Ecco una delle parabole più belle, dedicata a tutti noi che, di tanto in tanto, ci smarriamo lontani dall’ovile…
Il mio in(solito) commento a:
Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte (Luca 15,1-10)
Non c’è amore più grande di quello di Dio: incredibilmente, immensamente, totalmente innamorato delle proprie creature, tanto da rinunciare alle comodità celesti e farsi carne. Dio che si fa uomo per camminare in mezzo agli uomini. Per soffrire la stessa fame, la stessa sete, la stessa stanchezza che proviamo noi uomini. Il suo principale desiderio è quello di amare ciascuno di noi, accettandoci così come siamo, senza volerci per forza cambiare. E lo fa non per i nostri meriti, ma semplicemente perché noi esistiamo: siamo, quindi veniamo amati.
Gesù sopporta perfino tradimento, scherno e ripudio. Perché se noi siamo tremendamente piccoli davanti a Cristo, Lui è enormemente grande. Si offre, a ciascuno di noi, in ogni momento. Anzi, si propone. Perché Dio non ci costringe mai a nulla, neppure a seguirlo. Lui ci indica la strada, ma ad ogni bivio ci lascia liberi di scegliere quale via prendere. Sì, perché Egli ci ama così tanto che ci permette, nella nostra libertà, anche di sbagliare.
Ma possiamo essere certi che qualsiasi sarà la nostra direzione, ad ogni bivio Lui rimarrà sempre accanto a noi. Lo sarà quando avremo preso la strada giusta, perché percorrendola, ci saremo avvicinati a Lui. E lo sarà quando quando avremo imboccato quella sbagliata, perché è proprio quando commettiamo un errore che Dio si fa più vicino a noi: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Matteo 9,12). Anche se noi non sempre ce ne accorgiamo.
E, Dio non solo cammina con noi, restandoci vicino nella difficoltà come nella gioia, ma, da duemila anni, continua ogni giorno a farsi Pane per noi. Quante volte non ci rendiamo conto del dono che riceviamo, quando partecipiamo all’Eucarestia! Gesù stesso viene dentro di noi, si fonde con noi, si fa un unico corpo con noi, ci regala la vita e la salvezza. Dio è così: neppure il pensiero delle altre novantanove pecore ferma il Gesù-pastore dall’andare nel deserto a cercare l’unica che si è smarrita. Perché tutte le pecore, anche la più debole, anche la più testarda, anche la più lontana con la mente e con il cuore, sono ugualmente importanti agli occhi di Dio. E no, nessuno merita di essere lasciato indietro. Nessuno.
Quando Dio ritrova un peccatore pentito, allora in cielo si fa una gran festa: “Vi assicuro che in cielo si fa più festa per un peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (v. 7). Questo è l’amore di Dio: il suo amarci per primo, senza ricatti, senza compromessi, senza costringerci ad amarlo a nostra volta. È proprio questo amore incondizionato che è stato espresso sulla Croce, dove Gesù si è donato interamente a tutti noi. Il suo andare fino in fondo, il suo amare anche chi non lo ama, il suo arrivare al punto di consegnarsi alla volontà omicida di un’umanità distratta e confusa, ha ridefinito il concetto stesso di amore e di sacrificio. Perché “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). #Santanotte
Alessandro Ginotta
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