Una lama di luce taglia l’aria, irrompendo dalla finestra. Maria, sorpresa, lascia cadere il fuso con cui stava filando una lana candida e morbida. Un soffio di vento fa danzare le pagine di un libro, e in quell’istante tutto cambia: il trascendente e l’immanente si intrecciano, e appare l’Arcangelo Gabriele.
Ecco il mio in(solito) pensiero estivo sull’Annunciazione:
“Concepirai un figlio e lo darai alla luce” (Luca 1,26-38).
È poco più che una ragazza, e in un attimo un essere di luce le stravolge l’esistenza. O forse no. Perché, in fondo, Maria lo sapeva già. Era nata con una missione, la più alta e misteriosa: diventare la madre del Signore. Senza macchia, la Vergine Maria cresce accanto a Dio, così vicina che diventa Lei stessa l’Arca dell’Alleanza, la custode della Parola fatta carne. Un mistero che solo gli occhi dell’anima possono afferrare, perché la nostra mente sarebbe incapace di concepire un destino simile: un essere umano, genitore di Dio. Il finito che accoglie l’infinito. Come può essere? Solo Dio sa. Solo Dio può.
Chiunque di noi, di fronte a un tale annuncio, sarebbe rimasto paralizzato, spaventato, forse avrebbe cercato di fuggire. Ma non Maria. Lei accetta, con una serenità che disarma. Senza esitazioni.
Ed è così che dovremmo imparare ad affrontare la vita: con quella fiducia assoluta, quella resa totale al volere di Dio. Non c’è malizia nei Suoi disegni, solo un amore sconfinato, capace di perdonare anche il peggiore dei peccati. Se avessimo fede cieca, accoglieremmo ogni evento come il meglio che potesse capitarci, anche se non lo comprendiamo subito. Perché se viene da Dio, non può che essere il meglio per noi.
Allora smettiamola di arrovellarci su ogni piccolo intoppo quotidiano. Mettiamo da parte il pessimismo e armiamoci solo di fede. Nient’altro serve.
Alessandro Ginotta
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