Ti avverto: se leggi queste righe come fosse un normale articolo di gossip, rischi di perderti il vero tesoro nascosto!
Il mio in(solito) commento al Vangelo di oggi: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Luca 8,19-21).
Gesù oggi ci spiazza, e non poco. Ma chi sono davvero i suoi fratelli? Non è così semplice come sembra, e forse… stai facendo la domanda sbagliata.
Cominciamo con un po’ di “cronaca familiare”: nei Vangeli di Marco e Matteo si citano quattro fratelli – Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda – e anche alcune sorelle (senza nomi, ahimè). Giovanni, invece, li menziona solo in modo generico. Questi dettagli hanno fatto discutere teologi e studiosi per secoli. E ora tocca a te decidere:
Vuoi accontentarti della risposta “classica”, quella rassicurante?
Sei pronto a scavare più a fondo con un po’ di sana curiosità?
Oppure sei disposto a lasciar perdere tutto per guardare al messaggio che conta davvero?
Se scegli la prima opzione, ecco la versione “tranquilla”: nel linguaggio ebraico antico, la parola “fratello” non indicava solo i fratelli di sangue, ma anche cugini e parenti stretti. Così, quei nomi che hai letto potrebbero riferirsi ai cugini di Gesù. Problema risolto? Quasi. In fondo, così la verginità di Maria resta intatta e l’idea di un San Giuseppe con figli da un precedente matrimonio si dissolve senza troppi drammi.
Ma se hai scelto la seconda strada, preparati a un viaggio più “succoso”: alcuni Vangeli apocrifi, come il Protovangelo di Giacomo o la Storia di Giuseppe il falegname, parlano di un San Giuseppe vedovo con figli da un primo matrimonio. Gossip storico o indizio interessante? Ti lascio il piacere della ricerca.
E poi c’è la terza via, la più profonda. Pronto? Non importa davvero chi fossero i fratelli di Gesù, perché il punto è che… siamo tutti suoi fratelli e sorelle! Proprio così. Gesù ci allarga la famiglia in modo straordinario, ci invita a far parte di qualcosa di molto più grande.
Ricordi quando disse a Pietro: “Chiunque ha lasciato casa, fratelli, sorelle, padre, madre, figli o campi per me, riceverà cento volte tanto” (Marco 10,29-30)? Gesù non ci toglie nulla, anzi. Ci chiede di fidarci, di lasciar andare le nostre certezze per abbracciare qualcosa di infinitamente più grande.
Ti sembra difficile? Pensiamo ad Abramo: Dio gli chiese di sacrificare Isacco, ma poi gli diede una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Lo stesso accade a noi: quando diciamo “sì” a Dio, non perdiamo nulla. Scopriamo di avere tutto.
Gesù oggi ti chiama. Sì, proprio te. Ti dice: “Forza, seguimi! Esci dalla tua routine, scuotiti dall’apatia e guarda il mondo intorno a te. C’è così tanto bisogno di te!”.
Il prossimo? È chiunque incontri sul tuo cammino, chiunque abbia bisogno di una mano, di una parola, di un sorriso. Perché alla fine, siamo tutti fratelli e sorelle, figli di uno stesso Padre.
Ora, fermati un attimo e pensa. Tu, proprio tu, puoi fare la differenza. Il mondo ti aspetta.
Ora, #Santanotte… e lascia che queste parole lavorino dentro di te.
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “La Santissima Trinità”, di Andrés López, 1780, olio su tela, 175×107 cm, Colección Andrés Blaisten, Messico
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Oggi ti presento un modo decisamente inconsueto di vedere Dio. Una analogia che ci aiuterà a capire meglio uno dei misteri più impenetrabili della fede cristiana: La Santissima Trinità. Vuoi provare a fare qualche passo in più insieme a me e avvicinarti a Dio? Allora leggi il mio
in (solito) commento a: Battezzate tutti i popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28,16-20)
Ormai qualche anno fa, nel mio primo libro, provai a spiegare la Santissima Trinità, senza coinvolgere l’intelletto, ma soltanto il cuore. Il titolo di quel capitolo era: “La Santissima Trinità, il Mistero svelato in un abbraccio“. Ne richiamerò qui due capoversi per poi arricchire quella pagina con alcune riflessioni originali:
Padre, Figlio e Spirito Santo, tre Persone distinte, una cosa sola. Sembra un concetto distante, eppure ce l’abbiamo vicino ogni giorno. Tutte le volte che ci facciamo il segno della Croce, in realtà preghiamo la Santissima Trinità! Qualche volta lo facciamo in modo un po’ distratto, affrettato, ma… prova a farlo ora con il cuore:
Porta la tua mano destra alla fronte, lentamente – lentamente! mi raccomando, fallo con il cuore, cercando di sentire ogni passaggio! – mentre lo fai prova ad immaginare la grandezza del Padre, immensa, imperscrutabile, e l’altrettanto immenso amore con cui Egli ci ama: Nel nome del Padre. Senti quanto ti ama? Ti senti vicino all’Amore del Padre? Ecco, adesso la tua mano si sposta in basso, al Figlio: “Il Verbo si fece carne” (Giovanni 1,14). Nel nome del Figlio. È venuto quaggiù, sulla terra, si è fatto come noi… per farci come Lui. Dio, che ci ama tantissimo, “ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo” (1 Giovanni 4,14). Poi la tua mano si sposta sulle spalle, prima a sinistra, poi a destra. Per favore, fa’ un gesto ampio e lento… ampio come un abbraccio: E… dello Spirito Santo! Senti l’amore? L’abbraccio del Padre? Il Segno della Croce è simbolo dell’amore di Dio che ci abbraccia!
A questo abbraccio, che è amore, partecipano tutte e tre le Persone della Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Ecco il mistero: Tre in Uno. Una delle più antiche testimonianze scritte sulla Santissima Trinità risale al 400 d.C. si tratta di un pensiero scritto da Sant’Agostino che, commentando il passo della Genesi in cui si narra l’incontro di Abramo con i tre angeli osservò: “Abramo tres vidit et unum adoravit” (Abramo vide tre e adorò uno). È singolare rileggere il passo: «Poi il Signore apparve a lui (Abramo) alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: “Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo”» ( Genesi 18,1-3) noterai anche tu il passaggio ripetuto dal singolare al plurale: “Poi il Signore apparve”…“vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui”…“Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi”…
Il Catechismo della Chiesa Cattolica prova a fare ordine tra le tre persone: “La Trinità è Una. Noi non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre Persone: «la Trinità consostanziale». Le Persone divine non si dividono l’unica divinità, ma ciascuna di esse è Dio tutto intero: « Il Padre è tutto ciò che è il Figlio, il Figlio tutto ciò che è il Padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è il Padre e il Figlio, cioè un unico Dio quanto alla natura». «Ognuna delle tre Persone è quella realtà, cioè la sostanza, l’essenza o la natura divina»” (n. 253).
Dunque ognuno è contemporaneamente tutto Dio e Persona distinta. Lo so, è difficile da spiegare: una parte che contiene tutto. Abbiamo già incontrato questo concetto qualche giorno fa, quando ti raccontai la mia teoria sulla Creazione.
Il mistero della Trinità è qualcosa che la mente umana non può comprendere pienamente. È un concetto che va oltre la ragione e richiede fede. La Chiesa insegna che questa verità è stata rivelata da Dio stesso e può essere accolta solo attraverso la fede. Se vuoi però posso provare a fare insieme a te un passetto in più: prova a pensare all’acqua. Come tu sai l’acqua può esistere in tre stati: solido (il ghiaccio), liquido (l’acqua appunto) e gassoso (il vapore). Indipendentemente dallo stato in cui si trova, una molecola d’acqua è sempre una molecola d’acqua e può passare in modo reversibile infinite volte da uno stato all’altro. L’acqua è acqua come Dio è Dio. Una cosa sola. Un Dio solo.
Puoi pensare all’acqua liquida come a Dio Padre, che è considerato la fonte primaria e creatrice di tutto; puoi pensare all’acqua solida come a Dio Figlio, Gesù Cristo, che ha assunto una forma tangibile e fisica attraverso l’incarnazione; puoi pensare all’acqua sotto forma di vapore come a Dio Spirito Santo, che è percepito come la presenza di Dio che opera nel mondo e nei cuori dei credenti.
L’analogia è utile per intravvedere qualcosa in più del mistero, ma non lo spiega completamente, perché Dio è più “trinitario” dell’acqua, infatti l’acqua non può essere simultaneamente liquida, solida e gassosa nello stesso momento e nello stesso luogo. Invece il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo esistono contemporaneamente e eternamente, nello stesso luogo e nello stesso tempo. Ricorda anche che Dio non è un unico Dio che si manifesta sotto forme diverse, ma è l’unione di tutte e tre le Persone che coesistono contemporaneamente come unità e diversità. Vedi quanto è grande il mistero? Davvero insondabile con la mente umana. Spero però di averti dato un argomento per guardare un po’ oltre il limite e intuire meglio la natura di Dio.
D’altra parte, San Giovanni evangelista scrive: “A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita” (Apocalisse 21,6). E ancora: “Chi ha sete venga a me e beva” (Giovanni 7,37). Ed anche: “L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Giovanni 4,14). Lasciamo che a dissetarci sia Lui, sorgente d’acqua viva. A proposito: come sta la tua sete di infinito? #Santanotte
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “La Santissima Trinità”, di Andrés López, 1780, olio su tela, 175×107 cm, Collezione Andrés Blaisten, Messico
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Proprio nel momento in cui sta per ripartire, Gesù promette di rimanere! Non lo vedremo più con i nostri occhi, non sentiremo più la sua voce, non potremo più toccarlo, ma lui sarà presente in mezzo a noi, come prima, anzi più di prima!
Il mio in(solito) commento a: Il Padre vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto (Giovanni 16,23-28)
Come Dio è contemporaneamente Padre, Figlio e Spirito Santo e le tre Persone distinte, che però sono un solo, unico Dio, verità diverse possono coesistere in una unica verità e contemporaneamente essere distinte. “Ma Alessandro!? – direte voi – sarebbe questo il Vangelo spiegato con parole semplici? Se non si capisce nulla!?”… Il grande mistero di Dio, ahimè, non può essere spiegato a parole. Però può essere capito!
Si racconta che Sant’Agostino, un giorno, passeggiava in riva al mare. Lì vide un bambino che, con un secchiello, continuava ad attingere acqua dal mare per poi riversarla in una piccola fossa che aveva scavato sulla sabbia. Gli chiese: “Che fai?” Lui rispose: “Voglio versare qui dentro tutta l’acqua del mare”. “Come non si riesce a raccogliere tutta l’acqua del mare in una piccola fossa – commentò il santo – così Dio, che è infinitamente grande, non può essere compreso da una piccola mente”. “Se tu potessi conoscere totalmente Dio – concluse sant’Agostino – o tu saresti Dio, oppure Dio non sarebbe più Dio”.
Dio è più grande. È un concetto sfuggente, con il quale spesso mi confronto: Dio è più grande dell’idea stessa che noi possiamo avere di Lui. Egli è sconfinato, illimitato, onnipresente ed onnipotente. Dovunque noi ci spostiamo nello spazio e nel tempo troviamo sempre tutto Dio lì a guardarci. Egli è tutto accanto a te, cara lettrice, caro lettore, che stai leggendo queste righe. Ma Dio è contemporaneamente ed integralmente presente accanto a ciascuno di noi, sia che lo pensiamo, sia che abbiamo la testa da tutt’altra parte. Ed è in ogni goccia del mare, in ogni particella subatomica, così come si trova nella vastità degli spazi sconfinati. Perché tutto è il luogo di Dio. Immensamente grande ed immensamente piccolo ugualmente lo contengono, ma, al tempo stesso, nulla lo può contenere perché è illimitato. Vedete? Dio è più grande di ogni concetto che anche solo tenti di quantificarlo, di descriverlo.
Ebbene amici, questo Dio così grande ci dice: «Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l’ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre» (vv. 25-28). Per ora Gesù ci parla per parabole, tenta di spiegarci, con concetti figurati e semplici, una parte di quello smisurato mistero di Dio che ci circonda. Ma noi non siamo ancora capaci di capirlo. Lo possiamo solo intuire.
È un Dio che ci saluta, perché sta per tornare al Padre. Ma è contemporaneamente un Dio che resta con noi: ogni giorno, fino alla fine del mondo (cfr. Matteo 28,20). Gesù promette che rimarrà sempre con noi, anche dopo essere tornato al Cielo. Fino alla fine del mondo sarà il Dio-con-noi. Proprio nel momento in cui sta per ripartire, Gesù promette di rimanere! Non lo vedremo più con i nostri occhi, non sentiremo più la sua voce, non potremo più toccarlo, ma lui sarà presente in mezzo a noi, come prima, anzi più di prima. Dio è sempre qui, accanto a noi. E’ qui ed attende che il nostro sguardo si rialzi ad incrociare il suo. E’ qui ed aspetta che noi ci accorgiamo di Lui. Che ci rendiamo conto di quanto ci ama. Di quanto siamo importanti per Lui. Tutti. Tutti quanti. Lui ci tende la mano ed è pronto ad aiutarci a risollevarci. Dio ci ama così tanto che non ha esitato a rinunciare alle comodità dei cieli per incarnarsi e scendere sulla terra e condividere con noi tutte le difficoltà, la povertà, la fame, il freddo, i pericoli, la cattura, la morte. Perché “non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (cfr. Gv 15,13).
Dunque, in attesa di riunirci a Lui, alla fine dei giorni, là dove anche Dio è una cosa sola, in attesa di quel giorno in cui Gesù non pregherà più il Padre per noi, perché Dio stesso, Padre, Figlio e Spirito Santo, sarà con noi nella Gerusalemme Celeste, impariamo a pregare come Lui ci ha insegnato: «Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena» (vv. 23-24).
Perché:
E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell’Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli. (Apocalisse 22,3-5).
#Santanotte amici. Dio, che abita attorno a noi, fuori e dentro di noi, ci aiuti ad accorgerci sempre di Lui, della sua presenza. E ci insegni che Le cose di Dio non si possono capire solo con la testa, ma le dobbiamo comprendere con il cuore.
Alessandro Ginotta
L’immagine di oggi è: “La disputa sul Sacramento”, di Raffaello Sanzio, 1509, affresco, 500x770cm, Musei Vaticani
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Hai mai cercato Dio? Oggi ci proveremo insieme: ci guarderemo attorno e scopriremo dove Egli abita!
Il mio in(solito) commento a: Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa (Giovanni 3,31-36)
Come possiamo cercare un Dio che è dappertutto? Leggiamo nell’Antico Testamento: “Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti” (Sal 139,7-8). San Paolo aggiunge: “Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene… non è lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,24.27-28). Dio è sì onnipotente, ma è anche onnisciente ed onnipresente: ogni cosa ci parla di Dio, dalla molecola più piccola visibile al microscopio, alla galassia più grande che potremo trovare nello spazio, ogni parte dell’universo deriva da Lui. Il Creatore del cielo e della terra (cfr. Genesi 1,1) è artefice di ogni cosa: “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Giovanni 1,3).
Dio è tutto e dappertutto. San Paolo, parlando di Gesù, ci dice che: “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui” (Colossesi 1,15-17). E ancora: “Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Colossesi 1,19-20).
Penetrare nel cuore del mistero di Dio richiede uno sforzo di intelligenza e fantasia, che va ben oltre le nostre capacità. C’è poco da fare: Dio è più grande. E’ più grande del nostro pensiero. E’ più grande della nostra immaginazione. Lo abbiamo ripetuto più volte: Dio è molto più grande anche del nostro peggior peccato. Ma non è solo la sua vastità a sfuggire al nostro intelletto, è l’idea stessa di Dio ad essere talmente complessa da non riuscire a rientrare nei nostri schemi mentali. Sappiamo che Dio è onnipresente: Egli è contemporaneamente in cielo, ed in terra, proprio qui accanto a noi. E, penso che stupirò alcuni di voi, ma posso affermare con certezza che Dio è anche dentro di noi!
Sì: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Giovanni 14,23). Padre e Figlio, ma anche lo Spirito Santo, perché: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre… Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Giovanni 14,16-17). Dunque, Dio, nelle tre Persone, è dentro di noi, almeno quando noi ci conserviamo in stato di grazia, obbedendo ai comandamenti, primo di tutto quello dell’amore: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Giovanni 15,4-13).
Sì, perché, come afferma San Giovanni evangelista: dentro ciascuno di noi c’è un seme di Dio (cfr. 1Giovanni 3,9). Un seme che viene custodito nel luogo più intimo della nostra anima. Un tesoro inestimabile che ci parla di Dio dentro di noi. Un seme sempre pronto a germogliare. Un seme che induce in noi la sete di Dio. Un seme che ci spinge a cercare la Parola.
Un seme che può restare silenzioso, soffocato da mille affanni, frustrazioni e preoccupazioni, anche per tutta la vita. Ma che, se viene nutrito con l’acqua viva della Parola di Dio, è pronto a germogliare in qualsiasi istante. E produrre frutti di amore e conversione. Un seme che ci può cambiare profondamente, a partire proprio dal nostro interno. Un seme che viene da Dio.
Quel seme convertì San Paolo, folgorando, sulla via di Damasco, il peggiore dei persecutori dei cristiani, trasformandolo, in un istante, nel più fervente degli apostoli. Quel seme che convertì Zaccheo, la samaritana, l’adultera e il buon ladrone. Lo stesso seme che può spingere un detenuto a ravvedersi e cercare Dio. Quel seme che è pronto a sbocciare dentro la parte più nascosta di noi e renderci migliori.
Cari amici, alla luce di questo, non è più facile capire il comandamento dell’amore? Quella richiesta così difficile che ci fa Gesù spingendoci ad amare non soltanto i nostri amici, ma anche i nostri nemici?
E’ perché anche dentro di loro, anche dentro il peggiore individuo che questa terra abbia mai visto, nascosto nel recesso più remoto dell’anima, sopravvive questo seme di Dio. Un seme che non può e non deve essere strappato da nessuno.
Ecco un Dio misterioso, che è contemporaneamente fuori e dentro di noi. Un Dio che è contemporaneamente fuori dallo spazio e dal tempo e vive ed abita dentro ogni istante. Un Dio infinito, che ci ama, a prescindere dai nostri limiti e dai nostri peccati. Che ci insegna ad essere misericordiosi con gli altri, fossero questi anche i nostri peggiori nemici. E ad essere misericordiosi con noi stessi, anche quando cadiamo nel più abominevole dei peccati. Perché Dio ci ama. Ed abita dentro di noi.
Se ancora ci stiamo chiedendo dov’è Dio possiamo seguire la risposta che ci offre la beata Elisabetta della Trinità: “Lo sento così vivo nell’anima mia che basta che io mi raccolga per trovarlo qui, dentro di me. Ed è tutta la mia felicità” (Elisabetta della Trinità, Lettera al canonico Angles, 15 luglio 1903). E ancora: “Io ho trovato sulla terra il mio cielo; perché il cielo è Dio, e Dio è nell’anima mia. Il giorno in cui l’ho compreso, tutto per me si è illuminato; vorrei svelare questo segreto a tutti quelli che amo, perché anch’essi aderiscano sempre a Dio e si realizzi così la preghiera di Cristo: Padre, che siano perfetti nell’unità” (Elisabetta della Trinità, Lettera alla Signora De Sourdon, 1902) #Santanotte
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “La Santissima Trinità” del pittore fiammingo Artus Wolffort, 1631, olio su tela, 94×123 cm, Groeningemuseum, Bruges, Belgio
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Se Gesù è il Figlio di Dio e, in quanto Persona della Santissima Trinità, è parte di Dio e Dio stesso, perché deve pregare?
Il mio in(solito) commento a: Comandami di venire verso di te sulle acque (Matteo 14,22-33)
Ho commentato questo stesso passo di Vangelo pochi giorni fa (https://www.labuonaparola.it/come-vincere-la-paura/) ma, come spesso accade, uno stesso passo può colpire ora per una parola, ora per un’altra parte. Ed oggi sono rimasto a riflettere sul secondo versetto: “Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo” (v. 23). Spesso nei Vangeli incontriamo Gesù nell’atto di pregare. Citerò ad esempio il momento del Battesimo “ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì” (Luca 3,21); dopo aver guarito la suocera di Pietro “Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Marco 1,35); dopo aver parlato alle folle e guarito molte persone “Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Luca 5,16); prima di scegliere i dodici apostoli “In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio” (Luca 6,12); durante la Trasfigurazione “Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” (cfr. Luca 9,31); al ritorno dei settantadue discepoli: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (cfr. Luca 10,21); durante l’Ultima Cena “prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (Marco 14,22); la lunga preghiera riportata dall’evangelista San Giovanni prima della cattura di Gesù: “poi alzò gli occhi al cielo e disse: “Padre, l’ora è venuta; glorifica il Figlio tuo, affinché anche il tuo Figlio glorifichi te…” (cfr. Giovanni 17,1-13); e ancora sulla stessa croce: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34); e ancora: “«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò” (Luca 23,46).
Ma perché Gesù prega? Non è Lui stesso Dio? Non è Lui stesso una delle tre Persone della Santissima Trinità? Qui entriamo in un mistero sul quale potremmo scrivere biblioteche intere senza riuscire a sviscerarlo completamente. Tre Persone diverse coesistono in un unico Dio trinitario: il Padre Creatore, il Figlio Salvatore, lo Spirito Santo Consolatore. L’evangelista San Matteo, parlando della Parusia scrive: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Matteo 24,36). Nel grande mistero di Dio le tre Persone, pur essendo un solo Dio, conservano ruoli distinti. Ogni volta che provo ad immaginare la Santissima Trinità visualizzo nella mia mente tre sfere luminose che pulsano contornate da un unico grande alone di luce. Il pulsare è il “comunicare”, perché queste tre Persone comunicano costantemente fra di loro: sono costantemente in contatto, come se si fondessero e si dividessero. Ti dirò di più: in ogni istante sono tre Persone distinte e contemporaneamente un unico Dio. Come le sfere, nella mia immaginazione, comunicano, in qualche modo Padre, Figlio e Spirito Santo dialogano costantemente tra di loro. Il Catechismo della Chiesa Cattolica scrive: «Lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre e, per il dono eterno che il Padre ne fa al Figlio, procede dal Padre e dal Figlio in comunione» (N. 264). D’altra parte lo stesso prefazio della Santissima Trinità recita: “Con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo Signore, non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza“.
La preghiera è il nostro modo di comunicare con Dio, così come le tre Persone della Santissima Trinità comunicano tra di loro (a questo argomento nel mio ultimo libro “Sorprendersi con Dio” ho dedicato un intero capitolo). Dunque è normale che Gesù, Figlio di Dio, comunichi con il Padre attraverso la preghiera. D’altra parte lo stesso Gesù ci ha insegnato la preghiera che tutti noi utilizziamo quotidianamente: “Voi dunque pregate così: Padre Nostro che sei nei cieli…” (cfr. Matteo 6, 7-15).
Scrive San Giovanni Crisostomo: “La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno. Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo. La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo” (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466).
#Santanotte. La preghiera apra per te le porte di quella fede che può diventare così intensa da renderti capace di spostare anche le montagne (o, nel caso del Vangelo di oggi, di camminare sulle acque verso Cristo). Nulla è impossibile a Dio (e a te, attraverso la fede che avrai in Lui).
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “Trinità del cielo e Trinità della terra” del pittore Andrés López, XVIII sec., olio su rame, 332x360cm, Museo Nacional de Arte, Città del Messico
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Oggi parleremo della vita dopo la morte e faremo un altro passo per avvicinarci un po’ di più al grande mistero di Dio.
Il mio (in)solito commento a:
Siano perfetti nell’unità (Giovanni 17,20-26)
Se fin qui (cfr. Gv 17,11-19) poteva esserci rimasto qualche dubbio, in questo brano (Giovanni 17,20-26) cadono tutti i veli: Gesù, non solo desidera ritrovarci tutti quanti in Paradiso, ma desidera che noi ci riuniamo tutti in Lui. In Dio!
Molte volte, amici, vi ho parlato della scintilla di Dio che brilla nella nostra anima. E’ bello pensare che, dopo la morte, queste scintille possano ritornare al fuoco di Dio dal quale sono scaturite: “perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi” (v. 21). E ancora “perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa” (cfr. v. 21). E poi: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità” (cfr. v. 23).
Alcune religioni orientali ritengono che le nostre anime, dopo la morte, salgano verso il cielo per “fondersi” in Dio e diventare una cosa sola con Lui. La realtà però non è così semplice. Un altro concetto che ripeto spesso è quello della grandezza di Dio. Una vastità sconfinata, che supera i nostri limiti di comprensione e si traduce nell’immenso ed imperscrutabile mistero di Dio. Non è possibile, con il nostro intelletto, riuscire a capire Dio nella sua interezza. Ci possiamo solo avvicinare con qualche approssimazione. Pensate, amici cari, a quante religioni monoteiste esistono, ciascuna delle quali percepisce uno “spicchio” della realtà di Dio. Ma nessuna religione riesce a cogliere tutti i dettagli. Qualche elemento resta sempre annebbiato. Scrive San Paolo: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto” (1Corinzi 13,12).
Mi ha molto colpito una canzone di Arisa che recita:
Riprendiamo un passaggio che abbiamo già incontrato in passato, per fare un altro salto in avanti e portarci un po’ più vicino alla comprensione di quel mistero che ci sfugge: “Dio è amore” (1Giovanni 4,8). Ha sempre amato ed amerà per sempre. Prima ancora di creare l’universo Egli amava. Ma amava a tal punto, che il suo amore crebbe fino a fuoriuscire da Lui. Ecco le scintille che fuoriescono dal fuoco di Dio. Scintille che si condensano in materia, creando il mondo così come lo conosciamo. L’universo intero: il cielo, la terra, l’uomo e tutte le creature. Perché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Giovanni 3,16). Ecco le scintille che brillano nell’angolo più remoto della nostra anima, residui di quell’esplosione d’amore che fu, come il big bang dell’universo, l’origine di ogni cosa. Ma quando la materia si “corrompe” e il nostro fisico muore, la nostra anima sopravvive alla morte, per entrare in quella comunione dei santi, citata anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che unisce tutti: “Poiché tutti i credenti formano un solo corpo, il bene degli uni è comunicato agli altri” (CCC 947).
E adesso facciamo un passo in più. Le cose, come abbiamo detto, non sono semplici come sembrano: perché anche una volta che ci saremo ricongiunti a Dio, manterremo la nostra individualità. Un po’ come la Santissima Trinità è composta da tre Persone diverse che sussistono contemporaneamente come Uno e come Trino, anche noi saremo contemporaneamente in Dio e, allo stesso tempo, saremo “altro da Dio”.
Scrive la Serva di Dio Chiara Lubich, Fondatrice del movimento dei Focolari ormai prossima alla Beatificazione: “Quando due anime s’incontrano in nome di Cristo, Cristo nasce fra di loro, cioè in loro e, mantenendo quest’unità, possono con sincerità dire: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me». (Galati 2,20). L’importante è mettere a base, a mezzo, a fine l’unità. In quest’unità voluta da Dio le due anime si fondono in uno e riaffiorano uguali e distinte. Come la santissima Trinità: «Che tutti siano uno, come Io e Te…» (Giovanni 17,21)” (Lettera dell’11 maggio 1948 di Chiara Lubich a padre Bonaventura da Malé, ofm cap.).
#Santanotte amici! E’ la perfezione di Cristo fra noi, ad unirci. E’ la sua presenza che ci permette di diventare più simili a quel Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Eternamente uniti, conservando la nostra individualità
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “Paradiso”, di Carlo Saraceni, 1598, olio su rame, 54.3 x 47.9 cm, The Metropolitan Museum of Art, Los Angeles
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“Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”. Questa citazione dal sapore un po’ cinico dello psicologo statunitense Burrhus Frederic Skinner rende bene l’idea. Analogamente potremmo dire che lo Spirito Santo è quel fuoco d’amore che resta acceso sotto la cenere delle nostre colpe.
Il mio in(solito) commento a: Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito (Giovanni 14,15-21)
Hai mai guardato un neonato? L’innocenza che vedi sul suo volto è lo specchio della sua anima. Veniamo al mondo con un tesoro inestimabile: la luce di Gesù che brilla nel nostro cuore. Nasciamo, a sua immagine e somiglianza. Poi, crescendo, sperimentiamo il dolore, la sofferenza, il male. Sia il male che ci viene inferto da chi ci sta attorno (e lascia delle cicatrici nella nostra anima), sia il male che, strisciando, si fa strada dentro di noi e ci contamina da dentro (inducendoci al peccato ed allontanandoci da Dio). Il male, da qualunque parte arrivi, sporca la nostra anima. Ne annerisce le pareti e, pian piano, impedisce alla luce di quella fiammella che Dio ha posto in noi, di penetrare oltre la cortina di peccato e dolore che incrosta la superficie della nostra anima. Così ci sono persone più luminose, che sono state meno “contaminate” dal male e riescono ancora a brillare un po’ all’esterno di quella luce che viene da Dio. E ci sono persone “spente”, che in realtà sono spente solo apparentemente, solo perché le pareti della loro anima sono sporche ed il male sembra soffocare quella fiamma. In realtà nessuno di noi è senza luce. Nasciamo tutti con un “pezzo di Dio” dentro. Oltre alla sua somiglianza portiamo in noi una sua scintilla: quella speranza che ci rischiara da dentro ogni volta che siamo troppo tristi per sorridere, troppo abbattuti per combattere, troppo stanchi per rialzarci. Eppure Lui, Dio, è lì, dentro di noi, anche in quei momenti. E la sua luce brilla, così come il suo calore ci scalda. Dobbiamo solo riuscire a soffiare forte dall’interno della nostra anima e rimuovere le incrostazioni di peccato che la annebbiano. E tutto tornerà a risplendere.
Ti sto parlando di luce in modo figurato, intendendo la luce della bontà e dell’amore. Ma forse il paragone della luminosità calza ancora meglio di quanto potremmo ritenere. Ricordi l’episodio della Trasfigurazione? Quando: “il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Matteo 17,2). Oppure ricordi come brillava il volto di Mosè dopo essere stato davanti a Dio? (cfr. Esodo 34,29).
Paraclito è il termine greco che usa l’evangelista san Giovanni per indicare lo Spirito Santo. Il significato letterale si può tradurre come “chiamare vicino”, il cui participio passato aveva come equivalente latino l’ad-vocatus, cioè avvocato, inteso come “difensore” o “soccorritore”, per estensione “consolatore”.
Sì, lo Spirito Santo è quel fuoco d’amore che resta acceso sotto la cenere delle nostre colpe. E’ quella energia del bene che è più forte di ogni male. E’ quella capacità di resistere, anche davanti al dolore della Croce; perché noi sappiamo che, dietro l’ombra di ogni croce, per quanto buia, si staglia la luce della Risurrezione.
Sforziamoci allora di risorgere, anche qui, anche ora, oggi stesso, mentre leggiamo queste righe. Cacciamo da noi la tristezza e le preoccupazioni originate dal male riponendo tutte le nostre preoccupazioni in Gesù. Bruciamole su questa brace alimentata dallo Spirito Santo, permettiamo allo Spirito di Dio di soffiare su di noi ed allontanare da noi le ceneri del peccato e dei cattivi pensieri. Perché come vento entri nella nostra anima e la ripulisca da ogni incrostazione malvagia e ci dia la forza di rialzarci in piedi e tornare a sorridere alla vita. Dio lo può. Dio lo vuole.
La luce che brilla dentro di te rischiari sempre il tuo cammino e quello di chi ti sta accanto #Santanotte.
Alessandro Ginotta
Il dipinto di oggi è: “Trinità”, di Lucas Cranach il Vecchio, 1515, vernice su tavola di tiglio, 99×138 cm, Museum der bildenden Künste, Lipsia
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Oggi ti racconterò un aneddoto curioso. Si narra che un giorno Sant’Agostino, tutto assorto nei suoi pensieri, stesse passeggiando lungo la spiaggia. Era talmente concentrato che quasi non si accorse di un bambino, seduto sulla riva del mare, finché non gli inciampò addosso. Lo osservò mentre, più volte, riempiva una conchiglia con l’acqua, per poi versarla in una buca. “Che stai facendo?”, gli chiese. “Non lo vedi? – rispose candidamente il bimbo – voglio travasare tutto il mare in questa buca”. Agostino scosse la testa e sorrise: “Ma non capisci che non è possibile? Non riuscirai mai a versare tutta l’acqua del mare in questo fosso!”. “Nemmeno tu – esclamò il bimbo, fattosi improvvisamente serio – potrai mai spiegare il mistero della Trinità con la sola forza della tua ragione!”. E scomparve.
Dio si serve di un piccolo angioletto per insegnare a Sant’Agostino che no, il mistero di Dio è talmente grande ed impenetrabile, che non lo si può spiegare con la mente. Comprenderlo richiede uno sforzo di intelligenza e fantasia, che va ben oltre le nostre capacità. C’è poco da fare: Dio è più grande. È più grande del nostro pensiero e della nostra immaginazione. Ma Lui, che ci stupisce sempre, ci sorprende anche questa volta e affida ad un piccolo bambino il compito di parlarci del segreto più grande di tutti!
I bambini, si sa, sono sempre stati cari a Gesù: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Allora capiamo che è proprio questo lo sguardo giusto per avvicinarci al mistero di Dio: quello capace di meravigliarsi davanti all’infinito. Curioso di scoprire, come quello di un bambino. Innocente e scevro di pregiudizi. Ed è attraverso questi occhi che, nelle scorse puntate di “Sorprendersi con Dio”, a poco a poco, ci siamo avvicinati all’Eterno. Partendo da basi scientifiche, abbiamo scoperto quanto sia improbabile che la vita sia solo frutto del caso. Abbiamo incontrato il riflesso di Dio nella meraviglia di un cielo stellato. Indagato un dipinto che nasconde, dietro ad ogni pennellata, il segreto della Risurrezione. Riconosciuto il Volto di Cristo impresso sulla Sindone. Siamo perfino riusciti a pesare l’anima e, attraverso i racconti di chi è stato salvato in extremis dai medici, l’abbiamo seguita nel suo viaggio verso l’aldilà. Nel prossimo numero, sempre con questo sguardo bambino, ci occuperemo di uno degli oggetti più misteriosi della Bibbia: l’Arca dell’Alleanza. E scopriremo che, attraverso di essa, si poteva (può) parlare con Dio. Sorprendente vero?
Alessandro Ginotta
Questo articolo è stato pubblicato su “Il Corriere della Valle” n. 18 del 5 maggio 2022
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Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Parola del Signore
Gesù ci lascia un comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri.” (v. 34). Certo deve essere importante questo comandamento, se Gesù ce lo affida proprio la sera dell’Ultima Cena, dopo aver lavato i piedi agli apostoli, dopo aver spezzato il Pane e versato il Vino per loro, dopo aver congedato Giuda…
“Dio è amore” (1Gv 4,8). L’amore è l’essenza stessa di Dio. Un amore che straborda. Dio ci ama a tal punto che non è riuscito a contenere il Suo amore, che è fuoriuscito da Lui e si è fatto carne. Il Padre si è fatto come noi, ed ha mandato il Figlio sulla terra, a soffrire con noi, a patire con noi, a stare vicino a noi.
Noi siamo letteralmente avvolti nell’amore del Signore. Dio ci ama anche quando sbagliamo, anche quando commettiamo un errore, per quanto grave sia. Lui ci ama e desidera, con tutto il cuore, che noi gli chiediamo perdono per potercelo concedere e poterci riabbracciare. Dio desidera perdonare noi, ancor più di quanto noi bramiamo il Suo perdono. Proprio come il padre buono della parabola ha riaccolto il figliol prodigo, il Signore è pronto a rivestirci con la veste migliore, metterci i sandali, infilarci l’anello e fare una gran festa per noi.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13). E’ un amore enorme, per noi inconcepibile. Un amore che si traduce in dono. Il dono della vita di Gesù in cambio della nostra salvezza. Un amore spinto da un unico desiderio: farci partecipi della gioia di Dio.
Ma attenzione! Non tutto è semplice come sembra. Chi è amato deve anche amare: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (v. 34). Quando Gesù ci chiede di amare a nostra volta, ci porta il suo esempio. Anche noi dovremmo donarci agli altri. Certo, Gesù non pretende che noi arriviamo al punto di dare la nostra vita. Questo no, ma certo dovremmo spenderci di più per gli altri. Come? E’ facile: Vogliamo iniziare da un sorriso? Perchè non rivolgere un bel sorriso alla vicina di casa anziana, al signore dietro di noi in fila all’ufficio postale… è poco, ma è già qualcosa.
Mettere da parte il nostro egoismo e donare un po’ di noi, del nostro tempo, del nostro calore affettivo a chi ci sta vicino. Poi da cosa nasce cosa… Dio è amore. Amando, a nostra volta noi ci avvicineremo a Lui. Una volta che saremo più vicini, sarà Dio stesso a guiderci là, dove c’è più bisogno di noi.
Concludo con un aneddoto: “Un tale, mentre stava camminando, vide un anziano in difficoltà. Era molto affaticato, zoppicava e trascinava delle borse grandi e pesanti. Quasi non riusciva a reggersi in piedi. Il passante alzò gli occhi al cielo e pregò: – Signore, ma non puoi mandare qualcuno ad aiutare quel poveretto? – A quel punto dall’alto arrivò una voce: – Ma io l’ho già fatto. Ho mandato te! – “.
“Ho mandato te”. Non è forse una chiamata? Siamo pronti ad accoglierla?
O Signore, entra nei nostri cuori e rendici più attenti alle difficoltà di chi ci sta vicino! Rendici capaci di amare, come tu ci hai amati!
Questa notte, Gesù, io affido al Tuo amore tutti i miei amici e le persone che conosco.
#Santanotte amici miei! 🙂 🙂 🙂
Il dipinto di oggi è “Gesù Cristo Consolatore”, del pittore danese Carl Heinrich Bloch, olio su tela, 1890, Cappella Frederiksborg Palace, Copenhagen
Alessandro Ginotta
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