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Commemorazione dei defunti: tutta un’altra vita!

Come migliorare la propria vita?

Mi dispiace che ci sia gente che non crede in Dio, perché la vita (terrena) senza la prospettiva della vita (eterna) altro non è che un viaggio verso una morte che è la fine di tutto. Avanzando l’età veniamo colti da pensieri cupi e bui con la consapevolezza che l’ultimo atto si avvicina. Nulla di più sbagliato! Scopri qui perché

Il mio in(solito) commento a:
Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (Giovanni 6,37-40)

Nelle ricerche che ho condotto prima di scrivere il mio ultimo libro (Sorprendersi con Dio, Alessandro Ginotta, Tau Editrice) ho incontrato scienziati, come il genetista Francis Collins (a capo del progetto che decifrò il genoma umano) che da ateo, attraverso i suoi esperimenti, scoprì Dio e si convertì. (Puoi leggere la sua storia qui: https://www.sorprendersicondio.it/lateo-che-decifrando-il-dna-scopri-dio/). Ma anche il paleontologo tedesco Günter Bechly, il medico statunitense August Accetta (convertitosi studiando la Sindone di Torino) o il dottor George Ritchie, convertitosi dopo (a lui ho dedicato un intero capitolo) e molti molti altri ancora, hanno seguito tutti lo stesso percorso: attraverso gli studi si sono posti domande e, pian piano si sono avvicinati a Dio. Lo stesso Louis Pasteur, chimico e fondatore della moderna microbiologia, scrisse:«poca scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui».

Scrive Sant’Agostino: “Quando è che muore l’anima? Quando manca la fede. Quando è che muore il corpo? Quando viene a mancare l’anima. La fede è l’anima della tua anima. Chi crede in me – egli dice – anche se è morto nel corpo, vivrà nell’anima, finché anche il corpo risorgerà per non più morire. Cioè: chi crede in me, anche se morirà vivrà. E chiunque vive nel corpo e crede in me, anche se temporaneamente muore per la morte del corpo, non morirà in eterno per la vita dello spirito e per l’immortalità della risurrezione”.

Qual è la missione di Gesù? La troviamo condensata in pochissime e chiare parole: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno” (Giovanni 6,39). Sta tutto qui. In questo versetto. Ci troviamo tutto lo slancio di un Dio che ci ama a tal punto da inviare il proprio Figlio sulla terra. Ci troviamo tutto l’amore di Dio per le sue creature, che devono essere salvate ad ogni costo. A costo di sacrificare la vita del proprio Figlio. Ci troviamo tutta la misericordia di Dio, che non esita a lasciare il gregge di novantanove pecorelle per rincorrere anche l’unica, la sola, che si è smarrita nel deserto. E salvare anche quella.

Perché per Dio tutti noi, proprio tutti, siamo importanti. Tutti noi, proprio tutti, dobbiamo essere salvati. Tutti noi, proprio tutti, dobbiamo venire accolti in Paradiso, perché, come pregò Gesù la sera dell’Ultima Cena: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo” (Giovanni 17,24). E perché: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto. E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi” (Giovanni 14,2-3).

Dunque Gesù ci attende. Quando risusciteremo sarà lì ad accoglierci. Lì dove avrà già preparato un posto per ciascuno di noi. Anche per i peccatori peggiori. Perché Dio non vuole che neppure uno di noi venga perduto. D’altra parte il primo santo della storia del cristianesimo fu proprio quel san Disma, il buon ladrone, canonizzato sulla croce direttamente da Gesù. Sì, cari amici, proprio un ladro (cfr. Luca 23,43). Ed un assassino ed un persecutore, Saulo, è divenuto l’apostolo più zelante (cfr. Atti 9,1–31). Non dimentichiamo che la prima testimone della Risurrezione di Gesù fu una donna che era stata posseduta da sette demoni (cfr. Giovanni 20,11-18).

Nessuno di noi è troppo cattivo, o è troppo lontano da Dio per venirne da Lui respinto. Perché Dio è sempre pronto a riabbracciarci, purché noi ci pentiamo. C’è ancora tempo per ricominciare. C’è ancora tempo per migliorare. C’è ancora tempo per farci perdonare. E soprattutto c’è ancora tempo per mettere da parte il passato e fare qualcosa di buono. Per tutti. Basterà accettare l’amore che parte da Dio e ci investe, come un cono di luce che allontana il buio del peccato dalla nostra anima. E così, rinati grazie a questo amore, anche noi potremo fare il bene per gli altri. E quando, anche noi saremo sazi di giorni ed avremo fatto del nostro meglio per migliorare almeno un po’ il mondo, anche noi potremo trovare un posto accanto a Gesù. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Il Cristo morto (o Lamentazione sul Cristo morto)” uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna, tempera su tela (68×81 cm), databile con incertezza tra il 1475-1478 circa e conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano. L’opera è celeberrima per il vertiginoso scorcio prospettico della figura del Cristo disteso, che ha la particolarità di “seguire” lo spettatore che ne fissi i piedi scorrendo davanti al quadro stesso

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