La ricetta della felicità non passa attraverso il cuore dell’uomo, ma in quello di Dio
Il mio in(solito) commento a:
Beati i poveri. Guai a voi, ricchi (Luca 6,17.20-26)
Per questo brano di Vangelo non è facile scrivere un commento che non sia banale. Come spiegare ai poveri, o a chi è perseguitato, che deve considerarsi felice? Si tratta di righe apparentemente semplici, che nascondono più e più livelli via via più complessi da interpretare. Per capirlo pienamente dobbiamo sforzarci di leggere questo passo con gli occhi di Dio, abbandonando il nostro sguardo “mondano”. Eh sì, la ricetta della felicità non passa attraverso il cuore dell’uomo, ma in quello di Dio.
Ci viene facile immaginare un Dio vittorioso e potente, svettare sulle nuvole e scagliare fulmini per punire chi si comporta male… mentre è decisamente più complicato accettare l’idea di un Dio mansueto, che si sottopone ad un giudizio ingiusto senza fiatare, per poi morire crocifisso. Dobbiamo fare uno sforzo spirituale troppo grande per capire che non tutto è come ci aspettiamo. Che, qualche volta, si può vincere anche perdendo. Come ha fatto Gesù.
Gesù ci chiede di avere fede in Lui. Dobbiamo fidarci di un Dio che vince in modo decisamente strano: vince la morte passandoci attraverso. Vince la Croce salendoci sopra. E così impariamo che non si possono scavalcare od eludere gli ostacoli, ma che li dobbiamo affrontare, con la serenità che Dio sta con noi. Sì, perché anche se noi “lo abbandoniamo” quando le sue parole non ci piacciono, Lui non si separa mai da noi. Ma ci sta sempre vicino. Anzi, Lui è pronto a lasciare tutto ed inoltrarsi nel deserto per venirci a cercare, quando ci smarriamo.
E così, attraverso gli occhi di Dio, capiremo che, chi oggi è perseguitato, sarà beato: «Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.» (vv. 22-23). Vedete, amici? E’ proprio la strada della croce, che ci indica Gesù. Dobbiamo riuscire a “spogliarci” dello spirito del mondo per vestirci dello Spirito di Dio per capire e vivere a fondo questa pagina di Vangelo.
Dimentichiamo la ricchezza materiale. Non ci renderà mai felici. Forse, il “ricco” di denaro, assaporerà istanti di felicità, qui sulla terra. Ma quanti problemi passeranno per la sua testa? Come fare in modo di accumulare sempre maggiori ricchezze? Già, perché per conservare la felicità, l’uomo, che è ingordo, vorrà guadagnare sempre di più. Ecco che, alla ricerca della “ricchezza ad ogni costo”, per comprare un granello di “felicità”, l’uomo sarà capace di vendersi perfino la propria anima!
E, quando i mezzi leciti per creare ricchezza non basteranno più, l’uomo bramoso di denaro troverà il modo di incrementare il proprio patrimonio eludendo le tasse, truffando e, qualche volta, perfino rubando. Che cosa accade in questi casi? Forse il portafogli si riempirà… ma si svuoterà completamente il forziere che contiene il tesoro della nostra anima. Già, perché operando l’illecito, sottraendo il denaro al prossimo, perderemo a poco a poco la nostra autostima. La nostra anima sa che cosa è bene e che cosa è male per noi e, anche se siamo liberi di fare il male, scegliendo il male, ci autogiudicheremo e ci considereremo sempre meno degni della compagnia di Dio. Finiremo così di allontanarci sempre un po’ di più da Lui e la nostra “beatitudine” si sgretolerà.
Sì, perché la vera felicità non è l’istante di adrenalina che fa battere più forte il nostro cuore, ma è quella gioia immensa e permanente che il cuore lo allarga e lo riempie con l’amore di Dio. E’ quel senso di benessere che ci regala un sorriso quando siamo consapevoli di aver compiuto un’opera buona aiutando il prossimo. E’ quella serenità che deriva dal sentirsi in pace con noi stessi, con il mondo e con Dio. E’ quel sentimento positivo che prova il giusto che non sceglie la strada più comoda, ma quella più retta.
C’è una povertà, come osserva Papa Francesco, che dobbiamo accettare: quella del nostro essere. E c’è anche un’altra povertà, che invece dobbiamo cercare: quella concreta, dalle cose di questo mondo, per essere liberi e poter amare. Per essere veramente felici dovremo cercare la libertà del cuore, quella che ha le radici nella povertà di noi stessi.
E tu, cara lettrice, caro lettore, hai mai provato la beatitudine che si prova sapendo di aver fatto una cosa buona?
#Santanotte amici cari, il nostro sguardo sia sempre rivolto lassù, dove il bene genera altro bene e mai quaggiù dove invidia e bramosia inquinano la nostra anima. Dio ci dia questa grazia e ci benedica tutti!
Alessandro Ginotta
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