! Si può aiutarci a modificare il nostro destino. Questa è la nostra fede: Lui potrà trasformare il più grave dei problemi in un’opportunità. Dio potrà trasformare la nostra tristezza in gioia. Basterà avere fede in Lui. La fiducia è l’unico requisito che ci viene richiesto.

    Pensiamo a Gesù, catturato, maltrattato, torturato, denudato, inchiodato ad una croce e trafitto con una lancia. Una situazione angosciante, che chiunque considererebbe senza scampo. Eppure, anche in questo caso così disperato, Gesù ci ha insegnato a sperare.

    Perché è proprio l’ora più buia quella che precede l’alba. Così, anche quando ci troviamo inchiodati ai nostri problemi, non dobbiamo smettere di coltivare la speranza. Dobbiamo permettere a Gesù di amarci ed essere capaci di restituirgli il suo amore. Credere in Lui. Ed anche il peggiore dei pianti si muterà in sorriso.

    Così, la prossima volta che accadrà qualcosa “che sembrerà impossibile” non siamo precipitosi nel decretare la nostra sconfitta davanti al mondo, ma impariamo ad aprirci al soprannaturale, confidando nel grande mistero di Dio che può tutto ed è più grande di tutto. Perché, come ha osservato Papa Francesco durante la Veglia Pasquale del 2021: “E’ possibile ricominciare sempre, perché c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova“.

    Sì, amici cari, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. E’ una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza.

    #Santanotte amici. La luce che brilla dentro di voi, quella scintilla che Dio stesso ha messo nella vostra anima, resti sempre accesa, capace di rischiarare anche i momenti più bui. E’ questa luce di speranza che ci parla di Dio.

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo catturato da un soldato” del pittore danese Carl Bloch, 1890, olio su rame

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  • Il vino migliore? É quello che sta per arrivare!

    Il vino migliore? É quello che sta per arrivare!

    Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che, per una ragione o per l’altra, ormai sentono di avere rotto tutte le anfore.

    Il mio in(solito) commento a:
    Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù (Gv 2,1-11)

    La strada si snoda polverosa tra le montagne. Qua e là, esili ciuffi d’erba cosparsi di sabbia, fanno capolino tra i sassi, sotto il sole cocente dell’estate. D’un tratto, dietro ad un declivio, la discesa si fa più dolce. Qualche albero di fico costeggia la via e, ascoltando in lontananza, sentiamo un vociare festoso. Due sentieri abbracciano una bassa collina a vigneto; un pergolato unisce una fila di colonne ad un muro di pietra bianca. Di là una villa signorile ed un ampio cortile. É qui la festa. Dame in vestiti colorati indossano vistosi gioielli d’oro e bronzo. Danzatrici con campanelli legati alle caviglie allietano il pomeriggio, mentre servitori indaffarati corrono tra i tavoli, ora a servire carni succulente, ora a riempire brocche di vino.

    Finché, ad un certo punto, un servitore appare allarmato: non hanno più vino. Lo sussurra all’orecchio di una signora elegante ma sobria: indossa una veste candida ed un manto celeste. La bellissima moglie del falegname.

    La donna osserva il Figlio che pare spazientito. Lo guarda e gli dice: «Non hanno vino» (cfr. v. 3). Ed egli rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (cfr. v. 4). Ma poi i suoi occhi incontrano quelli della Madre e si riempiono di dolcezza. Sì, come in noi, ogni volta che recitiamo l’Ave Maria, il cuore si fa più tenero, anche il cuore di Dio non può resistere ad una richiesta della Madre. Ed ecco, colui che era rimasto nascosto per oltre trent’anni, in un anonimato silenzioso, iniziò a farsi strade tra le vie della Galilea. «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (cfr. v. 5) disse Maria, rivolgendosi alla servitù. Ed essi obbedirono.

    “Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui” (vv. 6,11).

    In queste righe, amici, vediamo Maria, nel ruolo che, ancora oggi, ricopre per tutti noi: mediatrice tra l’uomo e Dio. Ponte tra Dio e l’uomo. Tra quanto crediamo possibile e quanto, è solo apparentemente impossibile.

    Sì, perché il miracolo, compiuto da Gesù per intercessione di Maria, avviene anche oggi, nelle nostre vite, molto più spesso di quanto noi crediamo. Basterà che noi crediamo. E la nostra vita si trasformerà: l’incredibile, il miracolo, da impossibile diventerà tanto possibile quanto è naturale bere un sorso d’acqua.

    Dobbiamo avere un cuore aperto al trascendente, una mente disposta a credere che i miracoli avvengono e sono possibili. Ma come possiamo pretendere che un miracolo avvenga, quando siamo proprio noi i primi a non credere che si possa realizzare? Ecco che, quando si presentano delle difficoltà, ci vuole il coraggio di lottare per arrivare al Signore.

    Ed è questa la forza della preghiera: la convinzione che, quanto stiamo per chiedere, si realizzerà. Dobbiamo avere quella fiducia che slega la cordicella e ci fa librare lassù, in alto, dove l’azzurro del cielo è così luminoso da non poter raccogliere nessuna ombra. Gesù ci chiede un abbandono filiale alla provvidenza del Padre celeste, il quale si prende cura dei suoi figli.

    Oggi impareremo ad aver fede, anche quando ogni speranza sembra perduta. Anche quando il vino sembra proprio finito. Quante volte, nella nostra vita, non c’è più vino? La mancanza di lavoro, le malattie, le sofferenze, le delusioni, svuotano le nostre brocche. E le anfore della speranza sono secche. Allora, dobbiamo imparare a non disperare, anche quando sembra troppo tardi. Non dobbiamo mai smettere di avere fede e rivolgerci a Maria. E rivolgerci a Gesù. Sì, amici cari, perché oggi, come duemila anni fa, il vino migliore arriva alla fine. Anche oggi il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per noi deve ancora arrivare. Anche se la malattia sembra averci portato via tutto. Anche se la povertà ha rubato ogni nostra ricchezza. Anche se la tristezza ha trafugato ogni nostra speranza. Abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore.

    Sì, perché Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che, per una ragione o per l’altra, ormai sentono di avere rotto tutte le anfore. Come ci invita Maria, facciamo “quello che Dio ci dice” (cfr Gv 2,5). E il vino migliore arriverà anche per noi!

    #Santanotte amici, Dio riempia le anfore dei vostri cuori con il vino che ha il calore dell’amore! Dio vi e ci benedica tutti amici cari.

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo Consolatore”, capolavoro del pittore danese Carl Heinrich Bloch, olio su tela, 1890, Cappella Frederiksborg Palace, Copenhagen

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  • Che cos’è la fede?

    Che cos’è la fede?

    I miracoli? Esistono! Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi.

    Il mio in(solito) commento a:
    Moltiplicando i pani, Gesù si manifesta profeta (Mc 6,34-44)

    Ma come, Gesù!? Non sai che “cinque pani d’orzo e due pesci” non bastano? Lo pensa Filippo, che di matematica se ne intende, tant’è che sta calcolando quanti denari ci vorranno per sfamare le cinquemila bocche che si trova davanti. Lo pensa Andrea, che da buon pescatore, i pesci li conosce bene. E lo pensiamo anche noi. Vero?

    Avremo tutti letto questo brano decine e decine di volte, e chissà quante altre l’avremo sentito proclamare in Chiesa. Eppure, se d’incanto noi venissimo catapultati duemila anni nel passato, trovandoci immersi nella scena, guardando quelle tuniche mosse dal vento, osservando quegli occhi stanchi, quei visi sudati, la sabbia tra i calzari e sui piedi scalzi, anche noi saremmo tentati di pensare che cinque pani e due pesci non potranno bastare per tutti.

    Eppure, se avessimo fede, sapremmo che, proprio con la fede, si potranno spostare perfino le montagne! (cfr. Marco 11,22-24). Sì, amici cari, io vi ho portati, con la fantasia, sul monte che sorge sull’altra sponda del mare di Galilea, ma se ora proveremo a guardare dall’altra parte dello specchio, là dove si trovano le nostre case, là dove trascorrono le nostre vite, in mezzo ai nostri problemi, alle nostre difficoltà quotidiane, in mezzo alla malattia, e talvolta in mezzo a piccole gioie, scopriremmo che anche lì Gesù ci invita ad avere fede. Ci sprona a desiderare di poter spostare le montagne.

    Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. È una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza. E, se saremo capaci di coltivare questa virtù, scopriremo anche noi che, da cinque pani d’orzo e due pesci, potremo non solo tirare fuori tutto quel che servirà per far mangiare cinquemila persone, ma addirittura potremo riempire dodici ceste con gli avanzi.

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Sì, Lui non si ferma a pensare se pochi pani e pochi pesci potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno.

    Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili. A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole”.

    #Santanotte amici cari. Fidiamoci di Dio, mettiamo nelle sue mani ogni nostro problema e Lui, ci offrirà una soluzione sorprendente. Dio vi e ci benedica tutti!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Moltiplicazione dei pani e dei pesci”, icona ortodossa del XX secolo

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  • Ecco perché dobbiamo fidarci di Dio

    Ecco perché dobbiamo fidarci di Dio

    Ci viene facile immaginare un Dio vittorioso e potente, svettare sulle nuvole e scagliare fulmini per punire chi si comporta male… mentre è decisamente più complicato accettare l’idea di un Dio mansueto, che si sottopone ad un giudizio ingiusto senza fiatare, per poi morire crocifisso

    Il mio in(solito) commento a:
    Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli (Matteo11,25-30)

    Il tempo è cambiato, nubi si addensano all’orizzonte ed il mare di Galilea non è più quella tavola piatta attraversata a piedi da Gesù, ma si sta increspando. Ci troviamo all’indomani del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ed anche il grande entusiasmo del giorno prima si è spento. La gente interroga Gesù, e le sue risposte non piacciono. 

    L’uomo è “capriccioso”. Finché le cose vanno bene, fintanto che la pancia è piena, siamo tutti d’accordo, felici e contenti. Ma quando, attorno a noi, comincia ad alzarsi vento di bufera, le capanne di paglia crollano, insieme alla maggior parte dei buoni propositi.

    Così, il Dio che elargisce miracoli gratuitamente e moltiplica il cibo, piace. Mentre, quello che parla chiaro esortandoci ad occuparci dello spirito e non solo della carne, ci inquieta. Quando poi Gesù lascia intravedere il destino della Croce, la folla si scioglie e perfino qualche discepolo si allontana: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (v. 60). Ci viene facile immaginare un Dio vittorioso e potente, svettare sulle nuvole e scagliare fulmini per punire chi si comporta male… mentre è decisamente più complicato accettare l’idea di un Dio mansueto, che si sottopone ad un giudizio ingiusto senza fiatare, per poi morire crocifisso. Dobbiamo fare uno sforzo spirituale troppo grande per capire che non tutto è come ci aspettiamo. Che, qualche volta, si può vincere anche perdendo. Come ha fatto Gesù. 

    In realtà i discepoli hanno capito bene il discorso di Gesù. Talmente bene che non vogliono ascoltarlo, perché è un discorso che mette in crisi la loro mentalità. La vera causa “dell’incomprensione” è la mancanza di fede: «Tra voi ci sono alcuni che non credono» (v. 64), dice Gesù. Infatti: «molti dei suoi discepoli tornarono indietro» (v. 66). Di fronte a queste defezioni, Gesù non fa sconti e non attenua le sue parole, e mette i Dodici davanti ad una scelta  precisa: «Volete andarvene anche voi?» (v. 67). 

    Gesù ci chiede di avere fede in Lui. Dobbiamo fidarci di un Dio che vince in modo decisamente strano: vince la morte passandoci attraverso. Vince la Croce salendoci sopra. E così impariamo che non si possono scavalcare od eludere gli ostacoli, ma che li dobbiamo affrontare, con la serenità che Dio sta con noi. Sì, perché anche se noi “lo abbandoniamo” quando le sue parole non ci piacciono, Lui non si separa mai da noi. Ma ci sta sempre vicino. Anzi, Lui è pronto a lasciare tutto ed inoltrarsi nel deserto per venirci a cercare, quando ci smarriamo.

    I Dodici lo capiscono e San Pietro risponde, a nome di tutti loro, con un’altra domanda: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (v. 68). Abbiamo bisogno di restare insieme a quel Dio che cammina con noi. La fedeltà è questa: legarsi ad una persona per camminare insieme sulla stessa strada. Lo fanno gli sposi. Lo fa l’umanità che sposa Gesù. Tutto quello che abbiamo nel mondo non sazia la nostra sete d’infinito finchè ci ostiniamo a restare soli. Noi abbiamo bisogno di Gesù, di stare insieme a Lui, di nutrirci della sua Parola. Perché più gli restiamo vicino, più cresce il nostro desiderio di rimanere con Lui. E così, ancora una volta, Dio vince in modo per noi incomprensibile. Gesù è morto al nostro posto! Cristo non solo ha dato la sua vita per noi, ma è risorto per vincere definitivamente la morte!

    #Santanotte amici cari. Le cose di Dio non si possono capire solo con la testa, ma le dobbiamo comprendere con il cuore e con lo spirito. 

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo e il bambino” di Carl Bloch, 1873, olio su tela, 385 × 160 cm, Chiesa di San Nicola, Holbæk (Danimarca)

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  • No, Dio non è (solo) un guaritore!

    No, Dio non è (solo) un guaritore!

    Perché la guarigione di Gesù parte dalle più recondite profondità dell’anima per poi salire ad irradiarsi a tutto il corpo… e Lui è decisamente più interessato alla prima.

    Il mio in(solito) commento a:
    Gesù guarì molti che erano afflitti da varie malattie (Mc 1,29-39)

    Lo inseguono buttandosi in strada pur di toccargli anche solo un lembo del mantello, si arrampicano sugli alberi per poterlo seguire quando passa, praticano fori nel tetto per calare una barella proprio davanti a Lui. E oggi, dovrà prendersi cura perfino della suocera di Pietro. Tutti, ma proprio tutti cercano Gesù. Desiderano guarire. «Tutti ti cercano» (cfr. v. 37) lo incitano gli apostoli, ma Gesù risponde: «Andiamo altrove, per i villaggi vicini, affinché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto» (cfr. v. 38). 

    Non cerca la popolarità, ma non desidera neppure essere scambiato per uno sciamano. No, Gesù è molto, molto di più. Perché Cristo non si limita a guarire, ma vuole farci stare bene. E c’è molta differenza tra il non stare male ed il sentirsi bene: un abisso che è fatto d’amore, di gioia, di voglia di vivere, di bramosia di mettersi in gioco.

    Gesù ci guarisce perché ci ama. E che cosa desidera una persona che ama un’altra? Che l’amato stia bene. Paralitici, lebbrosi, febbricitanti, ciechi, perfino indemoniati. Il suo amore per noi è così grande che il suo cuore si muove a compassione ogni volta che un ammalato gli chiede soccorso.

    Ma la vera missione di Gesù non è questa. O meglio: non è solo questa. «Tutto è possibile per chi crede», così il Salvatore si rivolge al padre del ragazzo epilettico, che gli risponde a gran voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità» (cfr. Marco 29,23-24). «Se vuoi, puoi purificarmi!». «Lo voglio, sii purificato!». E’ il dialogo con il lebbroso (cfr. Marco 1,40-45). «Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?» (cfr. Marco 2,9). La guarigione di Cristo parte dall’anima e poi si irradia a tutto il corpo: rimuovendo i nostri peccati Gesù toglie anche gli ostacoli che ci paralizzano, ci restituisce forza e salute. Guarendoci, ci restituisce la vita, non solo quella terrena, ma anche quella eterna. Quella vera.

    Come abbiamo visto, Dio, prima ancora di guarire il corpo, si prende cura dell’anima. Perché la guarigione parte da dentro.

    Quante volte abbiamo letto: «La tua fede ti ha salvata!»? Quante volte abbiamo Gesù dice anche a noi: «àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua»? Vedete amici, per guarirci, Gesù cerca la nostra volontà, la nostra fede, la nostra collaborazione. La guarigione, il miracolo interiore, avviene in virtù della nostra fede. Cristo ci coinvolge, chiede la nostra volontà di cambiare, chiede a noi di agire, ci chiede di credere che ciò possa avvenire. Perché non serve a nulla che un corpo guarisca, se poi l’anima continuerà a rimanere avvizzita. Non serve a nulla che un paralitico cammini, se poi la sua anima rimane bloccata. Ecco che siamo noi, con la nostra fede, a “permettere” il miracolo. Ancora una volta Dio non impone nulla, neppure la salute. Siamo noi a doverla volere. Siamo noi a dover decidere di voler guarire. 

    Perché a Gesù non piace fare miracoli “a senso unico”, ma Egli desidera coinvolgerci nelle scelte e nella decisione di cambiare. Pensiamo all’emorroissa: Gesù era lontano, ma c’era tanta folla, e dice: “se io riuscirò a toccare il lembo del mantello, sarò salva”». Ecco che ci vuole coraggio per lottare per arrivare al Signore, coraggio per avere fede all’inizio: “Se tu vuoi puoi guarirmi, se tu vuoi, io credo”». E anche coraggio per avvicinarmi al Signore, quando ci sono delle difficoltà. Ci vuole proprio quel coraggio: tante volte ci vuole pazienza e saper aspettare i tempi ma non mollare, andare sempre avanti.

    E così, in questo passo, dopo essersi preso cura degli ammalati più urgenti, decide di partire per recarsi nei villaggi vicini, a predicare e liberare dal demonio, da quel male che più di tutte le malattie, affligge l’umanità sconsolata.  

    Ma dobbiamo ancora fare uno sforzo di immaginazione per immergerci nell’infinito di Dio, per capire meglio l’amore sconfinato che lo spinge a farsi pane. E si fa pane non solo per le folle di Cafarnao, che lo vorrebbero trattenere, ma per il mondo intero. Perché: «Io ho altre pecore che non sono di quest’ovile» (cfr. Giovanni 10,16). Come l’Eucarestia, Gesù è universale: Dio è di tutti, è il Dio-con-noi, l’Emmanuele che cammina insieme all’uomo, insieme a tutti gli uomini.

    #Santanotte amici. Gesù, scendi su di noi, scendi laggiù, nel profondo della nostra anima, dove tutto inizia: porta in noi la fiamma del tuo amore e brucia ogni male fisico o spirituale. Dio vi benedica amici cari! 🙂 🙂 🙂

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Gesù guarisce gli ammalati” di Gabriel von Max, 1875, olio su tela, Perkins School for the Blind, Watertown, USA

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  • Dove c’è calunnia c’è Satana, ma Dio è più forte!

    Dove c’è calunnia c’è Satana, ma Dio è più forte!

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 10,24-33)

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
    Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Se Gesù viene paragonato a Beelzebùl… (ricordate quando scacciò il demonio muto? “Ma alcuni dissero: È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni” Lc 11,15) chissà cosa diranno dei suoi discepoli: “Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!” (v. 25).

    I calunniatori sono sempre nascosti dietro l’angolo, pronti a colpire. Anche noi qualche volta apriamo la bocca e parliamo avventatamente… per “sentito dire”. Dovremmo essere molto più cauti, perchè: “dove c’è calunnia c’è Satana, proprio lui!” ha detto Papa Francesco in una delle sue omelie del mattino a Casa Santa Marta: “La calunnia è un peccato, ma è anche qualcosa di più, perché vuole distruggere l’opera di Dio e nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana” (Papa Francesco, 15 aprile 2013).

    Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi” (Mt. 10,16). E questi sono proprio i lupi: i calunniatori, i persecutori, coloro che accusano perfino il Figlio di Dio di essere un demonio. Sono loro stessi creature del demonio.

    E’ duro il compito del discepolo, ma Gesù ci rassicura: “Non abbiate dunque paura di loro” (v. 26). Il Signore ci sarà sempre vicino. I calunniatori tramano nell’ombra e dicono: “Chi mi vede? C’è buio intorno a me e le mura mi nascondono; nessuno mi vede, perché temere? Dei miei peccati non si ricorderà l’Altissimo” (Siracide 23,18).

    Ma attenzione!: Egli [il malfattore] teme solo gli occhi degli uomini, non sa che gli occhi del Signore sono mille volte più luminosi del sole; essi vedono tutte le vie degli uomini e penetrano fin nei luoghi più segreti. Tutte le cose, prima che fossero create, gli erano note, allo stesso modo anche dopo la creazione. Quest’uomo sarà condannato nelle piazze della città, sarà sorpreso dove meno se l’aspetta” (Siracide 23, 19-21).

    Gli occhi del Signore sono mille volte più luminosi del sole: “Nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto” (v. 26). Dio vede tutto: “Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. Ti sono note tutte le mie vie; la mia parola non è ancora sulla lingua e tu, Signore, già la conosci tutta […] Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra e intorno a me sia la notte»; nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce” (cfr. Salmo 138). Dio vede anche nell’ombra le sordide trame dei calunniatori. Dunque non dobbiamo temere!

    Nella Bibbia sono narrati moltissimi episodi, veri e propri miracoli, in cui Dio è intervenuto per salvare l’uomo dalla persecuzione. Pensiamo ad esempio ai tre giovani gettati nella fornace a Babilonia (cfr. Daniele 3,52-90). Un Angelo scese per salvarli e fece soffiare un vento fresco attorno a loro, proteggendoli dalle ustioni. Oppure possiamo ricordare Daniele, richiuso nella fossa dei leoni e salvato da un altro Angelo (Daniele 6, 17-25).

    Con qualcuno di noi, invece, Dio è più esigente; allora la strada della croce, della piccola croce che porta ciascuno di noi, diventa la strada del martirio. Pensiamo, ad esempio, ai 21 martiri copti assassinati sulle spiagge della Libia, o ad altre vittime dell’integralismo. Anche in questo drammatico caso, però Dio è con noi: “non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo” (v. 28).

    Dio non vuole la nostra morte:Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per Lui” (Lc 20,38) però, nel pericolo estremo, dobbiamo ricordare che Gesù è risorto: ha vinto la morte, e per questa sua vittoria anche noi risorgeremo. Gesù ci porterà nella casa del Padre, dove regna la vita.  Perchè la vita, quella vera, è nei cieli, e su questa terra noi ci troviamo solo di passaggio. 

    “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà. La loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace” (Sap 3,1-3).

    Nulla accade senza che Dio lo sappia, perfino i capelli che abbiamo sul capo sono contati. Quanto ci accade fa parte del mistero della vita. Come scrive San Paolo: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto” (1Corinzi 13,12). Non lo possiamo comprendere, ma Lui sì.

    Amici, il nostro destino è in ottime mani: si trova nelle mani di Dio. Gesù ci dice: “Non temere: anche se la tua vita fosse leggera come quella di un passero… o fragile come un capello… tu vali di più, perché Dio ti ama!” (cfr vv. 23-31). E’ questo che dobbiamo annunciare sulle terrazze: “Dio ci ama!”.

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Come mi comporto io: sono sempre pieno di paure, oppure vivo sereno perchè affido i miei pensieri al cuore di Dio? Credo nella risurrezione o temo che tutto finisca con la morte? E ancora: Nel pericolo sono capace di pregare, come fecero i tre giovani nella fornace, o mi lascio cadere nello sconforto?

    Questa notte, Gesù, Ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Prenditi cura di ciascuno di noi che, fragili come passeri, Ti rivolgiamo le nostre preghiere. Amaci, come fai Tu! Amen!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Dove c'è calunnia c'è Satana, ma Dio è più forte!
    Il dipinto di oggi è “La tentazione sulla montagna” del pittore italiano Duccio di Buoninsegna, tra il 1308 ed il 1311, tempera su legno, 43 x 46 cm., Frick Collection, New York, USA

    Alessandro Ginotta

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  • I miracoli esistono ancora oggi: ecco come puoi provare a chiederli!

    I miracoli esistono ancora oggi: ecco come puoi provare a chiederli!

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,18-26)

    In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
    Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
    Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    E’ grande la fede di Giàiro, ed è grande quella dell’emorroissa. Entrambi sanno che Gesù può tutto. Si avvicinano, ciascuno a modo suo, ed ottengono il miracolo atteso.

    Un miracolo chiesto direttamente, l’altro “strappato”. Oh, ma che fede! “Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà” (v. 18) è la richiesta precisa del capo della sinagoga. L’emorroissa invece gli si avvicina alle spalle e si accontenta di toccare il lembo del mantello di Cristo: “Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata»” (v. 21).

    La donna, ai tempi di Gesù, era molto discriminata. Non poteva uscire di casa da sola, non poteva neppure trattenersi a parlare con un uomo. L’emorroissa poi, con la sua infermità, è “macchiata” da una impurità grave: secondo i precetti dei farisei e degli scribi, nessuno l’avrebbe potuta toccare senza contaminarsi.

    In poche righe di questo brano di Vangelo vediamo Gesù compiere i due miracoli: da un lato il capo, uno dei nobili più illustri, dall’altra parte la giovane donna, impura ed emarginata. La casta non conta. Siamo tutti uguali davanti a Dio!

    La figlia di Giàiro ha perso la vita. L’emorroissa… è come se la vita non l’avesse mai avuta: da dodici anni è affetta da questa malattia che più che il corpo debilita la sua persona. La isola dal mondo. Anche lei, in un certo senso è morta davanti agli uomini. La fede le salverà entrambe.

    Che forza ha questa ragazza! E’ molto grande il suo desiderio di essere guarita. Con umiltà, strisciando, cerca di toccare anche solo un lembo del mantello del Signore, certa che il miracolo avverrà!

    Giunto alla casa del capo della sinagoga invece Gesù deve vedersela con l’incredulità. La folla lo deride: “Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò” (v. 25). Avete notato? Dopo che la folla (incredula) fu cacciata via. Sì perchè è la fede che permette il miracolo: ha fatto guarire l’emorroissa: “Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata” (v. 22); ha riportato in vita la figlia di Giàiro: “…la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione” (vv. 25-26).

    I miracoli esistono ancora oggi. Ma per consentire al Signore di compierli c’è bisogno di una “preghiera coraggiosa”, capace di superare quel “qualcosa di incredulità” che alberga nel cuore di ogni uomo, anche se uomo di fede. Ne ha parlato Papa Francesco in una delle sue omelie del mattino nella cappella della Domus Sanctae Marthae: “Mi ricordo una cosa che è successa tre anni fa nel santuario di Luján. Una bambina di sette anni si era ammalata, ma i medici non trovavano la soluzione. Andava peggiorando sempre, sino a quando, una sera, i medici dissero che non c’era più niente da fare e che le rimanevano poche ore di vita. Il papà, che era un elettricista, un uomo di fede, è diventato come pazzo. E spinto da quella pazzia ha preso il bus ed è andato al santuario di Luján, due ore e mezzo di bus, a settanta chilometri di distanza. È arrivato alle nove di sera e ha trovato tutto chiuso. E lui ha cominciato a pregare con le mani aggrappate al cancello di ferro. Pregava e piangeva. Così è rimasto tutta la notte. Quest’uomo lottava con Dio. Lottava proprio con Dio per la guarigione della sua fanciulla. Poi alle sei di mattina è andato al terminal e ha preso il bus. È arrivato all’ospedale alle nove, più o meno. Ha trovato la moglie che piangeva e ha pensato al peggio: cosa è successo? Non capisco. Cosa è successo? Sono venuti i dottori, gli ha risposto la moglie, e mi hanno detto che la febbre è scomparsa, respira bene, non c’è niente… La terranno ancora solo due giorni. Ma non capiscono quello che è successo. E questo succede ancora. I miracoli ci sono. Ma serve la preghiera! Una preghiera coraggiosa, che lotta per arrivare a quel miracolo, non quelle preghiere per cortesia: Ah, io pregherò per te! Poi un Pater Noster, un’Ave Maria e mi dimentico. No! Ci vuole una preghiera coraggiosa, come quella di Abramo che lottava con il Signore per salvare la città; come quella di Mosè che pregava con le mani in alto e si stancava pregando il Signore; come quella di tanta gente che ha fede e con la fede prega, prega“.

    E questo lo posso testimoniare anch’io: quando la preghiera è fatta con il cuore, quando pregando siamo davvero convinti di quello che diciamo, quando i nostri occhi sono bagnati da lacrime sincere, allora la nostra preghiera raggiunge subito il cuore di Gesù. Diceva Santa Teresina di Lisieux: “Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia”.

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Com’è la mia preghiera: sgorga con il cuore, intensa, c’è compunzione? O forse è distratta, veloce, e si ferma sulle labbra? Quando chiedo una grazia lo faccio con fede, con la convinzione che la otterrò? Oppure faccio una richiesta vaga… senza crederci troppo? E ancora: quanto coraggio c’è nella mia preghiera?

    Questa notte, Gesù, Ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Ti prego, ascolta le loro preghiere!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    I miracoli esistono ancora oggi: ecco come puoi provare a chiederli!
    Il dipinto di oggi è “Gesù guarisce la figlia di Giàiro” del pittore russo Ilya Yefimovich Repin, 1871, olio su tela, 229×382 cm, Museo Statale di San Pietroburgo

    Alessandro Ginotta

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  • Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

    Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

    + Dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20)

    In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
    Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
    Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (v. 15). E’ la richiesta di Gesù. L’ultima prima di salire in cielo. Poi: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio” (v. 19).

    Proclamare il Vangelo ad ogni creatura, in tutto il mondo. Una richiesta impegnativa che gli apostoli hanno accolto con coraggio. Tutti conosciamo dalla lettura degli Atti e delle lettere, i viaggi di San Paolo e San Pietro (accompagnati da San Luca e dallo stesso San Marco). Ma anche il lungo viaggio di San Tommaso, che si spinse fino in India. O San Giuda Taddeo, che evangelizzò la Persia. Oppure ancora San Giacomo il Maggiore che si recò in Spagna…

    Percorsi difficili per il mondo di allora. Distanze interminabili da coprire pressochè completamente a piedi o a bordo di piccole navi, fragili ed insicure. Eppure gli apostoli non esitarono e si misero in cammino. Ancora oggi ci sono missionari che non temono di mettere a repentaglio le proprie vite pur di rispondere alla chiamata di Gesù.

    Ma cos’è che “spinge” questi uomini? L’amore. Il “motore” è l’amore per Gesù, per la sua Parola. E’ troppo grande la gioia che si prova nel leggere e meditare la parola che… non la si può tenere per sè. La si deve condividere.

    Annunciare il Vangelo non è fare proselitismo. Evangelizzare significa testimoniare la Parola di Dio. Mostrare agli altri come si può vivere meglio seguendola. Fare proselitismo, al contrario, implica l’utilizzo di atteggiamenti più aggressivi per imporre, talvolta anche con la violenza, la propria idea. Gesù non ci chiede di fare del proselitismo, ma di evangelizzare: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (v. 16). Non dobbiamo imporre nulla. Solo annunciare. Chi ascolta è libero di credere o non credere. Se crederà sarà salvato.

    Alcuni segni “accompagneranno quelli che credono” (v. 17). Si tratta di veri e propri miracoli che Dio ha permesso di realizzare agli apostoli: “il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (v. 20). Tra i più eclatanti vi sono la risurrezione del giovane Eutico per opera di San Paolo (At 20, 7-12) oppure quella della piccola Tabita operata da San Pietro (At 9, 36-42), la guarigione del paralitico Enea (At 9, 33-35) e molti altri. Leggiamo: “Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro” (At 5,14-15).

    Grandi prodigi, una forte fede. Sappiamo che Gesù ha compiuto imprese straordinarie. Ora abbiamo visto che anche i primi apostoli operavano meraviglie. E oggi?

    E’ proprio vero che oggi Dio non opera più miracoli? Secondo me no. Dio li compie ancora. Siamo noi che non ce ne accorgiamo più. Oggi tentiamo di spiegare tutto con le regole della fisica, senza neppure prendere in considerazione il soprannaturale. Semplicemente rifiutiamo di crederci.

    Eppure il Signore è sempre qui, accanto a noi. Ogni giorno ci regala dei “piccoli miracoli” che io chiamo le carezze di Dio dobbiamo solo avere un “granello” di fede per riconoscerli: Se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile” (Mt 17,20).

    Proviamo, questa notte, ad avere almeno un pizzico di fede? E… se ne avremo anche solo poca poca… anche meno di un granellino di senape… scommettiamo che domattina Dio ci regalerà una delle Sue amorevoli carezze?

    Signore, io credo: io voglio credere in Te.
    O Signore, fa che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane.
    (Beato Paolo VI)

    Questa notte, Gesù, io ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco.

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

    Il dipinto di oggi è “L’Ascensione di Cristo”, del pittore inglese Benjamin West, olio su tela 125×86 cm., 1801, Denver Art Museum, USA

    Alessandro Ginotta

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