Tag: Moltiplicazione

  • Cacciatori di miracoli

    Cacciatori di miracoli

    Oggi abbiamo un’impresa davanti a noi: spostare una montagna. Non una qualsiasi, ma quella che ci portiamo dentro. Quella fatta di paure, di limiti, di difficoltà che ci tengono ancorati a terra. Come faremo? Partiremo per un viaggio nel tempo e nello spazio, fino a duemila anni fa, in una terra straniera chiamata Decapoli. Vieni con me?

    Il mio in(solito) commento a:
    “Mangiarono a sazietà” (Marco 8,1-10)

    Immagina un paesaggio ostile, brullo, assetato di vita. Siamo dall’altra parte del mare di Galilea, lontani dalle case sicure di Cafarnao. Qui non c’è la terra fertile che nutre le radici, ma solo deserto. La sabbia si insinua nei calzari, le rocce acuminate feriscono i piedi. Un luogo duro, quasi inospitale. Eppure, proprio qui, da tre giorni, una folla immensa segue Gesù. Sono uomini e donne coperti di stracci, affamati di cibo, sì… ma soprattutto affamati di speranza.

    E Gesù li guarda. Il suo cuore si muove di compassione. Non può lasciarli andare via così. «Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino» dice ai suoi discepoli. Ma loro scuotono la testa: «Come possiamo sfamarli qui, in un deserto?»

    Ed è qui che arriva la domanda spiazzante di Gesù: «Quanti pani avete?»
    Sette. Solo sette. Un numero ridicolo per una folla intera.

    E allora ci viene spontaneo pensare: «Gesù, ma come?! Non sai che sette pani non bastano?» Anche i discepoli ci stanno ragionando: Filippo calcola quanti denari servirebbero per comprare il cibo necessario, Andrea si tormenta perché non ci sono neppure pesci da pescare. E noi? Anche noi lo pensiamo, vero? Lo abbiamo letto tante volte questo brano, lo abbiamo sentito proclamare in Chiesa. Ma se adesso fossimo lì, in mezzo a quella folla, con la polvere tra i capelli e il vento caldo che sferza il viso, se vedessimo quei volti scavati, quegli occhi carichi di attesa, cosa penseremmo? Che sette pani non bastano.

    Eppure… basteranno.

    Perché quando entra in gioco la fede, accade l’impossibile.

    Allora torniamo nel nostro tempo. Guardiamoci attorno. Quali sono i deserti della nostra vita? Dove ci sentiamo persi, senza risorse, senza speranza? Gesù è qui anche oggi, e ci dice la stessa cosa: “Abbi fede”. La fede è l’unica forza capace di ribaltare la realtà. Non si arrende ai calcoli della logica, non si ferma davanti alle impossibilità. La fede rompe gli schemi, spalanca il cielo e permette ai miracoli di accadere.

    Perché, se crediamo, quei sette miseri pani non solo sfameranno tutti… ma ne avanzeranno persino sette ceste colme!

    Questa è la risposta di Dio alla nostra fede: una generosità traboccante. Se ci affidiamo a Lui, non solo ci darà il necessario, ma molto, molto di più. Noi guardiamo i nostri limiti, Lui vede le nostre possibilità. Noi calcoliamo le risorse, Lui le moltiplica.

    E tu, sei pronto a credere?
    Perché basta un granello di senape di vera fede per fare cose che il mondo crede impossibili. Per spostare le montagne.

    E quando ci lasceremo andare alla fiducia, smettendo di cercare sicurezze nei nostri schemi e nelle nostre paure… allora alzeremo lo sguardo. E proprio lì, nel cuore di Dio, i miracoli accadranno #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La moltiplicazione dei pani e dei pesci”, icona ortodossa

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  • L’ingrediente principale per un miracolo

    L’ingrediente principale per un miracolo

    Sai qual è l’ingrediente principale di un miracolo? Se anche tu hai chiesto una grazia, ma non l’hai ottenuta, molto probabilmente è perché ti mancava questo ingrediente fondamentale. Di cosa si tratta? Scopriamolo insieme nel mio in (solito) commento a:

    Moltiplicando i pani, Gesù si manifesta profeta (Marco 6,34-44)

    Ti darò un indizio: anche se parliamo di pani e di pesci l’ingrediente che cerchiamo non è qualcosa di culinario, ma è impalpabile.

    Dunque, qual è quella cosa che non si vede, non si sente e non si tocca, ma senza la quale un miracolo non può avvenire?

    La tua fede!

    Quando chiedi qualcosa a Dio, devi farlo con la giusta disposizione d’animo, cioè con la certezza che quanto desideri potrà avvenire per grazia di Dio.

    Cosa disse Gesù all’emorroissa che coraggiosa si lanciò a terra pur di arrivare a toccare una frangia del suo mantello? «Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita». Da quell’ora la donna fu guarita (Mt 9,22). E alla madre cananea? «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita (Mt 15,28). Al cieco di Gerico? Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». In quell’istante egli ricuperò la vista e seguiva Gesù per la via (Mc 10,52). Alla peccatrice in casa di Simone? Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace» (Lc 7,50)… e così via.

    Ma come possiamo pretendere che un miracolo avvenga, quando siamo proprio noi i primi a non credere che si possa realizzare? Ecco che, quando si presentano delle difficoltà, ci vuole il coraggio di lottare per arrivare al Signore. Ci serve l’audacia di avere fede fin dall’inizio.

    Davanti ad una difficoltà, piccola o grande che sia, Gesù è sempre pronto ad aiutarci, a compiere un miracolo proprio per noi che soffriamo. Che cosa ci chiede in cambio? Soltanto di crederci! Sì, di crederci. Di non scoraggiarci. Di continuare a provare. Di continuare ad impegnarci. Di continuare a pregare, un po’ come la vedova molesta che incalza il giudice della parabola (cfr. Lc 18,1-8). Gesù ci invita ad avere fede. Ci sprona a desiderare di poter spostare anche le montagne!

    È impalpabile la fede, ma, con l’aiuto di Dio, è capace di grandi cose, come sfamare cinquemila uomini con cinque pani e due pesci (e riempire con gli avanzi ben dodici ceste):

    Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».
    E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti.
    Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini
    (vv. 38-44).

    Ecco di cosa è capace la fede. E tu, quante ceste raccoglierai? #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Moltiplicazione dei pani e dei pesci”, icona ortodossa del XX secolo


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  • La generosità sovrabbondante di Dio

    La generosità sovrabbondante di Dio

    Gesù ci sprona a desiderare di poter spostare le montagne. Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo anche all’impossibile di accadere!

    Il mio in(solito) commento a:
    Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla (Matteo 14,13-21)

    Ma come, Gesù!? Non sai che “cinque pani e due pesci” (cfr. v. 17) non bastano? Lo pensa Filippo, che di matematica se ne intende, tant’è che sta calcolando quanti denari ci vorranno per sfamare le cinquemila bocche che si trova davanti. Lo pensa Andrea, che da buon pescatore, i pesci li conosce bene. E la stessa idea la condividiamo anche noi. Vero?

    Avremo tutti letto questo brano decine e decine di volte, e chissà quante altre l’avremo sentito proclamare in Chiesa. Eppure, se d’incanto noi venissimo catapultati duemila anni nel passato, trovandoci immersi nella scena, guardando quelle tuniche mosse dal vento, osservando quegli occhi stanchi, quei visi sudati, la sabbia tra i calzari e sui piedi scalzi, anche noi saremmo tentati di pensare che cinque pani e due pesci non potranno bastare per tutti. Eppure, se avessimo fede, sapremmo che, proprio con la fede, si possono spostare perfino le montagne! (cfr. Marco 11,22-24).

    Io vi ho accompagnati, con la fantasia, nel deserto sull’altra sponda del mare di Galilea. Ma se ora vorremo provare a guardare dall’altra parte dello specchio, là dove si trovano le nostre case, là dove trascorrono le nostre vite, in mezzo ai nostri problemi, alle nostre difficoltà quotidiane, in mezzo alla malattia, e talvolta in mezzo a piccole gioie, scopriremmo che anche lì Gesù ci invita ad avere fede.

    Ci sprona a desiderare di poter spostare le montagne. Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo anche all’impossibile di accadere. È una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. È una speranza contro ogni speranza. E, se saremo capaci di coltivare questa virtù, scopriremo anche noi che, da cinque pani e due pesciolini, potremo non solo tirare fuori tutto quel che servirà per sfamare le folle, ma addirittura potremo riempire dodici ceste con gli avanzi (cfr. v. 20).

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Lui non si ferma a pensare se pochi pani e pochi pesci potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno. Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili. A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole” (cfr. Giovanni 3,8). #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Moltiplicazione dei pani e dei pesci”, di Anton Ritter von Perger, 1838, 125.5 x 190.5 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna

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  • Ma dove andremo senza Gesù!?

    Ma dove andremo senza Gesù!?

    Andy Warhol, l’artista più iconico della pop art, ripeteva spesso che «Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti». Una frase che rende bene la futilità, o meglio, la vanità degli sforzi umani. Ricchezze, fama, successo, possiamo raggiungere i traguardi più ambiti messi in palio dalla nostra società troppo competitiva. Ma qualsiasi cosa facciamo saremo ben presto dimenticati. Tutto ciò che abbiamo nel mondo non sazierà mai la nostra sete d’infinito. A meno che…

    Il mio in(solito) commento a:
    Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Giovanni 6,60-69)

    Il tempo è cambiato, nubi si addensano all’orizzonte ed il mare di Galilea non è più quella tavola piatta attraversata a piedi da Gesù, ma si sta increspando. Ci troviamo all’indomani del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ed anche il grande entusiasmo del giorno prima si è spento. La gente interroga Gesù, e le sue risposte non piacciono. 

    L’uomo è “capriccioso”. Finché le cose vanno bene, fintanto che la pancia è piena, siamo tutti d’accordo, felici e contenti. Ma quando, attorno a noi, comincia ad alzarsi vento di bufera, le capanne di paglia crollano, insieme alla maggior parte dei buoni propositi.

    Così, il Dio che elargisce miracoli gratuitamente e moltiplica il cibo, piace. Mentre, quello che parla chiaro esortandoci ad occuparci dello spirito e non solo della carne, ci inquieta. Quando poi Gesù lascia intravedere il destino della Croce, la folla si scioglie e perfino qualche discepolo si allontana: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (v. 60). Ci viene facile immaginare un Dio vittorioso e potente, svettare sulle nuvole e scagliare fulmini per punire chi si comporta male… mentre è decisamente più complicato accettare l’idea di un Dio mansueto, che si sottopone ad un giudizio ingiusto senza fiatare, per poi morire crocifisso. Dobbiamo fare uno sforzo spirituale troppo grande per capire che non tutto è come ci aspettiamo. Che, qualche volta, si può vincere anche perdendo. Come ha fatto Gesù. 

    In realtà i discepoli hanno capito bene il discorso di Gesù. Talmente bene che non vogliono ascoltarlo, perché è un discorso che mette in crisi la loro mentalità. La vera causa “dell’incomprensione” è la mancanza di fede: «Tra voi ci sono alcuni che non credono» (v. 64), dice Gesù. Infatti: «molti dei suoi discepoli tornarono indietro» (v. 66). Di fronte a queste defezioni, Gesù non fa sconti e non attenua le sue parole, e mette i Dodici davanti ad una scelta  precisa: «Volete andarvene anche voi?» (v. 67). 

    Gesù ci chiede di avere fede in Lui. Dobbiamo fidarci di un Dio che vince in modo decisamente strano: vince la morte passandoci attraverso. Vince la Croce salendoci sopra. E così impariamo che non si possono scavalcare od eludere gli ostacoli, ma che li dobbiamo affrontare, con la serenità che Dio sta con noi. Sì, perché anche se noi “lo abbandoniamo” quando le sue parole non ci piacciono, Lui non si separa mai da noi. Ma ci sta sempre vicino. Anzi, Lui è pronto a lasciare tutto ed inoltrarsi nel deserto per venirci a cercare, quando ci smarriamo.

    I Dodici lo capiscono e San Pietro risponde, a nome di tutti loro, con un’altra domanda: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (v. 68). Abbiamo bisogno di restare insieme a quel Dio che cammina con noi. La fedeltà è questa: legarsi ad una persona per camminare insieme sulla stessa strada. Lo fanno gli sposi. Lo fa l’umanità che sposa Gesù. Tutto quello che abbiamo nel mondo non sazia la nostra sete d’infinito finchè ci ostiniamo a restare soli. Noi abbiamo bisogno di Gesù, di stare insieme a Lui, di nutrirci della sua Parola. Perché più gli restiamo vicino, più cresce il nostro desiderio di rimanere con Lui. E così, ancora una volta, Dio vince in modo per noi incomprensibile. Gesù è morto al nostro posto! Cristo non solo ha dato la sua vita per noi, ma è risorto per vincere definitivamente la morte! Serve il cuore per capire davvero Dio. Non basta la testa. E solo Dio può saziare la nostra sete di infinito. #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è:
    Il dipinto di oggi è: “Salvator mundi” di Andrea Previtali, 1519, olio su tavola, 61.6 x 53 cm, The National Gallery, Londra

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  • Come chiedere un segno?

    Come chiedere un segno?

    Sei indeciso se leggere o no questo commento? Io ti consiglio di farlo… perché insieme impareremo a sentire la presenza di Dio. Così ti accorgerai del suo amore che ti raggiunge proprio adesso: un soffio leggero come un lieve e soffice alito di vento sta accarezzando la tua anima

    Il mio in(solito) commento a:
    Perché questa generazione chiede un segno? (Marco 8,11-13)

    Oggi ti riporterò sulle sponde del lago di Tiberiade: uno specchio d’acqua dolce circondato da una vegetazione lussureggiante. Guardati attorno ed ammira la sconcertante bellezza di questi arbusti fioriti che ondeggiano e frusciano al vento, mostrando le foglie d’argento al sole in un continuo movimento. Il brano di Vangelo che leggi segue l’episodio della Moltiplicazione del pane. L’area fertile attorno al lago di Tiberiade contrasta con il paesaggio lunare del luogo dove le moltitudini avevano banchettato grazie al miracolo di Gesù. Lassù, nella desolazione, abbondanza di cibo, qui, nella folta vegetazione, fame di Dio. La fame proprio di quelle masse che avevano seguito il Messia, mosse dalla curiosità di vedere che cosa avrebbe fatto dopo quel miracolo incredibile.

    Ma gli uomini accecati dalla fame non riescono a vedere Gesù anche se lo hanno lì, davanti ai loro occhi: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?» (v. 30). Perfino quelli che il giorno prima si erano sfamati con quel pane che, spezzandolo, non terminava mai, anzi, che avanzava abbondante sono assetati di un altro segno. Interrogano Gesù e gli chiedono di compiere dei gesti, un po’ come lo si domanderebbe ad un prestigiatore, senza neppure riflettere sul vero significato di quelle azioni. Qualcuno di loro, scendendo lungo le sponde del lago, avrà forse perfino scorto Gesù camminare sulle acque in quella notte. Sono stati testimoni di eventi eclatanti, guarigioni inaspettate, fenomeni inattesi. Eppure ancora chiedono una prova. Sono affamati di trascendenza, ma le loro menti sono imprigionate nell’immanenza.

    Poi c’è un’altra categoria, decisamente peggiore, quella dei farisei che interrogano Gesù: non gli chiedono un segno per aprirsi alla fede, ma lo fanno per metterlo in difficoltà. Essi pretendono un segnale inconfondibile, che vada al di là di ogni guarigione, ogni miracolo finora compiuti. Il segno che essi chiedono dovrà essere talmente eclatante da lasciarli sbigottiti, senza respiro. Vogliono una vera opera di magia e per di più fuori di ogni saggezza ed intelligenza divina. Ma noi sappiamo che Dio compie segni e prodigi solo per sua eterna misericordia, per pietà verso la sua creatura.

    Spesso pensiamo che Dio si debba manifestare con qualche fenomeno eclatante, ma a Dio non piace fare rumore. Egli è presente ogni giorno nelle nostre vite. Sì, anche tu, se farai attenzione, se saprai fare silenzio, perfino qui, in questo momento, potrai sentire la presenza del Signore! Svuota la mente, allontana i pensieri, ascolta e lasciati cullare dalla sua presenza silenziosa e piena di pace. Libera il tuo cuore: lo senti? un soffio leggero come un lieve e soffice alito di vento sta accarezzando la tua anima.

    Come avvenne per il profeta Elia, che riconobbe Dio in una brezza leggera: “Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore»” (1Re 19,11-14).

    Questa brezza che accarezza dolcemente può voltare la pagina della nostra vita. Può fare di noi delle persone nuove. Questo vento spazza via la polvere del peccato, dell’ingordigia, dell’egoismo. Ripulisce la nostra anima dalle incrostazioni che impediscono alla fiammella che brilla nel nostro cuore di illuminare il nostro cammino. Ed ecco il potere gentile di Dio: senza prevaricarci ci purifica e ci migliora, ci dà la forza per diventare testimoni del Vangelo. Gonfia le nostre vele e ci spinge verso l’alto. Là, dove dobbiamo rinascere. Lasciamoci trasportare dalla brezza leggera dello Spirito Santo. Perché è quando il suo soffio incontra una vela disposta a lasciarsi investire, che avvengono miracoli! #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Cristo Consolatore”, capolavoro del pittore danese Carl Heinrich Bloch, olio su tela, 1890, Cappella Frederiksborg Palace, Copenhagen

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  • Come avvengono i miracoli?

    Come avvengono i miracoli?

    Oggi dobbiamo spostare una montagna: quella delle nostre difficoltà, delle nostre paure, dei nostri limiti che ci trattengono. Per farlo compiremo un viaggio nello spazio e nel tempo per approdare 2000 anni fa, in una terra straniera chiamata Decapoli. Vieni con me?

    Il mio in(solito) commento a:
    Mangiarono a sazietà (Marco 8,1-10)

    Decapoli. Un territorio riarso, sull’altra sponda del mare della Galilea. Lontano da Cafarnao, la città di pescatori dove per un certo periodo Cristo soggiornò con gli apostoli. Là la terra fertile, qui il deserto. Lungo la strada sono disseminate rocce acuminate e polverose, i cui spigoli sono così taglienti da ferire i piedi dei viandanti. Un suolo povero, molto povero, brullo e incolto, dove la monotonia di un deserto senza fine è rotta solo da qualche cespuglio pineo di spine.

    In quel luogo così inospitale si aggirano, ormai da tre giorni, moltitudini di persone coperte di stracci. Con i loro abiti logori si muovono attorno a Gesù che attraversa il deserto in compagnia dei suoi discepoli. Ed è proprio Gesù, commosso dalla tenacia di questa gente che ha lasciato le proprie case ed i propri rifugi per seguirlo, ascoltarlo e per farsi guarire da lui, che, mosso da compassione, ordina ai propri discepoli di dar loro da mangiare: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». (cfr. vv. 2-5).

    Ma come, Gesù!? Non sai che sette pani non basteranno per tutti? Nonostante sia la seconda volta che una situazione simile accade, dopo il giorno in cui cinque pani d’orzo e due piccoli pesci forniti da un ragazzo furono usati da Gesù per nutrire una moltitudine, qui, davanti a tutti questi stranieri, consunti e malandati, sembra impossibile che sette soli pani possano bastare. Lo pensa Filippo, che di matematica se ne intende, tant’è che sta calcolando quanti denari ci vorranno per sfamare le cinquemila bocche che si trova davanti. Lo pensa Andrea, che da buon pescatore, rimpiange di non poter neppure catturare del pesce. E lo pensiamo anche noi, vero? Avremo letto questo brano decine e decine di volte, e chissà quante altre l’avremo sentito proclamare in Chiesa. Eppure, se d’incanto noi venissimo catapultati duemila anni nel passato, trovandoci immersi nella scena, guardando quelle tuniche mosse dal vento, osservando quegli occhi stanchi, quei visi sudati, la sabbia tra i calzari e sui piedi scalzi, anche noi saremmo tentati di pensare che cinque pani e due pesci non potranno bastare per tutti. Eppure, se avessimo fede, sapremmo che, proprio con la fede, si spostano anche le montagne! (cfr. Marco 11,22-24).

    Io vi ho portati, con la fantasia, nel deserto della Decapoli, ma se ora provassimo a guardare dall’altra parte dello specchio, là dove sorgono le nostre case, là dove trascorrono le nostre vite, in mezzo ai nostri problemi, alle nostre difficoltà quotidiane, in mezzo alla malattia, e talvolta in mezzo a piccole gioie, scopriremmo che anche lì Gesù ci invita ad avere fede. Ci sprona a desiderare di poter spostare i macigni che appesantiscono le nostre vite. Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. È una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. È una speranza contro ogni speranza.

    Se saremo capaci di coltivare questa virtù, scopriremo anche noi che, anche solo sette miseri pezzi di pane saranno sufficienti non solo per nutrire cinquemila persone, ma addirittura riusciremo a riempire sette sporte piene di avanzi.

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Quando in noi trova l’autentica fede, allora è capace di moltiplicare ogni nostro sforzo e ci spinge ad arrivare là dove da soli non saremmo proprio capaci! Gesù non si ferma a pensare se pochi pani potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno. Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili.

    A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, che ci imprigionano in un rinunciatario oggi privo di speranza, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo che libera la nostra fede e la spinge in alto fino a toccare il cuore di Dio. Ed è lì che avvengono i miracoli! #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Moltiplicazione dei pani”, di Szymon Czechowicz, 1737, olio su tela, Chiesa della Santissima Trinità, Ciechanowiec, Polonia.

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  • Perché dovremmo avere fede?

    Perché dovremmo avere fede?

    Una tunica mossa dal vento. Da qui parte il mio decisamente in(solito) commento sulla Moltiplicazione dei pani e dei pesci:
    Gesù distribuì i pani a quelli che erano seduti, quanto ne volevano (Giovanni 6,1-15)



    Ma come, Gesù!? Non sai che “cinque pani d’orzo e due pesci” non bastano? Lo pensa Filippo, che di matematica se ne intende, tant’è che sta calcolando quanti denari ci vorranno per sfamare le cinquemila bocche che si trova davanti: “Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo»” (Giovanni 6,5-7) . Lo pensa Andrea, che da buon pescatore, i pesci li conosce bene: “Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?»” (Giovanni 6,8-9). E lo pensiamo anche noi. Vero?

    Avremo tutti  letto questo brano decine e decine di volte, e chissà quante altre l’avremo sentito proclamare in Chiesa. Eppure, se d’incanto noi venissimo catapultati duemila anni nel passato, trovandoci immersi nella scena, guardando quelle tuniche mosse dal vento, osservando quegli occhi stanchi, quei visi sudati, la sabbia tra i calzari e sui piedi scalzi, anche noi saremmo tentati di pensare che cinque pani e due pesci non potranno bastare per tutti.

    Eppure, se avessimo fede, sapremmo che, proprio con la fede, si spostano anche le montagne! “Allora Gesù, rispondendo, disse loro: «Abbiate la fede di Dio! Perché in verità vi dico che se alcuno dirà a questo monte: ‘Spostati e gettati nel mare’, e non dubiterà in cuor suo, ma crederà che quanto dice avverrà, qualunque cosa dirà, gli sarà concesso. Perciò vi dico: Tutte le cose che domandate pregando, credete di riceverle e le otterrete” (Marco 11,22-24).

    Sì, amici cari, io vi ho portati, con la fantasia, sul monte che sorge sull’altra sponda del mare di Galilea, ma se ora proveremo a guardare dall’altra parte dello specchio, là dove si trovano le nostre case, là dove trascorrono le nostre vite, in mezzo ai nostri problemi, alle nostre difficoltà quotidiane, in mezzo alla malattia, e talvolta in mezzo a piccole gioie, scopriremmo che anche lì Gesù ci invita ad avere fede. Ci sprona a desiderare di poter spostare le montagne. 

    Perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. E’ una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza.

    E, se saremo capaci di coltivare questa virtù, scopriremo anche noi che, da cinque pani d’orzo e due pesci, potremo non solo tirare fuori tutto quel che servirà per far mangiare cinquemila persone, ma addirittura potremo riempire dodici canestri con gli avanzi: “Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato” (Giovanni 6,11-13).

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Sì, Lui non si ferma a pensare se pochi pani e pochi pesci potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno. Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili.

    A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole” (cfr. Giovanni 3,8).

    #Santanotte amici cari, la vostra fede sia, prima di tutto, fantasia e coraggio. E nessun ostacolo vi fermerà. Dio vi e ci benedica tutti! 🙂 🙂 🙂

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Moltiplicazione dei pani e dei pesci” di Bartolomé Esteban Murillo, 1671, olio su tela, 250 x 590 cm, Chiesa Ospedale della Carità, Siviglia

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  • Come affidarsi alla Provvidenza?

    Come affidarsi alla Provvidenza?

    Sapevi che più Dio ti ispira a fare una cosa che da solo non potresti fare, più ci mette mano Lui?

    Il mio (in)solito commento a:
    Tutti mangiarono a sazietà (Luca 9,11-17)

    Il nostro limite più grande, quello che ci paralizza e non ci permette di agire, è la mancanza di fiducia in Dio. Gli crediamo. Pensiamo che esista. Ricorriamo a Lui nelle preghiere. Ma poi, quando davvero serve affidarsi ad un miracolo, non riusciamo a lasciarci andare. Non riusciamo a liberare la nostra anima dai lacci che la legano a questo mondo materiale, incapace di librarsi verso quell’infinito che ci promette Dio. Così restiamo limitati, fermi, bloccati, tristi e delusi.

    Oh, se solo avessimo fede, potremmo spostare perfino le montagne! “Allora Gesù, rispondendo, disse loro: «Abbiate la fede di Dio! Perché in verità vi dico che se alcuno dirà a questo monte: ‘Spostati e gettati nel mare’, e non dubiterà in cuor suo, ma crederà che quanto dice avverrà, qualunque cosa dirà, gli sarà concesso. Perciò vi dico: Tutte le cose che domandate pregando, credete di riceverle e le otterrete” (Mc 11,22-24).

    Ma quando riusciamo ad affidarci completamente a Dio, quando siamo capaci di abbandonarci a Lui, è lì che avvengono veramente i miracoli! Sì, perché quando la nostra fede non è limitata dalla paura, allora Dio agisce attraverso di noi, permettendoci di realizzare anche l’impossibile.

    Non c’è limite alla Provvidenza. E’ una frase fatta, ma è anche una realtà. Non c’è limite perché la Provvidenza opera nella sproporzione. Più qualcosa è difficile da ottenere, più Dio interviene per aiutarci a realizzarla. Non meravigliarti, no, non meravigliarti affatto se con cinque pani e due pesci si potranno sfamare cinquemila persone e ricavare ceste di avanzi. Perché è così che agisce Dio.

    Perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. E’ una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza.

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Sì, Lui non si ferma a pensare se pochi pani e pochi pesci potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno. Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili.

    A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole” (cfr. Giovanni 3,8).

    E tu, hai fiducia nella Divina Provvidenza?

    #Santanotte. La nostra fede sia, prima di tutto, fantasia e coraggio. E, se avremo Dio nel cuore, nessun ostacolo ci fermerà!

    Alessandro Ginotta

    Ferdinando Palmerio – Guardiagrele (1824-1916) 1872. Olio su tela, cm. 250 x 145

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  • Che cos’è la fede?

    Che cos’è la fede?

    I miracoli? Esistono! Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi.

    Il mio in(solito) commento a:
    Moltiplicando i pani, Gesù si manifesta profeta (Mc 6,34-44)

    Ma come, Gesù!? Non sai che “cinque pani d’orzo e due pesci” non bastano? Lo pensa Filippo, che di matematica se ne intende, tant’è che sta calcolando quanti denari ci vorranno per sfamare le cinquemila bocche che si trova davanti. Lo pensa Andrea, che da buon pescatore, i pesci li conosce bene. E lo pensiamo anche noi. Vero?

    Avremo tutti letto questo brano decine e decine di volte, e chissà quante altre l’avremo sentito proclamare in Chiesa. Eppure, se d’incanto noi venissimo catapultati duemila anni nel passato, trovandoci immersi nella scena, guardando quelle tuniche mosse dal vento, osservando quegli occhi stanchi, quei visi sudati, la sabbia tra i calzari e sui piedi scalzi, anche noi saremmo tentati di pensare che cinque pani e due pesci non potranno bastare per tutti.

    Eppure, se avessimo fede, sapremmo che, proprio con la fede, si potranno spostare perfino le montagne! (cfr. Marco 11,22-24). Sì, amici cari, io vi ho portati, con la fantasia, sul monte che sorge sull’altra sponda del mare di Galilea, ma se ora proveremo a guardare dall’altra parte dello specchio, là dove si trovano le nostre case, là dove trascorrono le nostre vite, in mezzo ai nostri problemi, alle nostre difficoltà quotidiane, in mezzo alla malattia, e talvolta in mezzo a piccole gioie, scopriremmo che anche lì Gesù ci invita ad avere fede. Ci sprona a desiderare di poter spostare le montagne.

    Sì, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che agisce dentro e fuori di noi. È la fede che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. È una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza. E, se saremo capaci di coltivare questa virtù, scopriremo anche noi che, da cinque pani d’orzo e due pesci, potremo non solo tirare fuori tutto quel che servirà per far mangiare cinquemila persone, ma addirittura potremo riempire dodici ceste con gli avanzi.

    Perché la risposta di Gesù, alla nostra fede, è sempre di una generosità sovrabbondante. Sì, Lui non si ferma a pensare se pochi pani e pochi pesci potranno bastare. Lui è sicuro che basteranno. Ed avanzeranno.

    Chi possiede questa fede, anche se solo un pizzico, come un granellino di senape, potrà fare cose che, ai più, sembrano impossibili. A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole”.

    #Santanotte amici cari. Fidiamoci di Dio, mettiamo nelle sue mani ogni nostro problema e Lui, ci offrirà una soluzione sorprendente. Dio vi e ci benedica tutti!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “La Moltiplicazione dei pani e dei pesci”, icona ortodossa del XX secolo

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