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C’è vita dopo la morte?

Esiste la vita dopo la morte?

Dedicato a chi soffre, per la perdita di una persona cara

Il mio in(solito) commento a:
Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose (Giovanni 20,11-18)

Seguiamo anche noi, Maria Maddalena, mentre tenta timidamente di affacciarsi alla porta del luogo dove è stato sepolto Gesù. Ascoltiamo anche noi l’Angelo domandare: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (v. 15). E’ così. Quando una persona ci lascia, il primo sentimento che proviamo è la sensazione di un vuoto incolmabile, proviamo una tristezza immensa che sfocia in un pianto irrefrenabile. Ma la persona cara, in quel momento, non è più lì. E non perché sia terminata definitivamente la sua esistenza con l’ultimo battito del cuore, oh no! Ma perché questa persona ha già iniziato a vivere sotto un’altra forma. 

In questo caso si tratta di Gesù. Ma oggi vorrei provare, insieme a voi, ad estendere il concetto per prendere in considerazione tutti coloro che non sono più qui. Tutte le persone per le quali anche noi, un po’ come Maria Maddalena, abbiamo pianto davanti al sepolcro.

Chi mi segue da qualche tempo saprà che un concetto che richiamo spesso è quello della “scintilla di Dio”. La luce che brilla dentro al cuore di ciascuno di noi: la nostra anima. In alcuni, questa luce è più luminosa: santi, beati, donne e uomini comuni la cui fede è una forte lampada che rischiara non soltanto il loro cammino, ma anche quello di chi sta loro accanto. In altri, il dolore, la sofferenza, le esperienze della vita, hanno alzato una cortina di fumo attorno a questa scintilla che, pur continuando ad ardere, dall’esterno appare troppo fioca. Ma al di là di questa nube, più o meno densa, ciascuno di noi ha dentro di sé una piccola fiammella che viene da Dio. Anzi, che è parte di Dio: “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4) ci raccomanda Gesù.

Il filosofo neoplatonico Plotino sosteneva che l’anima umana fosse come una scintilla di divinità dentro di noi. Un’anima che desidera ardentemente riunirsi con Dio. Quella fiammella, che ci portiamo dentro, ci ricorda di appartenere a Dio: “Voi siete dei, siete tutti figli dell’Altissimo” (Salmo 82,6). Sì, per quanto possiamo essere ladri come San Disma, il “buon ladrone” (cfr. Lc 23, 39-4), per quanto possiamo essere disonesti come Zaccheo (Lc 19,1-10), o peccatori come il figliol prodigo (cfr. Lc 15,11-32), oppure impuri come la samaritana (cfr. Gv 4, 1-26), dentro a ciascuno di noi, sopravvive una parte che ci spinge a cercare Dio. Sì, perché la nostra anima è inquieta e trova pace soltanto in Lui.

E allora, come osserva Sant’Agostino, là in Paradiso: “la buona volontà sarà così disposta in noi che non avremo altro desiderio se non restare lì in eterno”. Come scrive Sant’Anselmo di Canterbury: “Nessuno avrà alcun altro desiderio in cielo di quello che Dio vuole; e il desiderio di uno sarà il desiderio di tutti; e il desiderio di tutti e di ciascuno sarà anche il desiderio di Dio”. 

La piccola scintilla di Dio che ha brillato nel nostro cuore per tutta la durata della nostra vita, in quel momento si riunirà al fuoco immenso di Dio. Tornerà in Lui (cfr. Gv 17,20-26). E, in qualche modo che ancora ci sfugge, sotto qualche forma, manterrà una propria individualità, pur essendo con Dio. Ma per quanto questa trasformazione, che è la morte, ci addolori, noi non dobbiamo trattenere la persona che ci ha lasciati. Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre» (v. 21). Dobbiamo lasciare, anzi, accompagnare, con le nostre preghiere, il defunto nel suo viaggio verso Dio. La sua anima sarà libera di splendere e saprà mostrarsi vicina a noi, anche nelle piccole cose di ogni giorno. Avremo un piccolo angelo in più lassù a vegliare sulle nostre vite. Anche se non ce ne accorgeremo. 

Gesù è risorto, ed anche noi risorgeremo. Leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato” (CCC 997). Chi risusciterà? Ancora una volta ci viene in aiuto il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Tutti gli uomini che sono morti” (CCC 998). Dobbiamo avere fede in questo. E, da questa fede, io ho tratto molta pace dopo la perdita delle persone più care. Spero che sarà così anche per voi. La morte non è la fine di tutto. E’ solo un nuovo inizio!

Allora anche noi, se anziché rimanere a distanza con gli occhi velati di pianto, troveremo il coraggio di affacciarci al sepolcro di Gesù, potremo guardare dentro per accorgerci che la tomba è vuota. Ecco il grande mistero dal contemplare, quello della vita oltre la morte, della vita che prosegue insieme a Dio. Perché quello che davvero conta non sono le spoglie mortali, ma è l’anima che vivrà in eterno, riscaldata ed illuminata dalla luce di Dio ed in perfetta comunione con Lui. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il mistero della vita che va oltre la morte.
“Angelo annuncia la resurrezione di Gesù Cristo alle pie donne”, 1438, affresco di Beato Angelico, 192x167cm, cella 8 del dormitorio, Convento di San Marco, Museo Nazionale di San Marco di Firenze.

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