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Un’altra risurrezione ed un’altra guarigione

Un'altra risurrezione ed un'altra guarigione

Gli stessi due episodi di Vangelo, raccontati da due evangelisti diversi, ci permettono di scoprire differenze sorprendenti che ci fanno riflettere

Il mio in(solito) commento a:
Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni ed ella vivrà (Matteo 9,18-26)

Di nuovo? Qualche volta la Liturgia ci mette davanti a questi “scherzi”: pochi giorni fa abbiamo meditato sulla versione di Marco di questo stesso brano di Vangelo (Marco 5,21-43) oggi leggiamo la versione più asciutta e stringata di Matteo

Matteo è uno sbrigativo, va subito al punto: mentre Marco chiosa in vari dettagli descrivendo la folla, o raccontandoci la morte “in diretta” della figlia di Giairo, Matteo ci presenta la figlia come già morta e nulla ci dice di tanti dettagli. Anche il racconto dell’emorroissa presenta importanti differenze.

Immagina questa scena: una donna, disperata e invisibile agli occhi del mondo, riesce a rubare un miracolo a Gesù. Sì, proprio così, riesce a prendere un miracolo senza che lui se ne accorga immediatamente. Ma poi, lui avverte che qualcosa è successo, si ferma e chiede chi lo ha toccato. Ora, se pensi a Gesù secondo Matteo, è impossibile immaginarlo fare una domanda del genere, perché Matteo ci presenta un Gesù che sa già tutto e prende l’iniziativa nel guarire. In Matteo, la donna non ha neanche il tempo di toccarlo, perché è Gesù a vederla e a decidere di guarirla. Tutto è sotto il suo controllo.

Marco, però, racconta una storia diversa, piena di dettagli che ci avvicinano alla protagonista. Attraverso il suo racconto, entriamo nella mente e nel cuore di questa donna. Scopriamo la sua lunga sofferenza, le sue speranze, i suoi timori. Mentre leggiamo, non possiamo fare a meno di immedesimarci in lei, sentendo quasi fisicamente la sua angoscia e la sua speranza.

La sua malattia è invisibile agli occhi degli altri, nascosta sotto i vestiti. Solo lei conosce la sua pena, ma Marco ce la svela completamente. Ci racconta di anni di sofferenze e di medici che non sono riusciti a curarla. Ci fa vivere la sua ansia e il suo coraggio nel decidere di toccare il mantello di Gesù, un gesto proibito per una donna considerata impura.

E poi, arriva il momento clou: Gesù si accorge che è successo qualcosa e chiede, incredulo: “Chi mi ha toccato?”. I discepoli sono perplessi. “Come puoi chiedere chi ti ha toccato, quando sei circondato dalla folla?”. Ma Gesù sa che c’è stato un tocco speciale, un tocco di fede.

Marco descrive lo sguardo di Gesù che scruta la folla, cercando la persona che lo ha toccato con fede. E la donna, tremante ma coraggiosa, esce allo scoperto, si getta ai suoi piedi e confessa tutto. Nonostante la paura di essere punita per aver violato la legge della purità, trova il coraggio di dire la verità. E qui, la reazione di Gesù è sorprendente: non la rimprovera, anzi, la chiama “figlia” e la loda per la sua fede.

La storia non finisce qui. Giairo, il capo della sinagoga, aveva chiesto a Gesù di salvare sua figlia di dodici anni. E lungo la strada, Gesù salva un’altra figlia, una donna che soffriva da dodici anni. Due storie intrecciate di fede e guarigione.

In Marco, la potenza di Gesù si manifesta anche solo attraverso il tocco del suo mantello. Non è la legge che salva, ma la forza che emana da lui. È un messaggio potente: la fede, la fiducia in Gesù, è ciò che porta alla salvezza.

Il racconto di Marco è più “colorato”, più ricco di particolari e dettagli ed è anche più movimentato.

Ma allora a chi dobbiamo credere? Ovviamente ad entrambi. I due racconti si riferiscono evidentemente agli stessi episodi. Dobbiamo ricordare che i Vangeli vennero scritti decine e decine di anni dopo l’avvenimento dei fatti da persone con carattere diverso che spesso si rivolgevano anche a un pubblico diverso.

Marco era probabilmente un ebreo originario di Gerusalemme. Il suo Vangelo, scritto tra il 65 e il 70 d.C., fu il primo e venne probabilmente redatto a Roma. I destinatari erano i pagani convertiti al Cristianesimo e i cristiani residenti fuori dalla Palestina. Per questo motivo, l’autore traduce tutte le espressioni aramaiche. Nel suo Vangelo, Marco enfatizza Gesù come Figlio di Dio (Mc 1, 1) e incoraggia i cristiani a testimoniarlo come il Cristo.

Matteo, prima di diventare apostolo, era un esattore delle tasse per i Romani a Cafarnao, fino a quando Gesù lo chiamò a seguirlo. Il suo Vangelo fu scritto attorno all’85 d.C., probabilmente ad Antiochia di Siria. I destinatari erano gli Ebrei convertiti al Cristianesimo. Matteo sottolinea che Gesù è un giudeo, discendente di Davide e il Messia preannunciato dai profeti.

Che la narrazione sia più estesa o riassunta, che alcuni fatti non essenziali vengano omessi o meno non cambia la natura dei miracoli narrati: Gesù opera guarigioni e risurrezioni perché ci ama e desidera la nostra salvezza. Cercare Gesù, incontrare Gesù, toccare Gesù (ma soprattutto lasciarsi toccare da Lui) ci fa vivere. Viva la vita, viva Gesù! #Santanotte

Alessandro Ginotta

“Gesù con i simboli dei quattro evagelisti”, illustrazione per un incunabolo del 1200, autore sconosciuto

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