Tag: pubblicano

  • Quel peccato da evitare…

    Quel peccato da evitare…

    Tieniti forte, perché stiamo per fare un salto nel tempo. Duemila anni all’indietro. Destinazione? Un tempio. Lì ci aspetta Gesù. Vieni con me?

    Il mio decisamente in(solito) commento a:
    “Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo” (Luca 18,9-14)

    C’è odore d’incenso nell’aria. Fenditure di luce filtrano dagli alti finestroni, insinuandosi nella penombra del tempio. Guarda lì, alla tua sinistra… Lo vedi? Quell’uomo sembra un faraone! Il copricapo scintilla di gemme preziose, le sue vesti sono ampie, sgargianti, esagerate. Frange vistose gli scivolano dalle ginocchia fino ai piedi. Il braccio sinistro è avvolto da un lungo nastro di cuoio, alla cui estremità è legato l’astuccio con le Scritture. Sta ritto, impettito. Parla con voce alta, come un attore su un palco:

    «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini: ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo» (vv. 11-12).

    Perfetto, impeccabile… O almeno così crede. Snocciola i peccati degli altri con una sicurezza disarmante: ladri, ingiusti, adulteri… Ma chi vuole convincere? Gli altri, o se stesso? Parla forte, così forte da coprire la voce della sua coscienza. E intanto disprezza l’altro uomo. Quale uomo? Te lo stai chiedendo, vero? È laggiù, nell’ombra, rannicchiato dietro una colonna. La testa bassa, il petto che si solleva e si abbassa con il ritmo della sua mano che lo percuote. «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (v. 13).

    Ed eccolo, il momento. Gesù entra in scena.

    Un brivido. Lui avanza a passi decisi. Lo vedi? Sta arrivando proprio qui, accanto a noi! I suoi capelli danzano a ogni falcata. Gli occhi… oh, i suoi occhi! Luminosi, tagliano l’aria come una lama affilata. E vanno dritti verso il fariseo. La sua mascella si serra. I pugni si stringono. È come se lo sentissimo pronunciare: «Guai a voi!» (cfr. Mt 23). Il tono è duro, non lascia scampo: ipocrisie, simulazioni, arroganza… «Sepolcri imbiancati», così li chiama (cfr. Mt 23,27).

    Ma poi… poi lo sguardo di Gesù cambia. Si addolcisce. La mano destra si apre in un gesto pacato, indicando il pubblicano. E la sentenza cade, netta, definitiva:

    «Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (v. 14).

    E di nuovo i suoi occhi tornano al fariseo. Li immagini i suoi pensieri? Quelli che fanno l’elemosina solo per essere ammirati. Quelli che pregano a voce alta non per parlare con Dio, ma per farsi sentire dagli uomini. Quelli che digiunano solo per mettersi in mostra. Quelli che cercano i primi posti. Quelli pieni di sé, gonfi d’orgoglio, convinti di essere gli unici custodi della verità.

    Ma non vedono nulla. Non vedono Dio.

    Giustificano il loro lusso, le loro ricchezze, con il pretesto di dare gloria al Signore. Ma dentro sono aridi, vuoti. Ciechi. La loro religiosità è solo apparenza. E quando un uomo è convinto di possedere la verità assoluta, non ascolta più, non vede più, non comprende più. Diventa sordo. Diventa cieco.

    Ed è allora che l’umanità si paralizza. La verità, quando viene strumentalizzata, si trasforma in sopruso. E i farisei, che avrebbero dovuto essere uomini di fede, diventano mostri. Mostri capaci di condannare perfino il Figlio di Dio.

    Chi si sente giusto, chi si crede senza peccato, finisce per giudicare tutto e tutti. Invece di guardarsi dentro, punta il dito contro gli altri. Si crede migliore. Più capace di un esperto, più colto di uno studioso, più veloce di un atleta… Più giusto di Dio.

    E così la sua lingua si muove più veloce della testa. E troppo più veloce del cuore.

    Ci sono peccati evidenti, facili da riconoscere. Il ladro sa di rubare. L’assassino sa di uccidere. Il bugiardo sa di mentire. E in fondo, il seme di Dio che è dentro di loro continua a gridare. Può essere soffocato per un po’, ma non tace per sempre. E quando viene ascoltato, quando quel seme riesce a farsi sentire, può accadere il miracolo: il pentimento.

    Ed ecco perché i peccatori ci passeranno avanti nel Regno di Dio.

    Ma c’è un altro tipo di peccatore. Quello che non si riconosce tale. Quello che si sente perfetto. Che giudica, condanna, deride. Che vede la pagliuzza nell’occhio degli altri ma ignora la trave nel proprio (cfr. Luca 6,41).

    E proprio perché non ammette il suo peccato, non chiede perdono. E proprio perché non chiede perdono, non potrà mai riceverlo. Resta cieco. Non vede quando Gesù passa per invitarlo alla conversione. Non lo riconosce quando passa per offrirgli la salvezza.

    Ma tu… tu tieni gli occhi aperti. Tienili sempre spalancati, perché Gesù passa. E io prego che tu sappia riconoscerlo #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Sacro Cuore di Gesù”, di pittore di scuola italiana, 27×18 cm, Abbotsford House, Melrose, Regno Unito

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  • Gesù sta chiamando te. Rispondi?

    Gesù sta chiamando te. Rispondi?

    Ascolta. C’è una voce che ti chiama. La senti? No, non guardarti intorno. È dentro di te, è sempre stata lì. È la voce di Gesù, che ti chiama proprio adesso. Non domani, non tra un mese. Ora. Queste righe non sono casuali, non le stai leggendo per sbaglio. Sono qui per te. E tu, lo senti, vero?

    “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Matteo 9,9-13)

    Certo, queste parole arrivano dal Vangelo di Matteo. Ma sapevi che anche lui era come te? Uno qualunque. Una vita normale, forse perfino anonima. Eppure, qualcosa di straordinario è successo. Matteo ha sentito una chiamata. Una chiamata che ha stravolto tutto, una voce che ha sussurrato il suo nome, silenziosa ma inarrestabile. E sai una cosa? Anche tu, se rimani, scoprirai che quella voce… è per te.

    Matteo era solo un uomo. Né migliore né peggiore di tanti altri. Faceva un lavoro che lo rendeva poco simpatico, per usare un eufemismo. Esattore delle imposte. Un mestiere ingrato, certo, ma anche… rischioso. Non tanto per i debiti da riscuotere, ma per quello che rappresentava. Le tasse non andavano allo Stato, ma al nemico. Al dominatore romano. Non era un esattore qualunque, Matteo. Era, per molti, un traditore. Un uomo che riscuoteva per l’oppressore.

    Eppure… Gesù lo ha chiamato. Lo ha visto, lo ha scelto. E non per quello che faceva o non faceva. Gesù non si è fermato alle apparenze, non ha guardato il mestiere o la reputazione. No, a Lui interessava solo una cosa: Matteo era un essere umano. E sai qual è la verità? Anche tu sei chiamato. Con tutte le tue ombre, le tue luci, i tuoi segreti nascosti. Tu, così come sei.

    A Gesù non interessa se sei perfetto. Non gli interessa nemmeno se sei peccatore. Lui è venuto per te, per me, per tutti quelli che camminano nella luce e perfino nell’ombra. Perché il suo amore non conosce confini, non si ferma davanti a nessuna barriera. Siamo esseri imperfetti, certo, ma anche profondamente amati. Forse è proprio nelle nostre imperfezioni che si nasconde il segreto del suo sguardo su di noi.

    Il Vangelo non è riservato ai “bravi ragazzi”, a quelli che fanno tutto bene, che non sbagliano mai. No. È una chiamata aperta, per tutti, perfino per chi si sente perso. Forse soprattutto per loro. Gesù non ha paura delle tue cicatrici, delle tue cadute, delle tue mancanze. Al contrario, è lì che si rifugia. Nei margini, nelle pieghe nascoste della tua anima, dove nemmeno tu osi guardare.

    E ora, tu sei qui. E Dio ti chiama. Ti chiama come ha chiamato Matteo. Non ti sta chiedendo chi sei o cosa hai fatto. Ti sta solo chiedendo di esserci. Di ascoltare. E se lo lasci entrare, anche solo un istante, Lui cambierà qualcosa dentro di te. Forse non subito, forse non te ne accorgerai nemmeno. Ma qualcosa, in profondità, inizierà a muoversi. Perché sei amato. E non devi nasconderti più.

    Tu vali.

    Non lo dimenticare mai.

    #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Dipinto di Girolamo Muziano, Ascensione di Cristo, 1582, conservato in Chiesa Nuova, Roma

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  • Che peccato la presunzione!

    Che peccato la presunzione!

    Reggiti forte perché stiamo per fare un salto di 2000 anni nel passato per incontrare Gesù in un tempio. Vieni con me?

    Il mio decisamente in(solito) commento a:
    Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo (Luca 18,9-14)

    Attorno a noi profumo d’incenso. Lame di luce penetrano attraverso gli alti finestroni e si fanno strada nella penombra del tempio. Vedi? Lì sulla sinistra un uomo pare proprio un faraone! Il copricapo tempestato di gemme preziose, le vesti ampie e sgargianti, frange vistose e lunghissime gli scendono dalle ginocchia fino ai piedi. Il braccio sinistro fasciato da un lungo nastro di cuoio, alla cui estremità è legato l’astuccio che nasconde le Scritture. Ritto ed impettito, parla con voce alta e stentorea, come un attore di teatro: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo» (vv. 11-12). Un uomo “perfetto” che snocciola i peccati degli altri: ladri, ingiusti, adulteri… ma chi vuole convincere? Più se stesso, o forse gli altri? Grida forte per non sentire la voce della sua coscienza che lo rimprovera. E disprezza l’altro uomo. Quale altro uomo, ti stai chiedendo? È quello che sta ricurvo in penombra laggiù, dietro a quella colonna, quasi a volersi nascondere, mentre si batte il petto mormorando con gli occhi bassi: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (v. 13).

    Ecco, entra in scena Gesù. Che emozione! Avanza a passi decisi. Lo vedi? Sta arrivando proprio qui, accanto a noi! Ad ogni possente falcata, le ciocche dei suoi capelli danzano sul suo capo. Gli occhi sono così luminosi che il suo sguardo sembra fendere l’aria come una spada, fino a colpire il fariseo che sta ritto in piedi. La mascella si serra ed i suoi pugni si stringono. Ci pare di udirlo pronunciare:  «Guai a voi!» (cfr. Mt 23) e denunciare tutti i vizi, le ipocrisie, le simulazioni, che rendono quell’uomo un «sepolcro imbiancato» (cfr. Mt 23,27). Poi il suo sguardo si tinge di un colore nuovo. La sua mano destra si apre ed indica con un gesto ampio e pacato il pubblicano, mentre osserva: «questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (v. 14).

    Di nuovo gli occhi di Gesù tornano a posarsi sul fariseo. Ci pare di udire la voce dei suoi pensieri: “fanno l’elemosina davanti a tutti perché cercano l’ammirazione degli uomini e non gli interessa nulla di Dio. Pregano a voce alta, ma invece di preoccuparsi di fare arrivare la loro voce a Dio, desiderano soltanto venire ascoltati dagli uomini. Per farsi grandi moltiplicano le parole nelle loro preghiere e simulano una fede che, in realtà, non hanno. Arrivano perfino al punto di digiunare pur di mettersi in mostra (cfr. Mt 6). Amano la vanità, sono pieni di sé, cercano sempre i primi posti nelle sinagoghe e sono gonfi d’orgoglio e presunzione. Si credono perfetti. E pensano di essere gli unici detentori della verità.

    Amano farsi vedere, ma è come se fossero ciechi, perché riescono a guardare solo la propria immagine rispecchiata negli occhi degli altri. Sono selettivamente ciechi, perché non si accorgono di nulla e di nessuno tranne che di loro (cfr. Mt 23,16).

    Giustificano il loro abbigliamento sfarzoso, l’oro e le gemme che ricoprono i loro abiti, con l’intenzione di dare gloria a Dio. Ma in realtà sono le persone più lontane dal Signore e, al centro dei loro desideri, c’è solo il loro straripante egoismo”.

    L’illusione di possedere la verità talvolta attribuisce all’uomo un’arroganza illimitata, gli sottrae la lucidità di valutare le situazioni e la capacità di comprendere. Davanti alla verità esaltata l’umanità si paralizza, diventa sorda e cieca. E i prodotti di questo simulacro di verità sono la violenza ed il sopruso. 

    Ecco che i farisei, che dovrebbero essere uomini di fede, si trasformano nei peggiori mostri della terra, capaci addirittura di condannare a morte perfino il Figlio di Dio. Detentori di un sapere che in realtà è fatto per la maggior parte di ignoranza, i farisei si arrogano il diritto di dare ordini a Gesù. Non solo. Addirittura pretendono di decidere che cosa sia lecito che il Figlio di Dio faccia e quando. Quale uomo, nella storia, ha mai osato comandare il proprio Dio?

    Dobbiamo fare attenzione, perché al giorno d’oggi è facile scivolare al livello dei farisei. Quante volte ci sentiamo così sicuri di noi stessi, tutti pieni del nostro “io”, a tal punto da non renderci conto di essere “vuoti di Dio”? Il “fariseo che c’è in noi” viene fuori ogni volta che apriamo la bocca per criticare qualcuno, senza neppure domandarci quali e quante difficoltà possa aver superato. Quante volte ci sentiamo più abili di un esperto? Più colti di uno studioso? Più scattanti di un atleta? E purtroppo… quante volte ci sentiamo addirittura più “giusti” di Dio? In tutte queste situazioni la nostra lingua si muove più velocemente della nostra testa e troppo più veloce rispetto al nostro cuore.

    Ci sono peccati così evidenti che si riconoscono subito: è facile capire che un ladro è un ladro. Rubare è un grave peccato, ma chi ruba è consapevole di delinquere e la sua “etichetta” è molto chiara. Come quella di un assassino, di un truffatore, di un bugiardo… e di tutte le persone che commettono deliberatamente azioni sbagliate, sapendo di sbagliare. Sono individui che nascondono il proprio peccato agli altri, ma lo hanno ben presente a se stessi. Il seme di Dio, che cresce dentro al cuore di ciascuno di noi, vibra e trema nel petto di questi peccatori e grida forte invitandoli alla conversione. Molti di loro, se saranno capaci di ascoltare questa voce, potranno davvero pentirsi e cambiare. Ecco quali sono i peccatori che “ci passeranno avanti nel Regno di Dio”. Persone che sapranno pulirsi il cuore e l’anima, dopo essersi riconosciuti peccatori.

    Accanto ai tanti peccatori, consapevoli dei propri errori e delle proprie fragilità, ci sono individui che non ammetteranno mai di sbagliare. Sono i farisei di ieri e di oggi: persone che si ritengono perfette e specchiate e che si sentono autorizzate a giudicare e condannare chiunque passi loro davanti. Gente abilissima ad individuare la pagliuzza nell’occhio altrui, ma completamente cieca di fronte alla trave che sta nel proprio (cfr. Luca 6,41).  

    Nel loro delirio si ritengono giusti e non si riconoscono bisognosi del perdono di Dio. Così facendo soffocano perfino quel seme che Dio ha posto dentro al loro cuore. Non gli permettono di parlare. Non gli consentono di crescere. Aridi dentro, si comportano come impostori perfino con se stessi: senza essere capaci di riconoscere il loro peccato. Così facendo, rischiano di non sentire Gesù che passa prima per invitarli alla conversione e poi per donare loro la salvezza.

    Io prego che gli occhi della tua anima non siano mai ciechi, ma sempre pronti a riconoscere Gesù! #Santanotte

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è:
    Il dipinto di oggi è: “Cristo il Salvatore con l’Eucarestia”, di Juan de Juanes,1545, olio su tela,  73×40 cm, Museo del Prado, Madrid

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  • Gesù? Tira fuori il meglio da noi!

    Gesù? Tira fuori il meglio da noi!

    Perché Dio è così: non sa resistere a compiere il bene. Non può evitare di spalancarci i cancelli del cielo e non si darà pace se anche solo uno di noi sceglierà di allontanarsi, di non seguirlo. Allora sarà Lui stesso ad inseguirci, a venirci a cercare in mezzo al deserto, dimenticando tutto e tutti. Perché per Lui conta solo il grido di chi ha veramente bisogno.

    lI mio in(solito) commento a:
    Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato? (Luca 14,1-6)

    Certo che questi farisei, insieme ai dottori della legge, non potevano proprio darsi pace: lo inseguivano in un campo di grano (cfr. Matteo 12,1-8), gli tendevano tranelli in sinagoga (cfr. Matteo 12,10-14), gli ponevano domande a trabocchetto (cfr. Matteo 22,34-40) lo invitavano più volte a cena per coglierlo in contraddizione (cfr. Luca 7,36-50). Oggi però sarà Gesù a mettere in difficoltà loro: “Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo” (v.1). Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole (vv. 4-6).

    Non potevano rispondere, messi davanti all’evidenza. Sì, perché quando una persona soffre, non esiste sabato. Questo Gesù lo sa bene. E, in cuor loro, lo sanno anche farisei e dottori della Legge, anche se il loro orgoglio li rende muti.

    Ma chi erano i farisei? Il termine fariseo deriva dal’ebraico pārûsh, che significa “distinto”, “separato”. Un gruppo politico-religioso che, ai tempi di Gesù, godeva di ampia importanza e molto potere. In realtà i farisei tendevano a vedersi un gradino sopra le altre persone, e credevano di poter sempre sentenziare su tutto e su tutti: “Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano” (Luca 18, 9-14). I farisei, poi, si attribuivano autorità mosaica nell’interpretare la Legge. Ma l’eccessiva sicurezza della propria innocenza, specialmente quando ha, come risvolto pratico, un atteggiamento giudicante e intollerante verso il prossimo e verso i suoi errori, è qualcosa che a Gesù proprio non piace.

    «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Giovanni 2,17). Gesù lo dice chiaramente. Dio non è un giudice severo venuto per separare i buoni dai cattivi per poi gettare questi ultimi, inesorabilmente, nel fuoco dell’inferno. Gesù è disceso dal cielo e si è fatto uomo per essere più vicino agli uomini, per camminare in mezzo a noi, per soffrire con noi, per aiutarci a diventare persone migliori. Per questo banchetta con peccatori e pubblicani, per questo incontra truffatori come Zaccheo e peccatrici come la samaritana. Per tirare fuori il meglio di noi. Per aiutarci a crescere. Per tirarci fuori dai guai.

    No, un Dio così non separa i buoni dai cattivi per premiare questi e punire quelli, ma cerca, con tutto il suo amore, di insegnare a chi sbaglia che davvero ha sbagliato. Per indicargli qual è la strada per redimersi, per migliorarsi, per riscattarsi, per guadagnare il paradiso, come fece san Disma, il buon ladrone, crocifisso accanto a Gesù.

    Dio prende chi sbaglia per dargli una seconda, ed anche una terza… possibilità. Non certo per condannarlo prima del tempo.

    E tutto questo non può piacere ai farisei. Anzi, loro non lo capiscono proprio. Perché si ritengono superiori. Ma l’illusione di possedere la verità talvolta attribuisce all’uomo un’arroganza illimitata, gli sottrae la lucidità di valutare le situazioni e la capacità di comprendere. Ecco che i farisei, che dovrebbero essere uomini di fede, perché sono abili conoscitori delle Scritture, si trasformano nei peggiori mostri della terra, capaci addirittura di condannare a morte il Figlio di Dio. I farisei si arrogano il diritto di dare ordini a Gesù. Non solo. Addirittura pretendono di decidere che cosa sia lecito che il Figlio di Dio faccia e quando.

    Ma il sabato è il trionfo dell’amore! E l’amore non si può fermare. Ecco perché, amici cari, un ammalato non si può lasciar soffrire, neppure se è sabato. Perché Dio è così: non sa resistere a compiere il bene. Non può evitare di spalancarci i cancelli del cielo e non si darà pace se anche solo uno di noi sceglierà di allontanarsi, di non seguirlo. Allora sarà Lui stesso ad inseguirci, a venirci a cercare in mezzo al deserto, dimenticando tutto e tutti. Perché per Lui conta solo il grido di chi ha veramente bisogno.

    #Santanotte amici, chiediamo a Dio di entrare nelle nostre case, di venire nei nostri cuori e di guarirci da ogni male, fisico e spirituale. Non saremo più farisei, ma uomini salvati!

    Alessandro Ginotta

    Il dipinto di oggi è: “Gesù Buon Pastore”, di Cristóbal García Salmerón, 1650 circa, olio su tela, 141 x 107 cm, Museo del Prado, Madrid

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  • Sai che Gesù sta aspettando anche te? Sì, proprio adesso!

    Sai che Gesù sta aspettando anche te? Sì, proprio adesso!

    + Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,9-13)

    In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

    Parola del Signore

    Gv 12,44-50

    Cari amici, voi sapete che io cerco sempre di abbinare un dipinto ad ogni brano di Vangelo e, in un certo modo, mi aiuto con l’immagine ad immergermi, e farvi entrare, nell’episodio che commentiamo. Oggi più che mai il dipinto ha un ruolo fondamentale… vediamo perchè:

    Anzitutto vi presento un giovane “diciassettenne”. Forse lo conoscerete anche voi… Il suo nome è: Jorge Mario Bergoglio. Ah… dimenticavo… abbiamo fatto un passo indietro nella storia: siamo al 21 settembre 1953 (il 21 settembre è il giorno in cui la Liturgia propone il brano della Chiamata di Matteo): quel giorno Gesù stava sussurrando anche al cuore di questo giovane…

    Ma lasciamo che sia proprio il diretto interessato a raccontarcelo:

    “C’è un giorno per me molto importante: il 21 settembre del ‘53. Avevo quasi 17 anni. Era il “Giorno dello studente”, per noi il giorno della Primavera – da voi è il giorno dell’Autunno. Prima di andare alla festa, sono passato nella parrocchia dove andavo, ho trovato un prete, che non conoscevo, e ho sentito la necessità di confessarmi.

    Questa è stata per me un’esperienza di incontro: ho trovato che qualcuno mi aspettava. Ma non so cosa sia successo, non ricordo, non so proprio perché fosse quel prete là, che non conoscevo, perché avessi sentito questa voglia di confessarmi, ma la verità è che qualcuno m’aspettava. Mi stava aspettando da tempo. Dopo la Confessione ho sentito che qualcosa era cambiato. Io non ero lo stesso. Avevo sentito proprio come una voce, una chiamata: ero convinto che dovessi diventare sacerdote. Questa esperienza nella fede è importante.

    Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui a chiedere perdono, ma quando noi andiamo, Lui ci aspetta, Lui è prima! Noi, in spagnolo, abbiamo una parola che spiega bene questo:  – Il Signore sempre ci primerea – , è primo, ci sta aspettando! E questa è proprio una grazia grande: trovare uno che ti sta aspettando. Tu vai peccatore, ma Lui ti sta aspettando per perdonarti. Questa è l’esperienza che i Profeti di Israele descrivevano dicendo che il Signore è come il fiore di mandorlo, il primo fiore della Primavera (cfr Ger 1,11-12). Prima che vengano gli altri fiori, c’è lui: lui che aspetta.

    Il Signore ci aspetta. E quando noi Lo cerchiamo, troviamo questa realtà: che è Lui ad aspettarci per accoglierci, per darci il suo amore. E questo ti porta nel cuore uno stupore tale che non lo credi, e così va crescendo la fede! Con l’incontro con una persona, con l’incontro con il Signore” (Dal discorso di Papa Francesco di sabato 18 maggio 2013, Veglia di Pentecoste).

    Ma veniamo al quadro: La Chiamata di Matteo, opera di Caravaggio, si trova nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. Papa Francesco, anche prima della sua elezione a Pontefice, si recava spesso proprio in questa chiesa a contemplarlo: “Quel dito di Gesù così… verso Matteo. Così sono io. Così mi sento. Come Matteo”. “È il gesto di Matteo che mi colpisce: afferra i suoi soldi, come a dire: ‘no, non me! No, questi soldi sono miei!’. Ecco, questo sono io: ‘un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi’. E questo è quel che ho detto quando mi hanno chiesto se accettavo la mia elezione a Pontefice”.

    “Io sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”, “sono uno che è guardato dal Signore. Il mio motto ‘Miserando atque eligendo’ l’ho sentito sempre come molto vero per me” (dall’Intervista di Papa Francesco a Civiltà Cattolica).

    Miserando atque eligendo“: guardando con misericordia e scegliendo. Le parole che hanno colpito il Papa le troviamo in  un’omelia di San Beda il Venerabile, sacerdote dell’ottavo secolo che descrive lo sguardo amorevole di Gesù mentre si posa sul pubblicano che sceglierà come suo apostolo.

    Dunque stiamo contemplando il dipinto che ha ispirato il motto scritto sullo stemma di Papa Francesco. Stiamo leggendo la pagina di Vangelo che ha fatto nascere la sua vocazione. Cosa aggiungere?

    Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (v. 12). Noi tutti siamo figli di Dio. Siamo fatti a sua immagine e somiglianza (cfr. Genesi 1,26). In tutti noi, buoni o “cattivi”, santi o peccatori, c’è il germe della bontà, c’è il seme di Dio. Anche nel cuore dell’uomo più malvagio c’è sempre almeno una piccola, piccolissima parte di amore. Nessun uomo è totalmente “un mostro”, nessun peccatore è “senza speranza”.

    Ma il seme che abbiamo ricevuto ha bisogno di incontrare Gesù per germogliare. Matteo è stato trasformato da Cristo. L’incontro con Gesù ci redime, ci purifica, ci riconcilia con Dio. Pensiamo a Zaccheo (Lc 19,1-10). Pensiamo a San Paolo (Atti 9). Pensiamo a noi: se siamo qui, a leggere questa pagina, cari amici, non siamo forse stati convertiti in qualche misura anche noi? (Oh… non per queste modeste righe… certo no, ma ci sarà stato un momento in cui abbiamo sentito la nostra chiamata nel cuore… un istante in cui abbiamo maturato la nostra volontà di amare il Signore, di leggere la sua Parola, di cercare la sua via!). Gesù ci incontra, magari attraverso una pagina di Vangelo, ci guarda e… ci sceglie. E allora anche noi veniamo guariti. La nostra anima non è più ammalata, ma da quel momento, dopo quello sguardo, è libera di seguire Dio.

    Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori” (v. 13). Allora amici, rispondiamo alla sua chiamata! Sì, chiamaci Signore, guardaci, purificaci, prendici con Te, alla Tua sequela!

    Cari amici, le domande che oggi vi propongo (e mi propongo) sono: Sono consapevole che Gesù è lì che mi aspetta? Sta aspettando proprio me in questo momento? Cosa rispondo a Gesù che sussurra “Seguimi!” al mio cuore: “Lasciami stare”, oppure: “Eccomi!”?  E ancora: Perchè ho paura (se ce l’ho) di seguire Gesù?

    Questa notte, Gesù, ti affido tutti i miei amici e le persone che conosco! Guardali, purificali con il Tuo sguardo, sceglili e trattieniti a tavola anche con loro. Entra nella loro vita e fai germogliare il seme nel loro cuore!

    #Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂

    La vocazione di San Matteo

    Il dipinto di oggi è “La vocazione di San Matteo” del pittore italiano Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 1599-1600, olio su tela, 322×340 cm., Cappella Contarelli, chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

    Alessandro Ginotta

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