Oggi sfateremo un mito: partiremo da un albero per comprendere un altro albero. E potrebbe non essere l’albero a cui pensate…
Il mio (insolito) commento a:
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,1-8)
1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Parola del Signore
C’è una pianta dell’amore che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese. E’ l’albero di Dio. E le sue foglie servono per guarire le nazioni (cfr. Apocalisse 22,2). E’ una pianta irrigata direttamente da un fiume d’acqua viva, limpida come cristallo. Acqua che scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello (cfr. Apocalisse 22,1). E’ una pagina carica di poesia quella che chiude il Libro della Rivelazione, l’ultimo della Bibbia. Si chiude qui la più grande storia d’amore mai esistita: quella tra un Dio innamorato della sua creatura.
L’immagine di questo albero perfetto richiama alla nostra memoria quella dell’albero della vita posto al centro dell’Eden, il Paradiso terrestre: “Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino” (cfr. Genesi 2,9). A non essere perfetto però… era – ed è – l’uomo. Adamo non riuscì a resistere alla tentazione di sostituirsi a Dio: “Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il SIGNORE aveva fatti. Esso disse alla donna: «Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?»” (Genesi 3,1). “Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male»” (cfr. Genesi 3,4-5).
Non fu un peccato di lussuria! Questa falsa convinzione non è che l’ennesimo inganno di quel serpente che indusse Eva ed Adamo in errore. Il peccato di cui Adamo ed Eva si macchiarono fu un atto di superbia: i nostri due antenati pretesero di sostituirsi a Dio arrogandosi la libertà di scegliere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa fosse male.
In verità Dio ci ama all’inverosimile e non ci ha negato nulla, neppure questa libertà. Ma Dio ci ha espressamente chiesto di scegliere qualsiasi altra libertà, ma non questa.
Contravvenendo a questa raccomandazione abbiamo “rotto” un patto tra liberi uomini ed il loro libero Dio. Potevamo farlo, ma, disubbidendo, abbiamo mostrato la nostra imperfezione: ingannati dal demonio in persona, anziché mostrare – come credevamo – una volontà forte, abbiamo dimostrato di avere una debole volontà. Una volontà fragile che non ci ha permesso di tenere fede all’unica richiesta che ci aveva espressamente fatto Dio.
Incrinatosi l’amore tra Dio e l’uomo, si è rotto anche quell’equilibrio che permetteva alla terra di darci gratuitamente ogni frutto di cui avevamo bisogno. Adamo si dovette ingegnare a coltivare, con il sudore della propria fronte, laddove prima bastava allungare una mano per raccogliere e mangiare a sazietà. Eva dovette sperimentare i dolori del parto e, da quel momento, ad ogni passo rischia che il suo calcagno venga aggredito da un serpente che striscia nella polvere.
Perché “senza di me non potete far nulla” (v. 5). Senza Dio non siamo niente, ci troviamo nudi ed incapaci di affrontare le difficoltà che si presentano ogni giorno.
E’ perfetto l’albero. E’ perfetto Dio. Ma è imperfetto l’uomo. Ed oggi dobbiamo anche noi, come Adamo, guadagnarci il cibo con il sudore della nostra fronte. Dobbiamo anche noi, come Adamo, faticare per ricostruire quel “ponte” tra Dio e l’uomo che si è interrotto con il Peccato Originale. Dobbiamo sforzarci di essere tralci, e respirare quella linfa che scorre nelle radici di Dio. Dobbiamo faticare per nutrirci con l’acqua viva della Parola di Dio.
Se nel nostro cuore non c’è Gesù, se nelle nostre orecchie non risuona la Sua Parola… siamo come ramoscelli seccati dal sole e portati via dal vento. “Poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano” (v. 6). Un tralcio secco non serve a nulla… i contadini lo gettano nel fuoco. E noi non vogliamo seccare vero? No! Non vogliamo essere potati, ma desideriamo rimanere sempre verdi! Crescere abbondantemente e portare frutto!
In attesa che la Seconda Venuta di Gesù ricomponga definitivamente la frattura di quel patto tra Dio e l’uomo, in attesa che l’imperfetto torni perfetto, dobbiamo faticare. Ci dobbiamo impegnare. Ma abbiamo una certezza: l’equilibrio tornerà, più forte di prima:
«Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro
ed essi saranno suo popolo
ed egli sarà il “Dio-con-loro” (Apocalisse 21,3).
Gesù, il Dio-con-noi, non ha mai smesso di camminare insieme a noi, di manifestarci la sua vicinanza, di essere pronto a sorreggerci non appena vacilliamo. Ma la nostra imperfezione, per ora, ci impedisce di esserne pienamente consapevoli:
E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate» (Apocalisse 21,4).
Aggrappiamoci saldamente al tronco della fede, perché la linfa dell’amore di Dio scorra dentro di noi!
Alessandro Ginotta
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