Tag: presunzione

  • Quel peccato da evitare…

    Quel peccato da evitare…

    Tieniti forte, perché stiamo per fare un salto nel tempo. Duemila anni all’indietro. Destinazione? Un tempio. Lì ci aspetta Gesù. Vieni con me?

    Il mio decisamente in(solito) commento a:
    “Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo” (Luca 18,9-14)

    C’è odore d’incenso nell’aria. Fenditure di luce filtrano dagli alti finestroni, insinuandosi nella penombra del tempio. Guarda lì, alla tua sinistra… Lo vedi? Quell’uomo sembra un faraone! Il copricapo scintilla di gemme preziose, le sue vesti sono ampie, sgargianti, esagerate. Frange vistose gli scivolano dalle ginocchia fino ai piedi. Il braccio sinistro è avvolto da un lungo nastro di cuoio, alla cui estremità è legato l’astuccio con le Scritture. Sta ritto, impettito. Parla con voce alta, come un attore su un palco:

    «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini: ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo» (vv. 11-12).

    Perfetto, impeccabile… O almeno così crede. Snocciola i peccati degli altri con una sicurezza disarmante: ladri, ingiusti, adulteri… Ma chi vuole convincere? Gli altri, o se stesso? Parla forte, così forte da coprire la voce della sua coscienza. E intanto disprezza l’altro uomo. Quale uomo? Te lo stai chiedendo, vero? È laggiù, nell’ombra, rannicchiato dietro una colonna. La testa bassa, il petto che si solleva e si abbassa con il ritmo della sua mano che lo percuote. «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (v. 13).

    Ed eccolo, il momento. Gesù entra in scena.

    Un brivido. Lui avanza a passi decisi. Lo vedi? Sta arrivando proprio qui, accanto a noi! I suoi capelli danzano a ogni falcata. Gli occhi… oh, i suoi occhi! Luminosi, tagliano l’aria come una lama affilata. E vanno dritti verso il fariseo. La sua mascella si serra. I pugni si stringono. È come se lo sentissimo pronunciare: «Guai a voi!» (cfr. Mt 23). Il tono è duro, non lascia scampo: ipocrisie, simulazioni, arroganza… «Sepolcri imbiancati», così li chiama (cfr. Mt 23,27).

    Ma poi… poi lo sguardo di Gesù cambia. Si addolcisce. La mano destra si apre in un gesto pacato, indicando il pubblicano. E la sentenza cade, netta, definitiva:

    «Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (v. 14).

    E di nuovo i suoi occhi tornano al fariseo. Li immagini i suoi pensieri? Quelli che fanno l’elemosina solo per essere ammirati. Quelli che pregano a voce alta non per parlare con Dio, ma per farsi sentire dagli uomini. Quelli che digiunano solo per mettersi in mostra. Quelli che cercano i primi posti. Quelli pieni di sé, gonfi d’orgoglio, convinti di essere gli unici custodi della verità.

    Ma non vedono nulla. Non vedono Dio.

    Giustificano il loro lusso, le loro ricchezze, con il pretesto di dare gloria al Signore. Ma dentro sono aridi, vuoti. Ciechi. La loro religiosità è solo apparenza. E quando un uomo è convinto di possedere la verità assoluta, non ascolta più, non vede più, non comprende più. Diventa sordo. Diventa cieco.

    Ed è allora che l’umanità si paralizza. La verità, quando viene strumentalizzata, si trasforma in sopruso. E i farisei, che avrebbero dovuto essere uomini di fede, diventano mostri. Mostri capaci di condannare perfino il Figlio di Dio.

    Chi si sente giusto, chi si crede senza peccato, finisce per giudicare tutto e tutti. Invece di guardarsi dentro, punta il dito contro gli altri. Si crede migliore. Più capace di un esperto, più colto di uno studioso, più veloce di un atleta… Più giusto di Dio.

    E così la sua lingua si muove più veloce della testa. E troppo più veloce del cuore.

    Ci sono peccati evidenti, facili da riconoscere. Il ladro sa di rubare. L’assassino sa di uccidere. Il bugiardo sa di mentire. E in fondo, il seme di Dio che è dentro di loro continua a gridare. Può essere soffocato per un po’, ma non tace per sempre. E quando viene ascoltato, quando quel seme riesce a farsi sentire, può accadere il miracolo: il pentimento.

    Ed ecco perché i peccatori ci passeranno avanti nel Regno di Dio.

    Ma c’è un altro tipo di peccatore. Quello che non si riconosce tale. Quello che si sente perfetto. Che giudica, condanna, deride. Che vede la pagliuzza nell’occhio degli altri ma ignora la trave nel proprio (cfr. Luca 6,41).

    E proprio perché non ammette il suo peccato, non chiede perdono. E proprio perché non chiede perdono, non potrà mai riceverlo. Resta cieco. Non vede quando Gesù passa per invitarlo alla conversione. Non lo riconosce quando passa per offrirgli la salvezza.

    Ma tu… tu tieni gli occhi aperti. Tienili sempre spalancati, perché Gesù passa. E io prego che tu sappia riconoscerlo #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Sacro Cuore di Gesù”, di pittore di scuola italiana, 27×18 cm, Abbotsford House, Melrose, Regno Unito

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  • Che peccato la presunzione!

    Che peccato la presunzione!

    Reggiti forte perché stiamo per fare un salto di 2000 anni nel passato per incontrare Gesù in un tempio. Vieni con me?

    Il mio decisamente in(solito) commento a:
    Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo (Luca 18,9-14)

    Attorno a noi profumo d’incenso. Lame di luce penetrano attraverso gli alti finestroni e si fanno strada nella penombra del tempio. Vedi? Lì sulla sinistra un uomo pare proprio un faraone! Il copricapo tempestato di gemme preziose, le vesti ampie e sgargianti, frange vistose e lunghissime gli scendono dalle ginocchia fino ai piedi. Il braccio sinistro fasciato da un lungo nastro di cuoio, alla cui estremità è legato l’astuccio che nasconde le Scritture. Ritto ed impettito, parla con voce alta e stentorea, come un attore di teatro: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo» (vv. 11-12). Un uomo “perfetto” che snocciola i peccati degli altri: ladri, ingiusti, adulteri… ma chi vuole convincere? Più se stesso, o forse gli altri? Grida forte per non sentire la voce della sua coscienza che lo rimprovera. E disprezza l’altro uomo. Quale altro uomo, ti stai chiedendo? È quello che sta ricurvo in penombra laggiù, dietro a quella colonna, quasi a volersi nascondere, mentre si batte il petto mormorando con gli occhi bassi: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (v. 13).

    Ecco, entra in scena Gesù. Che emozione! Avanza a passi decisi. Lo vedi? Sta arrivando proprio qui, accanto a noi! Ad ogni possente falcata, le ciocche dei suoi capelli danzano sul suo capo. Gli occhi sono così luminosi che il suo sguardo sembra fendere l’aria come una spada, fino a colpire il fariseo che sta ritto in piedi. La mascella si serra ed i suoi pugni si stringono. Ci pare di udirlo pronunciare:  «Guai a voi!» (cfr. Mt 23) e denunciare tutti i vizi, le ipocrisie, le simulazioni, che rendono quell’uomo un «sepolcro imbiancato» (cfr. Mt 23,27). Poi il suo sguardo si tinge di un colore nuovo. La sua mano destra si apre ed indica con un gesto ampio e pacato il pubblicano, mentre osserva: «questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (v. 14).

    Di nuovo gli occhi di Gesù tornano a posarsi sul fariseo. Ci pare di udire la voce dei suoi pensieri: “fanno l’elemosina davanti a tutti perché cercano l’ammirazione degli uomini e non gli interessa nulla di Dio. Pregano a voce alta, ma invece di preoccuparsi di fare arrivare la loro voce a Dio, desiderano soltanto venire ascoltati dagli uomini. Per farsi grandi moltiplicano le parole nelle loro preghiere e simulano una fede che, in realtà, non hanno. Arrivano perfino al punto di digiunare pur di mettersi in mostra (cfr. Mt 6). Amano la vanità, sono pieni di sé, cercano sempre i primi posti nelle sinagoghe e sono gonfi d’orgoglio e presunzione. Si credono perfetti. E pensano di essere gli unici detentori della verità.

    Amano farsi vedere, ma è come se fossero ciechi, perché riescono a guardare solo la propria immagine rispecchiata negli occhi degli altri. Sono selettivamente ciechi, perché non si accorgono di nulla e di nessuno tranne che di loro (cfr. Mt 23,16).

    Giustificano il loro abbigliamento sfarzoso, l’oro e le gemme che ricoprono i loro abiti, con l’intenzione di dare gloria a Dio. Ma in realtà sono le persone più lontane dal Signore e, al centro dei loro desideri, c’è solo il loro straripante egoismo”.

    L’illusione di possedere la verità talvolta attribuisce all’uomo un’arroganza illimitata, gli sottrae la lucidità di valutare le situazioni e la capacità di comprendere. Davanti alla verità esaltata l’umanità si paralizza, diventa sorda e cieca. E i prodotti di questo simulacro di verità sono la violenza ed il sopruso. 

    Ecco che i farisei, che dovrebbero essere uomini di fede, si trasformano nei peggiori mostri della terra, capaci addirittura di condannare a morte perfino il Figlio di Dio. Detentori di un sapere che in realtà è fatto per la maggior parte di ignoranza, i farisei si arrogano il diritto di dare ordini a Gesù. Non solo. Addirittura pretendono di decidere che cosa sia lecito che il Figlio di Dio faccia e quando. Quale uomo, nella storia, ha mai osato comandare il proprio Dio?

    Dobbiamo fare attenzione, perché al giorno d’oggi è facile scivolare al livello dei farisei. Quante volte ci sentiamo così sicuri di noi stessi, tutti pieni del nostro “io”, a tal punto da non renderci conto di essere “vuoti di Dio”? Il “fariseo che c’è in noi” viene fuori ogni volta che apriamo la bocca per criticare qualcuno, senza neppure domandarci quali e quante difficoltà possa aver superato. Quante volte ci sentiamo più abili di un esperto? Più colti di uno studioso? Più scattanti di un atleta? E purtroppo… quante volte ci sentiamo addirittura più “giusti” di Dio? In tutte queste situazioni la nostra lingua si muove più velocemente della nostra testa e troppo più veloce rispetto al nostro cuore.

    Ci sono peccati così evidenti che si riconoscono subito: è facile capire che un ladro è un ladro. Rubare è un grave peccato, ma chi ruba è consapevole di delinquere e la sua “etichetta” è molto chiara. Come quella di un assassino, di un truffatore, di un bugiardo… e di tutte le persone che commettono deliberatamente azioni sbagliate, sapendo di sbagliare. Sono individui che nascondono il proprio peccato agli altri, ma lo hanno ben presente a se stessi. Il seme di Dio, che cresce dentro al cuore di ciascuno di noi, vibra e trema nel petto di questi peccatori e grida forte invitandoli alla conversione. Molti di loro, se saranno capaci di ascoltare questa voce, potranno davvero pentirsi e cambiare. Ecco quali sono i peccatori che “ci passeranno avanti nel Regno di Dio”. Persone che sapranno pulirsi il cuore e l’anima, dopo essersi riconosciuti peccatori.

    Accanto ai tanti peccatori, consapevoli dei propri errori e delle proprie fragilità, ci sono individui che non ammetteranno mai di sbagliare. Sono i farisei di ieri e di oggi: persone che si ritengono perfette e specchiate e che si sentono autorizzate a giudicare e condannare chiunque passi loro davanti. Gente abilissima ad individuare la pagliuzza nell’occhio altrui, ma completamente cieca di fronte alla trave che sta nel proprio (cfr. Luca 6,41).  

    Nel loro delirio si ritengono giusti e non si riconoscono bisognosi del perdono di Dio. Così facendo soffocano perfino quel seme che Dio ha posto dentro al loro cuore. Non gli permettono di parlare. Non gli consentono di crescere. Aridi dentro, si comportano come impostori perfino con se stessi: senza essere capaci di riconoscere il loro peccato. Così facendo, rischiano di non sentire Gesù che passa prima per invitarli alla conversione e poi per donare loro la salvezza.

    Io prego che gli occhi della tua anima non siano mai ciechi, ma sempre pronti a riconoscere Gesù! #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è:
    Il dipinto di oggi è: “Cristo il Salvatore con l’Eucarestia”, di Juan de Juanes,1545, olio su tela,  73×40 cm, Museo del Prado, Madrid

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